Giuliana Ferraino per Corriere della Sera
«L'Italia è un grande Paese democratico che amo e stimo, e nel quale investo il mio denaro con fiducia. Quando le cose non sono chiare, il dovere di un amministratore è di dirlo in consiglio e se non si è seguito da altri, di astenersi, anche se ciò non fa piacere a una manciata di personaggi influenti» , afferma Vincent Bolloré, l'uomo d'affari francese azionista di Mediobanca e vice presidente delle Generali, per spiegare lo strappo provocato nel consiglio del Leone dalla sua decisione di astenersi dal voto sul bilancio 2010.
VINCENT BOLLOREE aggiunge: «Non ho apprezzato l'articolo del Corriere che mi sembra molto di parte e che in sintesi dice che porto scompiglio nelle Generali per vendere meglio le mie azioni Mediobanca, il che è completamente falso».
La sua, però, è una posizione isolata.
«Il caso Bolloré, come scrive il Corriere, scoppia comunque dopo parecchie lettere dell'Isvap e le dimissioni del signor Del Vecchio. Questo dovrebbe far riflettere sulla sostanza più che parlare di Bolloré» .
Le Generali hanno precisato nel comunicato di mercoledì che lo sviluppo nei Paesi dell'Est è strategico. Anche per lei?
«Ho sempre detto di condividere gli investimenti nei Paesi dell'Est, che sono in crescita e una zona naturale di sviluppo per la vicinanza, ma avevo dubbi sugli accordi passati con Ppf (la joint venture con il ceco Petr Kellner, ndr). Questi accordi a mio avviso sono squilibrati e pongono un problema. E' quello che ripeto in consiglio da mesi.
Malgrado la mia richiesta di vigilanza, un nuovo investimento importante di parecchie centinaia di milioni è stato realizzato in una società (la banca russa Vtb, ndr) che ritengo sopravvalutata.
Per me le grandi aziende italiane quotate in Borsa non sono e non devono diventare luoghi non collegiali o non trasparenti in cui qualcuno gestisce le cose a modo suo. Ho già investito a titolo personale oltre 30 milioni in Generali e il mio dovere verso il mercato italiano è di essere vigile e responsabile.
Tengo ovviamente in considerazione i pareri di avvocati, professori, revisori; rispetto il punto di vista degli altri, ma poi devo prendere la mia posizione. Alla fine del consiglio, dopo molte discussioni difficili, il management ha infine accettato di aggiungere nelle ultime righe del comunicato che l'impegno di Generali rappresenta potenzialmente 3 miliardi di euro per uscire. Non è una piccola somma per un Paese straniero e con una partita collegata. Questo meritava una discussione».
Da sinistra Giovanni Perissinotto Cesare Geronzi e Sergio BalbinotAdesso che cosa succede in Generali?
«Sono un investitore stabile e di lungo termine in Italia, dove ho investito più di mezzo miliardo da 10 anni. Molto tempo fa ho avuto a che fare anche con un consiglio di Mediobanca molto agitato, ora va tutto bene. Sono sicuro che a breve il consiglio di Generali ritroverà la stessa serenità anche se ciò richiederà chiarimenti obbligatori sulla buona governance».
Che cosa chiede in sintesi?
«Più trasparenza».
Si è incrinato l'asse con il presidente Cesare Geronzi?
«Posso dire che Geronzi ha lavorato molto bene a Mediobanca e sta facendo bene in Generali» .
La sua astensione sul bilancio apre un problema anche in Mediobanca visto che l'amministratore delegato di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, pure vice presidente della compagnia, ha votato a favore? Ne avete discusso ieri nel comitato esecutivo di Mediobanca?
«Nel board di una società ciascuno è responsabile a titolo personale del suo operato. Nel comitato esecutivo la questione Generali non è stata nemmeno sollevata» .
Qual è oggi il clima in Mediobanca?
«Va tutto bene, è una società chiara e trasparente. Non c'è alcun problema di governance. In questo senso spero che Generali diventi come Mediobanca» .
Come giudica la polemica di Diego Della Valle contro Geronzi?
«Le questioni di forma e di relazioni personali non devono nascondere le questioni di fondo: il tema fondamentale è il buon andamento di Generali per i suoi dipendenti, i suoi agenti generosi e i suoi clienti. La sua gestione finanziaria deve essere esemplare. Per me Diego Della Valle dovrebbe occuparsi più di questo aspetto. Inoltre è in conflitto di interesse quando chiede a Generali di vendere le sue azioni RCS, che com'è noto controlla il Corriere della Sera, di cui lui è già azionista, dichiarando poi di voler giocare un ruolo sempre più importante. Non solo. Credo che sia socio di Generali in altri attività finanziarie e molto vicino a certi manager. D'altra parte non mi pare abbia ancora investito denaro in Generali» .
Anche lei però è in conflitto: è vice presidente di Generali e ha in mano il 5% di Premafin, che controlla Fonsai.
«In Premafin sono solo un investitore finanziario, anche se a lungo termine. Esiste un conflitto solo quando c'è un ruolo operativo, che ho unicamente in Generali e Mediobanca. Altrimenti tutti sarebbero in conflitto visti gli intrecci azionari» .
Crede che Generali debba vendere Rcs, come chiede Della Valle? Dovrebbe farlo anche Mediobanca, che ne è il primo azionista?
«Non sono italiano e stampa e politica non mi interessano molto. Ma il fatto che Generali e Mediobanca siano azionisti di lungo termine dà stabilità e sicurezza a Rcs» .
Anche Telecom resta strategica? E' soddisfatto del riassetto al vertice?
«Ogni volta che c'è un nocciolo duro che possa garantire l'italianità di un'azienda mi sembra positivo. E Bernabè capoazienda mi sta bene» .
Cambiamo tema: ci sono novità in Pininfarina?
«Ho già detto di essere disponibili, se necessario, a partecipare come socio di minoranza per lasciare in Italia il controllo di questo gioiello. Sono pronto a investire 35 milioni per il 25-30% del capitale. Per ora sono contento di aver contribuito a far si che la prima auto elettrica a disposizione dei francesi, a Parigi e in 43 comuni limitrofi, sia made in Italy. Sarà fabbricata a Torino: la Cecomp si occuperà della carrozzeria, Pininfarina curerà il montaggio e ciò le permetterà di riassumere un centinaio di persone per almeno tre anni» .