Dagoreport da "The New York Times" e "The Telegraph"
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Alla fine Obama perde la pazienza, si alza e abbandona l'ennesimo incontro con i rappresentanti del Congresso Usa. Poi torna indietro. Ma lo fa solo per dire, con tono fermo e irritato: "A domani. Quando è troppo è troppo". Il clima che circonda le trattative sul debito Usa si è fatto teso, ieri, con il presidente che ha abbandonato i lavori così, di punto in bianco.
lo speaker della Camera Joe BoehnerL'accordo non arriva e il tempo per innalzare il tetto del deficit con un'apposita legge (entro il 2 agosto) stringe. La posta in gioco è alta, sia per l'economia e i mercati finanziari, sia per entrambi i partiti. Ma la pressione cresce soprattutto sui Repubblicani che non intendono cedere di un millimetro dalle proprie posizioni. Chiedono profondi tagli alla spesa pubblica e al welfare, ma non sono disposti a concedere nulla in materia fiscale. Niente aumenti delle tasse per i più ricchi, è il loro punto fermo. Ma con le agenzie di rating che minacciano il downgrade e il governatore della Fed Ben Bernanke che ieri ha sottolineato l'urgenza di trovare l'intesa, anche tra le file dei conservatori si cominciano ad alzare delle voci di dissenso.
bernankeIl pericolo che incombe sui Repubblicani, è quello, in caso di default, di vedersi appiccicare l'etichetta del colpevole. Accettare l'aumento delle tasse, d'altronde, viene considerata una sconfitta cocente perché per mesi i rappresentanti della destra americana sono andati in tv a dire che non avrebbero mai alzato il tetto di alcun debito se non alle loro condizioni. "Non possiamo dare la colpa ad altri che a noi stessi", ammette il senatore Repubblicano del Sud Carolina Lindsey Graham.