Alessandra Arachi per "il Corriere della Sera"
DIPIETROI panni sporchi, loro, li lavano in tribunale. E c'è da dire che il lavoro alle procure non lo fanno mancare di certo. Sarà per il Dna del suo leader, ma l'habitus mentale nell'Italia dei valori si è fatto ormai gergo comune. Pane quotidiano. Come se le vie legali potessero essere un lenimento delle diaspore e delle forze centrifughe che agitano il partito. Due giorni fa lo storico Nicola Tranfaglia ha lasciato l'Italia dei valori dopo tre anni, sbattendo rumorosamente la porta.
L'unica reazione di Antonio Di Pietro? «Ha cercato di ricattarmi, cercherò giustizia». Del resto anche di fronte al tradimento dei suoi in Parlamento il leader dell'Italia dei valori aveva avuto la stessa reazione: si era precipitato in Procura. Una brutta storia. Un brutto tradimento. I deputati Domenico Scilipoti e Antonio Razzi nel dicembre scorso hanno fatto il salto della quaglia: da Di Pietro a Berlusconi, garantendo a Montecitorio la fiducia al governo. Tutto agli atti. Avanti così.
Nicola TranfagliaDal centro alla provincia dell'impero, le cose non cambiano. In Piemonte c'è un consigliere regionale dell'Idv dal cognome complicato: Andrea Buquicchio. Sono alcuni mesi che va disseminando le sue denunce di fuoco amico nel palazzo di Giustizia. Ha chiesto di invalidare un voto di un congresso regionale dove era stato perdente accusando di brogli un suo collega, prima. E poi ha trascinato in tribunale il deputato del suo stesso partito Renato Cambursano accusandolo per diffamazione.
Il corpo del reato? «Buquicchio ha avuto una gestione dorotea dei bilanci di partito», ha raccontato Cambursano in un'intervista alla «Voce di Chivasso ». Ed è stato denunciato dall'ex-coordinatore del Piemonte che - guarda tu - è anche il marito di una senatrice dell'Idv, Patrizia Bugnano. Il guazzabuglio in salsa piemontese non finisce qui. Perché adesso Cambursano è stato raggiunto da un avviso di garanzia per questa querela. E ha deciso di autosospendersi dal partito, pur rimanendo nell'Idv alla Camera.
Antonio Razzi«È giusto. È così che si deve fare- gongola Francesco Barbato, deputato Idv -. Nel nostro partito non c'è spazio per il dubbio davanti alla legge, bisogna sospendersi. Non capisco perché non lo abbia fatto Luigi de Magistris quando è stato rinviato a giudizio per omissione di atti d'ufficio dalla Procura di Salerno».
scilipoti person of the yearIn un partito come l'Idv sembrano valere queste regole, fino a prova contraria. È lo stesso de Magistris che mette le mani avanti facendo un distinguo: una cosa è essere indagati per corruzione e un'altra per abuso di ufficio, ha detto lui. De Magistris nel partito si erge a «moralizzatore» e non ha battuto ciglio davanti alla decisione del gup di Catanzaro Maria Rosaria Di Girolamo che ha liquidato la sua inchiesta «toghe lucane» , cominciata nel 2007, con tre violente martellate: lacunosa, inidonea, carente.
Di Pietro De MagistrisÈ rimasto nel suo seggio all'Europarlamento de Magistris, lì dove sono rimasti in cinque a tenere in piedi il gruppo dell'Italia dei valori, dopo due defezioni. Vincenzo Iovine da Francolise, Caserta, è stato il primo a sbattere la porta del Parlamento di Strasburgo. Ed è stato seguito a ruota dal sociologo Pino Arlacchi. Unica la rimostranza: un partito autoritario con assenza di regole democratiche.
Le stesse parole velenose tirate fuori dallo storico Tranfaglia. Che adesso è pronto a giurare: «Prima di lasciare il partito ho scritto una lettera a tutti i 140 membri del comitato direttivo. Adesso ho la mail intasata di messaggi di solidarietà e il telefonino colmo di sms. Tutti lamentano l'autoritarismo. E, soprattutto, la gestione economica: è in mano soltanto a Di Pietro, sua moglie e Silvana Mura. Al partito lasciano briciole. Per dire: ad una regione grande come il Piemonte arrivano soltanto 20 mila euro l'anno» .