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1- CHE CI FACEVA DI BELLO QUESTA MATTINA ALL’HOTEL PARK HYATT DI MILANO \"ARROGANCE\" PROFUMO A COLAZIONE COL DIRETTORE FINANZIARIO DI UNICREDIT MARINA NATALE? AVRANNO PARLATO DEL FATTO CHE PROPRIO OGGI UNICREDIT DISCUTERà DELLE QUOTE LIBICHE (7,5%), IN VISTA DI UNA POSSIBILE STERILIZZAZIONE DEI LORO DIRITTI DI VOTO. E PROFUMO È STATO UNO DEGLI ARTEFICI DELL’INGRESSO DI GHEDDAFI 2- LE MAGGIORI PROBABILITÀ DI RICONFERMA SECCA SONO PER LA COPPIA SCARONI-CONTI; TUTTO IL RESTO BALLA, E IN BALLO SONO LE POLTRONE DI FINMECCANICA, POSTE E TERNA 3- BEBè BERNABÈ VENDERÀ CARA LA PELLE PRIMA DI ACCETTARE CHE GLI VENGANO SCIPPATE LE DELEGHE PER DIVENTARE UN PRESIDENTE SEMINUDO (GERONZI E BAZOLI IN PISTA?) 4- TARAK BEN AMMAR TAROCCA LE TOD’S NELLA \"BOTTEGA DI VIA SOLFERINO\": LO SCARPARO INVECE DI PREOCCUPARSI DELLE OPERAZIONI DI RCS FAREBBE MEGLIO A INTERROGARSI “SULLA CONGRUITÀ DI CERTE OPERAZIONI FATTE IN RUSSIA CON IL FINANZIERE KELLNER”

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ALESSANDRO PROFUMO E MOGLIE SABINA RATTI

1 - CHE CI FACEVA DI BELLO QUESTA MATTINA PROFUMO A COLAZIONE CON IL DRIGENTE DI UNICREDIT MARINA NATALE (TRA LE SUE MANI SONO PASSATE OLTRE 50 OPERAZIONI TRA CUI L'ACQUISTO DELLA BANCA TEDESCA HVB E DELLA POLACCA PEKAO)
È bello vedere Alessandro Profumo mentre attraversa le strade di Milano a bordo della Ducati rossa guidata dalla moglie Sabina Ratti. Forzando la fantasia ritorna in mente l'immagine di Audrey Hepburn e Gregory Peck nel film "Vacanze romane" di 50 anni fa, ma non è sempre così perché a volte l'ex-amministratore delegato di Unicredit preferisce girare da solo a bordo di un grande scooter. Questa mattina ad esempio è arrivato davanti all'hotel Park Hyatt e dopo aver parcheggiato è entrato sotto la "Cupola" del noto albergo milanese.

MARINA NATALE

Qui dalle 7,45 l'aspettava una donna abbronzata e vestita con un'impeccabile tailleur nero mentre Profumo indossava un abito grigio e una cravatta blu a pallini bianchi. Il mistero è stato presto chiarito perché la signora in questione è Marina Natale, la 48enne di Saronno che è entrata in Unicredit nel 1988 e a partire dall'ottobre '97 ha cominciato a guidare la direzione che cura le acquisizioni.

Quando si parla di quote rosa nelle banche bisogna tener conto di questa laureata in economia aziendale alla Cattolica perché, insieme a Rosella Leidi di Banca Ubi, è una delle poche donne in prima fila nel mondo del credito. Ai piani alti di piazza Cordusio si chiedono come faccia a mantenere costante la sua abbronzatura, ma la guardano con un certo timore perché tra le sue mani sono passate oltre 50 operazioni tra cui l'acquisto della banca tedesca Hvb e della polacca Pekao.

gheddafi big

Mister Arrogance e la "woman in power" con il tailleur nero hanno fatto una lunga prima colazione e hanno lasciato l'albergo poco dopo le 8,30, l'ora in cui l'ex-McKinsey si è rimesso il casco che gli dà l'aria da ex-boyscout ed è risalito sullo scooterone. Proprio oggi dentro Unicredit inizieranno le riunioni dei Comitati che dovranno discutere sul destino del 7,5% di azioni in mano ai libici. Ormai si parla di una possibile sterilizzazione dei loro diritti di voto ed è probabile che lo scambio di opinioni tra la signora della finanza e l'ex-capo di Unicredit (artefice dell'ingresso della Libia in Unicredit) sia stato al centro dell'innocente incontro.

Tremonti e Gianni Letta Dal Riformista

2 - LE MAGGIORI PROBABILITÀ DI RICONFERMA SECCA SONO PER LA COPPIA SCARONI-CONTI; TUTTO IL RESTO BALLA, E IN BALLO SONO LE POLTRONE DI FINMECCANICA, POSTE E TERNA
A Roma gira la voce che i top manager delle principali aziende pubbliche in scadenza a primavera saranno riconfermati sulle poltrone.

Forse è bene dire che si tratta di un'autentica favola che si può raccontare negli asili nido ma non di certo nei palazzi del potere. Qui la tensione rimane ancora alta perché lo scontro tra gli eserciti guidati rispettivamente da Gianni Letta e Giulietto Tremonti non hanno posato le armi e non c'è aria di tregua. La voce che non si toccherà niente e nessuno è messa in giro soprattutto dai sergenti dei big che lavorano nelle retrovie e hanno una paura fottuta di perdere le loro munizioni rappresentate il più delle volte da succulenti budget destinati a gestire le relazioni esterne.

BERLUSCONI BOSSI

Forse è più appropriato pensare che dopo aver superato lo scoglio della riforma "epocale" sulla giustizia, il Cavaliere con la mandibola rifatta e il "barbaro" Bossi si ritroveranno nella solita cena ad Arcore per un bunga-bunga politico che riempirà le caselle delle aziende pubbliche. Le maggiori probabilità di riconferma secca sono per la coppia Scaroni-Conti; per il primo giocano la situazione della Libia e i rapporti con Putin, per il secondo valgono i risultati di gestione e la fede conclamata nel nucleare.

PAOLO SCARONI

Tutto il resto balla, e in ballo sono le poltrone di Finmeccanica, Poste e Terna. A poco valgono le dichiarazioni del postino Sarmi e del fulvo Cattaneo di voler rimanere ai loro posti. Non saranno loro a decidere, e questo lo sanno bene perché la sorte si giocherà nella partita finale di Arcore. La stessa logica varrà anche per Pierfrancesco Guarguaglini, il comandante supremo di Finmeccanica che ieri ha portato a termine la cessione del 45% di Ansaldo Energia alla First Reserve Corporation. È un'operazione brillante, fatta allo scadere del 90° minuto, e che porterà nelle casse di Giulietto Tremonti 450 milioni.

FULVIO CONTI

Con questa mossa il Guargua ha dimostrato di avere un grande fiuto e una capacità di manovra che potrebbe metterlo al riparo con la riconferma di una presidenza leggermente spiumata. Oltre a lui, a dividersi il merito dell'operazione sono il direttore finanziario Alessandro Pansa e l'amministratore delegato di Ansaldo Energia, Giuseppe Zampini (la new entry che sembra destinata a salire ai piani alti di piazza Monte Grappa).

Nessuno comunque è in grado di dire se questo colpo di reni dell'arzillo manager sarà sufficiente perché la partita finirà soltanto ai tempi supplementari nel bunga-bunga di Arcore.

Flavio Cattaneo

3 - BERNABÈ VENDERÀ CARA LA PELLE PRIMA DI ACCETTARE CHE GLI VENGANO SCIPPATE LE DELEGHE PER DIVENTARE UN PRESIDENTE SEMINUDO
Gli uscieri di TelecomItalia sono sconcertati per lo spettacolo che i giornali presentano sul rinnovo del mandato a Franchino Bernabè.

Ciò che a loro dà più fastidio è il killeraggio sistematico che viene fatto nei confronti di manager che dovrebbero ridimensionare il capo di TelecomItalia. Nei giorni scorsi se ne son viste di tutti i colori e dentro il frullatore sono finiti i nomi di Sentinelli, Caio, Bertoluzzo, candidati del tutto inattendibili per la poltrona che il manager di Vipiteno occupa dal dicembre 2007.

Anche le ultime voci che vorrebbero due amministratori delegati (Patuano e Luciani) sotto Franchino non sembrano convincenti. Gli uscieri farebbero salti mortali per accompagnare all'ascensore di Corso Italia un personaggio come Luca Luciani, il famoso "Napoletone" che dopo l'esilio in Brasile ha portato a casa risultati eccellenti. Nelle loro orecchie e negli occhi è rimasta scolpita l'immagine di quest'uomo che urlava ai suoi collaboratori: "ho la faccia incazzata perché respiro sfiducia, respiro aria da aspettativa...le facce scettiche non servono a un cazzo!".

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI

Parole meravigliose che sono entrate su Wikipedia e nel lessico del management, ma l'ipotesi che il giovane manager possa assurgere a tanto incarico non è convincente anzi, viene il sospetto che a spingere Napoletone e Patuano sul proscenio non siano soltanto giornalisti poco informati, ma anche manine aziendali che puntano al massacro.

BERNABE

L'unica cosa certa è che Franchino Bernabè venderà cara la pelle prima di accettare che gli vengano scippate le deleghe per diventare un presidente seminudo, e gli uscieri sono davvero stupiti per quegli articoli che legano la sua sorte alle decisioni di Mediobanca e degli arzilli vecchietti Geronzi e Bazoli.

Oggi sul "Corriere della Sera" Massimo Mucchetti scrive che i due personaggi sono ancora alla finestra e "in caso di impasse dovranno intervenire". Ma il Geronzi di cui si parla non è forse lo stesso che alla presidenza di Generali non ha deleghe e poteri?, e come è possibile che Franchino si trovi adesso in questa situazione di debolezza e non abbia saputo costruire in questi anni con gli azionisti di Telco una relazione tale da metterlo a riparo da ogni insidia?

PATUANO

Gli uscieri si pongono queste domande e restano perplessi di fronte all'ipotesi di una discontinuità che tagli le piume al 63enne manager di Vipiteno. L'unica cosa che accettano è l'ipotesi che a lasciare i piani alti dell'azienda sia quel gentiluomo di campagna che si chiama Gabriele Galateri di Genola, un uomo sponsorizzato dalla fortuna che con le sue maniere dolci e indolori ogni azienda vorrebbe avere come presidente.

Giovanni Bazoli e Cesare Geronzi

4 - TARAK TAROCCA LE TOD'S: LO SCARPARO INVECE DI PREOCCUPARSI DELLE OPERAZIONI DI RCS FAREBBE MEGLIO A INTERROGARSI "SULLA CONGRUITÀ DI CERTE OPERAZIONI FATTE IN RUSSIA CON IL FINANZIERE KELLNER"
Se volete trovare un personaggio della finanza a cavallo di civiltà e culture diverse, dovete pensare a Tarak Ben Ammar, il 62enne produttore cinematografico tunisino naturalizzato francese, che riesce a galleggiare tra le dittature del Nord Africa e quello che il sociologo Luciano Gallino ha definito nel suo ultimo libro il "finanzcapitalismo".

Il nipote di Bourguiba è un maestro di furbizia che da anni circola nella finanza italiana come socio di Berlusconi e consigliere dei salotti buoni. Tra questi anche quelli di Mediobanca e Generali dove ha sempre fatto sponda con il finanziere bretone Bollorè.

Tarak Ben Ammar si volta

Oggi parla in una lunga intervista sul "Corriere della Sera" a cura di Paolo Madron, il giornalista che dopo la rottura con il "Sole 24 Ore" ha messo in piedi il sito "Lettera43" ed esordisce con una nuova collaborazione al quotidiano di via Solferino.

Tarak ha il pregio di parlare senza mezzi termini e dopo aver saltellato con disinvoltura sui suoi rapporti con il deposto presidente tunisino Ben Alì, punta i riflettori sullo scontro dentro le Generali tra Cesarone Geronzi e lo scarparo marchigiano Dieguito Della Valle.

GERONZI

Nell'intervista il finanziere non sembra fare sconti a nessuno. Da un lato bacchetta Geronzi per l'intervista disgraziata al "Financial Times" anche se cerca di spiegare le ragioni per cui l'ex-banchiere di Marino ha parlato a briglia sciolta del Ponte di Messina; dall'altro mena botte in testa al patron di Tod's.

E dopo aver detto che i panni sporchi si lavano in famiglia e non sui giornali, mette il dito nella piaga delle contraddizioni che Dieguito manifesta quando solleva il tema della partecipazione delle Generali in Rcs. Poiché è un uomo dai modi gentili, il tunisino produttore di film come "La Passione di Cristo", accusa lo scarparo "di un piccolo conflitto di interessi" perché dice: "lui è azionista di Rcs, ma non di Generali. Come amministratore di Generali ha il diritto di parlare, ma in consiglio. E come socio di Rcs può parlare, ma non alimentare il sospetto di farlo per il proprio interesse", e poi conclude: "se Della Valle vuole il "Corriere" chieda lo scioglimento del Patto e se lo compri. Faccia l'editore, mestiere che gli piace particolarmente".

DIEGO DELLA VALLE

E tanto per finire in bellezza il furbo Tarak aggiunge che lo scarparo invece di preoccuparsi delle operazioni di Rcs farebbe meglio a interrogarsi "sulla congruità di certe operazioni fatte in Russia con il finanziere Kellner".

Così parla l'arabo che ama l'Occidente. Adesso si aspetta la risposta dello Scarparo occidentale, che a volte si comporta con la furia di un arabo.

 


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