Alberto Mattioli per "la Stampa"
Napoleone Sarkozy segue le operazioni militariAi francesi, tutto sommato, la guerra contro Gheddafi piace, beninteso per quanto possa piacere una guerra (e per quanto nessuno la chiami così, ma sempre «intervento» o con altri soavi eufemismi).
Intanto perché, fino a ieri sera, tutto è andato come doveva andare, senza guai né perdite e anzi, fa sapere lo Stato maggiore, senza «difficoltà particolari». E poi perché questa guerra, scusate, intervento, legittimata da una risoluzione Onu e con tutti i crismi della legalità internazionale, rilancia il vecchio mito della Francia paladina dei diritti umani, commessa viaggiatrice della democrazia, castigatrice dei tiranni.
attacco francese GDopo le molte compromissioni con despoti scaricati in ritardo come Ben Ali, bombardarne un altro, oltretutto sanguinario come Gheddafi, permette di ridorare il blasone di una Francia che, dopo averli inventati, esporta nel mondo i droits de l'homme, qui considerati una specie di prodotto tipico del «made in France» come lo champagne o il camembert.
Non a caso, la decisione di Nicolas Sarkozy di fermare il macello libico è stata appoggiata da tutti i partiti, tranne quelli che stanno fuori dalla versione locale dell'arco costituzionale italiano. Contrari sono solo il Front National di estrema destra, per isolazionismo e perché i diritti che gli interessano sono solo quelli dei francesi doc, e i partitini di ultrasinistra, che condannano con il loro gergo vintage («intervento imperialista», strilla per esempio Nathalie Arthaud, portavoce di Lutte Ouvrière).
aereo francese su bengasiGli altri approvano: ovviamente l'Ump, il partito di Sarkò, ma anche i centristi, i socialisti (è uno dei pochi argomenti su cui tutto il partito la pensa allo stesso modo) e perfino i verdi. Chi proprio non se la sente di applaudire Sarkozy elogia almeno il suo tosto ministro degli Esteri, Alain Juppé.
LIBIA BASI ITALIANE GetContent asp jpegDominique de Villepin è un arcinemico del Presidente, ma proclama: «La Francia è stata all'altezza dei suoi ideali». Ed è lo stesso uomo che nel 2003, ministro degli Esteri, andò all'Onu a spiegare perché l'intervento in Iraq non si doveva fare. Per la stessa ragione, i giornali massacrano Angela Merkel, colpevole di aver tenuto fuori la Germania, l'alleata numero uno dalla quale Parigi si sente tradita.
LIBIA- MAPPA DELLA GUERRAAnche i «philosophes», in un Paese che ama l'intelligenza e adora chi la usa, quindi li prende sul serio, sono favorevoli all'«operazione». André Glucksmann e Claude Lanzmann si sono già pronunciati ed è inutile dire che BernardHenri Lévy, che ha fatto da tramite fra l'Eliseo e i ribelli e ha convinto Sarkò a riconoscerli, tracima felicissimo e loquace da ogni schermo: questa guerra è la sua guerra.
sarko e carlaPerò, sotto sotto, si capisce che c'è un'altro motivo per cui l'opinione pubblica francese è così soddisfatta. Il punto è che è Parigi ad avere convinto gli alleati a passare dalle chiacchiere ai fatti a forza di brusche accelerazioni che anzi li hanno spesso preso di sorpresa, per non dire irritati.
VillepinDopo mesi di figuracce e gaffe, dopo aver dovuto licenziare una ministra degli Esteri diventata impresentabile, la Francia s'è desta, riprende l'iniziativa, dà la linea.
Bernard-Henri LévyNon c'è telegiornale che non ricordi che è la Francia ad aver attaccato per prima, la Francia ad aver convinto l'Onu, la Francia ad aver ospitato il summit decisivo (mentre che le operazioni siano coordinate da un generale americano, ovviamente, non lo dice nessuno). E avanti con i servizi sui Rafale che decollano da Saint-Dizier e sulla portaerei nucleare De Gaulle («la più grande nave europea», ovviamente) che salpa da Tolone: allons enfants de la Patrie, in un rigurgito di buona vecchia Grandeur napoleonico-gollista.
Sarkozy confida al «Journal du dimanche» che «non è bellicista», però «fa effetto vedere le bandiere francesi a Bengasi». In effetti, dopo i risultati catastrofici ieri del primo turno delle cantonali, Sarkò non è forse l'uomo più popolare della Francia, ma della Cirenaica certamente sì. E lo storico Max Gallo regala al «Parisien» questo sobrio titolo: «La Francia ha una voce forte ed è stata ascoltata». Forse stavolta è perfino vero. Chapeau.