Denise Pardo per "l'Espresso"
VENDOLA1- CAVALIER UNCINO.
Silvio Berlusconi è così onnipotente e complottista da accarezzare l'idea di poter scegliere i suoi avversari, mettendoli persino al riparo dei suoi cannoni mediatici. Fino a qualche tempo fa, il diletto era Nichi Vendola (memorabile un'ansiosa telefonata al caro leader di Sel dopo aver saputo che non si era sentito bene ed era stato ricoverato all'infermeria della Camera), grande ammirazione per il suo status di outsider, un sovversivo rispetto al potere costituito.
Ora, l'idolo è Matteo Renzi, il sindaco di Firenze che nell'horror generale ha varcato i cancelli brianzoli di Arcore, l'aspirante rottamatore degli elefanti e dei Bimbi sperduti della sinistra. Così l'ordine diramato segretamente ai deputati Pdl, alle sue tv, ai suoi giornali è stato chiaro: "Nessuno tocchi Matteo", non sul serio almeno. Dal Caimano al Capitan Uncino (del Pd).
renzi matteo2- IN HOC SIGNO.
Agli Stati Generali del Comune di Roma, Gianni Letta, dopo aver benedetto l'epocale avvenimento con la sua introduzione, inciampa e sembra sprofondare. "Gianni Letta cade, paura sul palco" titola un colonnino ("Corriere della Sera", Ernesto Menicucci) che dà conto del passo falso. Il giorno dopo, riecco il sottosegretario alla presidenza del Consiglio: sta per sedersi quando improvvisamente barcolla, annaspa, e finalmente riacquista l'equilibrio. In sala, gelo e silenzio ("la Repubblica", Giovanna Vitale). Ma Letta precisa e scherza gioviale come sempre: "Alcuni colleghi hanno scritto sui giornali che ero caduto. Ecco, così saranno contenti, faccio finta che accada oggi quello che sarebbe successo ieri".
Finora tutto ha potuto barcollare ed essere sul punto di cadere: il governo, il premier, la maggioranza. Mai (quasi) Letta. Sarà per questo che al segno naturale, giornalisticamente raccolto, l'alter ego del Cavaliere ha pensato bene di far seguire e al più presto un segno intenzionale. Soprattutto perché quando è inciampato stava per intraprendere un percorso, per molti versi, anche futuri, molto sensibile: lasciare il palco del Palazzo dei Congressi per salire al Quirinale.
GIULIO TREMONTI3- IL RATTO DELLA LAVAGNA.
Ha battuto Mauro Masi che non doveva proprio mandarlo in onda. E in una serata Michele Santoro si è guadagnato l'iscrizione all'Aspen Institute, club dei padroni del mondo. Nella puntata "Rischi fatali" di "Annozero", il talk con più pathos che c'è in giro, la corrispondenza con Giulio Tremonti, vate del suddetto club - costola italiana - è stata sublime: una perfetta rappresentazione tv del federalismo voluto dal Nord che trova l'accordo con il Meridione (nei vertici Ue Tremonti chiede per il Sud le deroghe avute da Angela Merkel come aiuto alle sue banche).
Santoro, non più assatanato bolscevico e nel ruolo di uno chicchissimo conte Michele (tranne quando gli fotografano la casa), ha offerto lo strumento pop e populista di cui è magistrale primo attore, divertendosi in un perfido ratto della lavagna, fortissima icona tv della leadership e delle promesse berlusconiane, sottratta così al pantheon del Cavaliere e di Bruno Vespa, platealmente preparata con tanto di pennarello per il ministro. Da par suo, Tremonti, più Churchill che mai, con una presenza così complice da farlo rimanere dopo i titoli di coda a discutere con la piazza in studio piuttosto concitata, gli ha reso l'onore delle armi, visto che il ministero è l'azionista unico della tv pubblica.
Vespa e Berlusconi che firma il Contratto con gli italianiCosì Santoro, interprete numero uno dell'informazione "anti", nonostante gli ordini supremi di eliminazione impartiti al direttore generale, da bravo ragazzo meridionale che il sistema voleva espellere, con furbizia e un'insperata leggerezza, è riuscito a riportarsi al centro del sistema. L'eterna lezione del Sud, quello migliore, ovvio, che il pantheon padano non deve mai dimenticare.
4- PERFIDA ALBIONE.
Su"Libero" Nicholas Farrell ha una rubrica (?) delle lettere. Farrell è un giornalista inglese folgorato anni fa dal Cavaliere che intervistato da lui si lasciò andare sui giudici "antropologicamente diversi" e su Mussolini, buontempone che non aveva mai ammazzato nessuno. Bene, la lettrice Marta chiede se siano meglio le donne di destra e di sinistra. La leggiadra penna risponde così (questo è il pietoso riassunto): "Una donna di sinistra anche se è bella, è brutta dentro. Ecco perché i comunisti romagnoli sono costretti ad andare a trans. Le "rosse" puzzano metaforicamente. Vogliono essere indipendenti. Cosa vuol dire? Tagliare le teste a migliaia di polli dall'Amadori di Cesena per 1.200 euro puliti al mese? Voglio lavorare come un uomo, strilla (la donna di sinistra). Deficiente!". Il nome della rubrica è "La posta del cuore". Con che cuore!