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LACTALIS ALLE GINOCCHIA - LA FAMIGLIA BESNIER HA INIZIATO IL SUO DOMINIO SU PARMALAT AGGIUDICANDOSI 9 POSTI SU 11 IN CDA - SCAMBIO DI RELIQUIE: SGOMMA ENRICO BONDI (MA RESTERÀ COMMISSARIO DI ALCUNE SOCIETà MINORI), PRESIDENTE FRANCO TATÒ - COME NUOVO AD POTREBBE INSEDIARSI ANTONIO SALA - PRIMI SCAZZI: ALCUNI PICCOLI AZIONISTI HANNO DEFINITO “UNA PUGNALATA ALLA SCHIENA” LA DECISIONE DEI FRANCESI DI NON FAR PASSARE IN ASSEMBLEA LA RICHIESTA DEL CDA USCENTE DI DISTRIBUIRE AZIONI GRATUITE…

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1 - PARMALAT VINCE LACTALIS MA IL CDA DURERÀ UN ANNO
Luca Fornovo per "la Stampa"

SONIA RAULE FRANCO TATO

Franco Tatò, classe 1932, è il nuovo presidente di Parmalat e sarà alla testa di un Consiglio d'amministrazione transitorio che durerà solo per un anno anziché i consueti tre. Bocciata poi la proposta del Cda uscente di distribuire azioni gratuite ai soci per circa 90 milioni di euro. Inizia così l'era dei francesi di Lactalis, della famiglia Besnier, azionisti di maggioranza del gruppo alimentare di Collecchio, che ieri hanno incassato il maggior numero di voti nell'assemblea dei soci, aggiudicandosi nove posti su undici del nuovo board. D'altro canto, dopo sette anni si è chiusa l'era dell'"arzillo vecchietto", l'ad Enrico Bondi (classe 1934), il risanatore, che ha traghettato la Parmalat fuori dalle secche del crac da 14 miliardi di Calisto Tanzi nel 2003.

Ieri la sala di Palazzo Soragna, sede dell'Unione degli Industriali di Parma, era gremita di azionisti piccoli e grandi. In sala era presente il 46,7% del capitale, di cui però il 28,9% in mano a Lactalis che ha avuto gioco facile a far passare la sua lista di candidati in Cda e a indicare l'ex numero uno dell'Enel, Tatò alla presidenza di Parmalat.

Enrico Bondi

Dopo un'assemblea fiume, durata 3 ore e 40 minuti, Bondi, che ha augurato a Lactalis un «cammino pieno di successi», lascia Parmalat tra gli applausi di tanti azionisti. «Siete stati troppo buoni perché sono attestazioni di stima un po' iperboliche a mio parere» ha detto il manager aretino, uscendo dal cortile di Palazzo Soragna a bordo di una Panda 4x4.

La decisione, proposta dall'avvocato Francesco Gatti (rappresentante legale dei Besnier) di accorciare la durata del Cda da tre anni ad uno è stata motivata con i molti cambiamenti in vista, a partire dalla chiusura dell'Opa (8 luglio) su Parmalat. Il cda transitorio consentirà ai francesi una maggiore flessibilità di governance, magari anche in vista delle prospettate operazioni straordinarie, tra cui l'incorporazione in Parmalat delle attività di Lactalis in Spagna e Francia, così da creare un gruppo da 14 miliardi di ricavi.

E non si può escludere poi che in futuro anche un membro della famiglia Besnier possa entrare nel Cda. Ma il prossimo passo che il nuovo Cda dovrà fare sarà quello di nominare il nuovo ad, cioè il successore di Bondi. In pole position al momento come ad ci sarebbe Antonio Sala, presidente di Lactalis Italia nonché direttore generale di Groupe Lactalis. Tatò, invece, che ha alle spalle una lunga carriera da manager in Enel, Fininvest, Mondadori e Olivetti, è già stato nominato presidente di Parmalat con una remunerazione lorda di 1,3 milioni di euro l'anno (invariata rispetto a quella dell'ex presidente Raffaele Picella).

Lactalis

Oltre Tatò e Sala, entrano altri sette candidati di Lactalis nel Cda di Parmalat. Si tratta dell'avvocato Gatti, Daniel Jaouen, e dei consiglieri indipendenti Marco Reboa, Riccardo Zingales, Marco Jesi e Ferdinando Grimaldi Gualtieri. Le minoranze invece sono state conquistate dalla lista numero tre presentata da Assogestioni che porta in Cda Gaetano Mele (ex ad di Lavazza) e Nigel Cooper. In particolare, la lista Lactalis ha ottenuto il 62,77% dei voti, mentre quella di Assogestioni il 34,45%. Soltanto lo 0,01% è andato alla lista dei fondi esteri (Zenit, Skagen e Mackenzie), che non l'avevano ritirata in seguito alla vendita, di tre mesi fa, del 15,3% ai francesi.

Critiche a Lactalis sono arrivate da alcuni piccoli azionisti che hanno definito «una pugnalata alla schiena» la decisione dei francesi di non far passare in assemblea la richiesta del Cda uscente di distribuire azioni gratuite. Bondi, che resta commissario straordinario di alcune società minori di Parmalat, ha poi rivendicato orgogliosamente il proprio operato: «I fondi che ci hanno sostenuto hanno incassato 1 miliardo di dividendi in quattro anni, i piccoli azionisti con l'Opa recuperano il 60% del proprio investimento». L'assemblea ha anche approvato il bilancio 2010 (282 milioni di utile) e il dividendo di 0,036 euro per azione.

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2 - IL RISANATORE LASCIA IL TIMONE MA SOLO A METÀ: L'EX AD RESTERÀ COMMISSARIO
Gianluca Paolucci per "
la Stampa"

Era arrivato a Collecchio in pompa magna nel dicembre del 2003, nel pieno della tempesta Parmalat, ultima speranza per i 100 mila risparmiatori e per le migliaia di dipendenti di recuperare qualcosa o di avere ancora un lavoro. Se n'è andato ieri con una Fiat Panda guidata da lui. Un'uscita di scena fin troppo facile per un manager che ha fatto del basso profilo una ragione d'essere. Tanto per dirne una, Enrico Bondi non ha mai rilasciato un'intervista nella sua lunghissima carriera, iniziata nel reparto ricerca di Montedison nel 1957, dopo la laurea in chimica a Firenze.

Emmanuel Besnier

Per un po' tornerà alla sua casa di campagna, alle porte di Arezzo - in località «Il Matto», poi uno dice che i nomi sono frutto del caso -, dove produce poche bottiglie di ottimo olio. Ma chi lo conosce assicura che non resterà senza far niente. Intanto, quello consumato ieri non è un addio. Bondi resta amministratore straordinario di 26 società, i rimasugli di quella «galassia Parmalat» che implose alla vigilia di Natale di otto anni fa, quando venne nominato commissario straordinario ai sensi del decreto Marzano, approntato «su misura» per il grande crac e per questo approvato in fretta e furia.

Molte sono solo delle scatole vuote, ancora in vita in attesa che la Cassazione si pronunci sui ricorsi di alcuni creditori contro la sentenza di omologa del concordato. Si trasferirà a qualche chilometro da Collecchio, a San Michele Tiorre, dove un officetto manco a dirlo molto sobrio (raccontato ieri da Il Sole 24 Ore) ospita quello che resta della Parmalat dell'era Tanzi.

tanzi

E poi, questo consumato manager di 77 anni ha ancora qualche carta da giocare sul marcato. Prova ne sia le voci ricorrenti circa un suo prossimo impegno su uno dei tanti dossier caldi industrial-finanziari, da Lucchini a Fondiaria-Sai, peraltro in entrambi i casi si tratterebbe di ritorni.

Classe 1934, Bondi diventa il «grande risanatore» alla Montedison del crac Ferruzzi, che guiderà per 8 otto anni con l'attenta regia di Mediobanca di un altro Enrico burbero e taciturno come lui, Cuccia. Da lì passa in Telecom, dove esce una scia di polemiche per la vicenda dell'auto con le microspie. Poi passa nel gruppo Ligresti, dove resta solo per pochi mesi ma cura la nascita del polo assicurativo FondiariaSai.

E alla Lucchini, dove traghetta il gruppo al matrimonio con i russi di Severstal. Anni trascorsi con alcuni punti fermi: i collaboratori, innazitutto. Dai tempi di Montedison si porta con sé la signora Brunella Tosini, tuttofare amministrativa che chiamare segretaria sarebbe riduttivo. Ma anche Nicola Walter Palmieri (ufficio legale) e Pierluigi De Angelis (direttore finanziario) sono con lui dai tempi di Foro Buonaparte.

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Ovviamente, continua dare del lei anche a loro come fa con tutti i collaboratori, chiamandoli rigorosamente per cognome. Malgrado la fama di burbero, chi lo frequenta - pochi - assicura che in privato è invece molto simpatico, con il gusto molto toscano dell'ironia puntuta.

Questi anni a Collecchio li ha interpretati come una missione, assicura un suo collaboratore. Che lo ha sentito raccontare più di una volta quando, a New York per una delle tante cause aperte contro le banche presunte complici dei Tanzi, venne fermato da una vecchietta americana che lo incitò ad andare avanti per recuperare i soldi dei suoi risparmi finiti anche loro nel crac da 14 miliardi.

Lui avanti c'è andato: lascia un gruppo con 282 milioni di utile, 4,3 miliardi di fatturato e una cassa con 1,4 miliardi, in gran parte frutto delle transazioni con le banche promosse da Bondi stesso e dai suoi avvocati. E allora, perché lascia? Perché ha saputo risanare ma non crescere, dice qualcuno. Perché comunque è giusto chiudere una fase e aprirne un'altra, forse. Di certo non per ragioni anagrafiche: il prossimo presidente, Franco Tatò, di anni ne ha 79.

 


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