Davide Milosa per "il Fatto Quotidiano"
Al telefono i boss alla milanese pianificano la campagna elettorale. In Lombardia le Regionali sono vicine. È il gennaio 2010 ed è tempo di piazzare qualche gazebo. Sì, perché i voti raccolti tra la Comasina e Bruzzano, regno del clan Flachi da oltre trent'anni, andranno ad Antonella Maiolo, già sottosegretario alla Presidenza della Regione Lombardia. Così è stato deciso dalla ndrangheta.
lele moraAnche perché, si legge nei brogliacci, "qua nella zona è facile che prendiamo tanti voti". E del resto l'Antonella, sorella della più famosa Tiziana, quei padrini in doppio petto li vedrà per due volte. Saranno strette di mano decisive per squadernare il progetto politico-mafioso. Le intercettazioni completano il quadro: "L'altro giorno è venuto pure Formigoni, e altri politici sempre del Popolo della Libertà".
Lele MoraSì perché quello è il fronte su cui puntare. Contatti e incontri sono poi delegati a Massimiliano Buonocore, figlio di Luciano, fra i cento fondatori di Forza Italia e segretario nazionale di Destra libertaria. Tra le varie cose, Max è anche presidente di un centro sportivo di proprietà comunale "nella completa disponibilità della ndrangheta". Un particolare importante per il gip, che annota: "Il comune di Milano, senza averne consapevolezza, finanzia il gruppo Flachi". Come sempre nulla si fa a caso.
Lele Mora e il suo avvocato Nadia AlecciE così, nel disegno rientrano sponsorizzazioni politiche in cambio, ad esempio, della promessa di gestire negozi e bar della metropolitana milanese. Questo raccontano le settecento pagine di ordinanza di custodia cautelare firmate ieri dal gip Giuseppe Gennari. Trentacinque arresti e una vicenda nerissima sulla ndrangheta padana capace di gestire pacchetti di voti, di avere contatti privilegiati con la sanità lombarda o ancora di giocare sui tavoli della logistica infiltrandosi nei lavori della Tnt global service, azienda leader nel settore. In altre parole: business.
È Mafia spa sotto al Duomo. La cornice è nota. Meno i pericolosi incroci con il Ruby gate e personaggi vicini al Cavaliere come Lele Mora e l'avvocato Luca Giuliante, ex legale della giovane marocchina. Entrambi, pur non indagati, sono risultati in stretti rapporti con il boss della ndrangheta Paolo Martino, anche lui finito nella rete degli investigatori. Il padrino calabrese è in contatto con Vito Cardinale, uno dei titolari della discoteca "Hollywood", per anni covo dell'impresario televisivo.
hollywood_milanoL'ordinanza di ieri così tiene assieme due indagini che, pur distinte, hanno trovato col tempo decisivi punti di contatto. La prima, condotta dal Gico, riguarda il clan Flachi e suoi interessi nel settore della movida notturna. Qui, boss e comprimari gestiscono oltre allo spaccio nelle più note discoteche meneghine, anche tutto il comparto della security, i parcheggi e addirittura i cosiddetti paninari, ovvero i baracchini ambulanti, costretti a pagare il pizzo ai pretoriani del boss.
Il pallino dell'altra inchiesta invece sta nelle mani del Ros, i quali, indagando sull'imprenditore Peppe Romeo agganciano la figura di Paolo Martino, classe '55, organico alla cosca De Stefano. Lui è uno dei protagonisti di questa storia. Ed è sempre lui a chiamare la sorella perché si informi su eventuali indagini a suo carico.
C'è, però, un particolare: Rosa Martino è una religiosa dell'Ordine Paolino e vicedirettore sanitario dell'Ospedale "Regina Apostolorum" di Albano Laziale in provincia di Roma. Al telefono con il fratello dirà: "Il personaggio sta a cantà, meglio non muoversi". Atteggiamento definito dal gip "sorprendente in una persona che ha votato la propria vita alla Fede".
Lele Mora e Fabrizio CoronaL'altro protagonista di questa storia è Giuseppe Flachi, vecchia conoscenza delle cronache milanesi per aver diretto assieme al compare Franco Coco Trovato un'organizzazione in grado di commerciare quintali di droga ogni anno. Quelli erano gli anni Ottanta. Oggi, don Pepè, svestiti stivali a punta e giacche a quadrettoni, è diventato un boss con il pallino per la politica e gli affari. Il tutto pianificato nelle stanze del Galeazzi.
Qui, grazie alla compiacenza di due funzionari calabresi don Pepè, assieme al figlio Davide, ha incontrato più volte Martino. "Riducendo - scrive il gip - l'ospedale a luogo d'incontro a servizio delle ndrine". Stesso discorso per il Niguarda, dove, dal 2009, è ricoverato Francesco Pelle, influente boss di San Luca.
Lele Mora e Francesca LodoIl comparto della sanità comprende anche il Pio Albergo Trivulzio, i cui vertici sono stati travolti dallo scandalo di "affitto-poli". È qui che la storia intreccia la vicenda di Ruby e dei festini ad Arcore. L'interlocutore privilegiato di Martino è, infatti, Luca Giuliante, ex legale della giovane marocchina e avvocato di Lele Mora nel processo per il crac della LM Management.
Che fa Giuliante? In quanto membro della commissione aggiudicatrice, sostiene lui, parla al telefono con Martino e gli riferisce di un appalto al Pat di Milano. Valore: 19 milioni di euro. La gara alla fine andrà al Consorzio di cooperative ravennate. Al bando, però, partecipa anche la Mucciola spa, impresa calabrese i cui titolari (non indagati) sono in contatto con Martino. Un anno prima, nel 2008, la stessa Mucciola, sempre al Pat, si era aggiudicata l'appalto per la ristrutturazione della ex Casa albergo. Una torta da cinque milioni.
Lele MoraDi nuovo Milano, dunque. E di nuovo, la ndrangheta. Con l'immancabile presenza di Expò sul quale convergono gli interessi del duo Flachi-Martino. La logistica e l'edilizia. Tradotto: da un lato, le infiltrazioni nei subappalti della Tnt attraverso cooperative vicine ai boss. Dall'altro, l'edilizia con società schermo che permettono di lavorare nei più importanti cantieri pubblici.
Questo il quadro della ndrangheta che in riva al Naviglio si fa impresa e stringe rapporti con la Pubblica amministrazione. Tanto che, nonostante il plauso ai magistrati del sindaco Moratti, il gip scrive di come questa penetrazione avvenga "nella sostanziale indifferenza dei vertici politici".