Alessandro Penati per La Repubblica
Rcs, editore del Corriere della Sera, è anche un´azienda. Quotata in Borsa. Il primo gruppo editoriale italiano per fatturato. Osservazione doverosa visto che Rcs è ormai sinonimo di manovre per guadagnare spazio sul ponte di comando, di rumors sul direttore del Corriere, di giri di pacchi e pacchettini di controllo, di scalate più o meno occulte, accerchiamenti, alleanze, patti di sindacato, e litigi tra i potenti soci. Sembra "Beautiful". Utili, margini, prospettive, valore del titolo sembrano interessare a nessuno. Se non quando l´azienda entra in crisi, come capita, in media, ogni dieci anni.
della valle bazoli geronzi GetContent asp jpegALESSANDRO PENATIStoria nota. Ma viene fatto di rimarcarla adesso per il polverone sollevato dalle critiche di Della Valle al "vecchietto" Geronzi. Se ho capito bene, le critiche possono essere così riassunte: la governance è inadatta a gestire efficacemente l´azienda; le decisioni riguardanti Rcs (incluso la nomina del direttore del Corriere), non spettano al patto di sindacato ma al consiglio di amministrazione; la società deve essere gestita da azionisti che rischiano il proprio.
Sembrano critiche ovvie. Se non fosse che sono poco credibili e soprattutto poco rilevanti per le sorti dell´azienda. Primo, appaiono più legate alla contesa per il potere in Generali che al futuro di Rcs. Secondo, i patti di sindacato esistono proprio per esercitare il controllo, esautorando il consiglio delle decisioni strategiche; quindi perché Della Valle non propone lo scioglimento del patto?
Sede del Corriere della Sera in via SolferinoTerzo, a quale consiglio si riferisce? Oltre a quello di Rcs (un parlamentino di 21 persone, fra cui Della Valle, ma non Geronzi) c´è anche quello di Rcs Quotidiani, preposto alla gestione del Corriere, che guarda caso rispecchia maggiormente il patto: così, oltre all´onnipresente Della Valle, ci troviamo anche Geronzi, Bazoli, Tronchetti, che sono nel patto ma non nel consiglio di Rcs. Perché allora non proporre anche un solo consiglio?
Giovanni Bazoli e Cesare GeronziQuarto, patto e consigli plurimi rendono la governance di Rcs inefficiente e bizantina. Ma sono il risultato di una composizione azionaria (84% del capitale, di cui il 63% sindacato, è in mano a quattordici soci rilevanti) che dimostra come la quotazione e la presenza di investitori di minoranza nel capitale siano un accidente; e come la priorità dei soci rilevanti non sia certamente la valorizzazione di Rcs (anche se il polverone ha fatto bene al titolo: + 30% nell´ultimo mese).
Possibile che a Della Valle ci siano voluti sette anni da socio e membro del patto per capirlo? Quinto, verissimo che Geronzi gestisce il proprio potere in Rcs coi soldi degli azionisti di Generali, ma lo stesso vale per Bazoli (Intesa), Ligresti (Fonsai), Montezemolo (Fiat), Tronchetti (Pirelli), Pesenti (Italmobiliare), eccetera. Fenomeno noto, da 50 anni almeno, come "benefici privati del controllo".
GeneraliSesto, e più importante, le critiche riguardano governance, potere e direttore del Corriere; non gestione, prodotti e prospettive dell´azienda. E invece di questo bisognerebbe discutere. Perché Rcs è in crisi cronica di redditività. Dopo i sette deludenti anni di gestione HdP (Romiti), dal 2004 la gestione della rinnovata compagine, della quale Della Valle ha sempre fatto parte, è stata altrettanto deludente.
ANTONELLO PERRICONE SIMONA VENTURA E LO SCARPARO DIEGO DELLA VALLE resizeIl fatturato è quello di sette anni fa. Il settore è stagnante ovunque, ma Rcs non è cresciuta nonostante le acquisizioni spagnole; che però l´hanno zavorrata di debiti, a livelli da rating junk. Nei sette anni post-Romiti, Rcs ha operato mediamente con margini (5,6%) inferiori alla metà di quelli del settore in Europa (13,8%), e nettamente più bassi della concorrenza italiana (9,8%, 6,8% e 13,5% rispettivamente per Mondadori, Caltagirone e l´Espresso). Un gap destinato a perdurare, stando alle stime degli analisti, che riflette anche la lentezza nell´adeguare i costi ai minori ricavi.
In un settore in crisi, ci vorrebbero una chiara visione strategica, molta determinazione e scelte coraggiose. Almeno se si vuole che Rcs rimanga una grande azienda quotata. Ma di questo non parlano né il piano triennale di "rilancio", né Della Valle.
Non sorprende che, finita la sbornia della falsa scalata di Ricucci, il titolo abbia perso il 60% rispetto all´indice europeo di settore.