1- L'IMBOSCATA
Tommaso Labate per Il Riformista
Questa è la storia di una grande imboscata. Il capitolo finale di un duello che difficilmente si concluderà col segno X. Silvio Berlusconi contro Giulio Tremonti. La novità delle ultime ore, che rimbalza dall'inner circle del Cavaliere, evoca già l'ipotesi di un cambio della guardia a via XX settembre: «Berlusconi ha già sondato il possibile successore di Giulietto: Lorenzo Bini Smaghi».
Sembra un episodio uscito dalla vecchia serie tv Ai confini della realtà. Soprattutto considerando che i paletti imposti dall'Europa con il nuovo Patto di stabilità, per il nostro Paese non cambiarebbero al cambiare del ministro che dovrà apporre la sua firma sulla manovra. Ma, stavolta, non si tratta di un telefilm. Bensì del «tranello» che un Berlusconi affetto da "Tremontite acuta" sta per tendere al "nemico Giulietto".
SILVIO BERLUSCONI ROBERTO CALDEROLI GIULIO TREMONTI UMBERTO BOSSIIl capitolo finale del duello tra il presidente del Consiglio e il suo ministro dell'Economia viene girato in più location e spalmato in più date. Venerdì, il set è Bruxelles. Sabato si "gira" a Torre in Pietra, al matrimonio di Mara Carfagna. Domenica, invece, il protagonista è apparentemente un comprimario, Guido Crosetto. Il sottosegretario che, a cominciare da una telefonata con l'Ansa, attacca le bozze tremontiane della manovra economica archiviandole alla voce «roba che andrebbe analizzata da uno psichiatra».
Ieri, invece, la scena principale è a via Bellerio, Milano. Dove Umberto Bossi, a conclusione della segreteria politica del Carroccio, rifila il suo siluro a "Giulietto": «La Lega», è la sintesi del ragionamento del Senatur, «non può appoggiare una manovra che preveda tagli ai comuni senza compensazioni».
La chiave del "giallo", la stessa che spinge privatamente il Cavaliere a osare laddove non aveva mai osato («Stavolta, se Giulio minaccia le dimissioni, finisce che le accetto») è nella scena di Bruxelles. Stando all'autorevole versione che circola ai piani alti di Palazzo Chigi, venerdì Berlusconi avrebbe offerto a Bini Smaghi un posto nel governo.
LASSE NORD BERLUSCONI CALDEROLI TREMONTI BOSSIIl senso dell'invito che il premier avrebbe rivolto al membro del board della Bce suona più o meno così: «Lei entrerebbe nella mia squadra per dare maggiore autorevolezza all'esecutivo in un momento cruciale per l'Italia?». La proposta di «Silvio», che in quel momento pare voler "ridimensionare" il frontman Tremonti, pare orientata alla copertura della casella, ancora vacante, del ministero delle Politiche comunitarie.
Un ruolo di seconda fascia, soprattutto per un pezzo da novanta del calibro di Bini Smaghi. Che, infatti, rifiuta. Ma visto che la proverbiale ostinazione del Cavaliere non si ferma di fronte a nessun ostacolo, ecco che i berlusconiani che accolgono il Capo al ritorno da Bruxelles non danno per chiusa alcuna porta.
Anzi. «Stavolta non subiremo i ricatti di Tremonti. Anche perché possiamo sostituirlo», dice uno della cerchia ristretta del premier evocando Bini Smaghi. Parole che fanno pendant con la sibillina dichiarazione che il premier aveve rilasciato venerdì in conferenza stampa: «Non posso dire nulla su quello che sarà il nuovo impegno professionale di Lorenzo Bini Smaghi perché ne stiamo trattando».
A tenere protetta "l'imboscata" contribuisce non poco la partita sulla successione di Mario Draghi. Ma è un equivoco, visto che Bini Smaghi sembra ormai fuori dalla short list per Palazzo Koch. Sia come sia sabato, durante il matrimonio della Carfagna, il premier fa capire a qualche commensale di avere un possibile «sostituto» di Tremonti. E lascia anche intendere che secondo lui, "Giulietto", ha ormai perso «l'appoggio incondizionato di Bossi».
GIULIO TREMONTI UMBERTO BOSSI SILVIO BERLUSCONI - copyright PizziIl puzzle prende forma domenica, con le accuse che Crosetto rivolge pubblicamente a Tremonti. Le bozze della manovra? «Andrebbero analizzate da uno psichiatra». E il ministro? «Vuol solo far saltare banco e governo». Al ministero dell'Economia, alla fine del week-end, fiutano che qualcosa non torna. Della serie, se un sottosegretario dà praticamente del "matto" al ministro più potente del governo, e senza che il premier prenda le distanze, un motivo ci sarà.
Quel motivo lo si trova a via Bellerio. Dove, ieri pomeriggio, Bossi ha chiuso la riunione della segreteria del Carroccio anticipando l'aut aut che oggi opporrà Tremonti: «La Lega non accetta una manovra che abbia tagli agli enti locali senza compensazioni».
L'opposizione fiuta quello che sta per succedere. «Tremonti? Non lo vedo allegrissimo», dice Bersani. «L'unica cosa certa è che c'è un'imboscata al ministro dell'Economia. Dal prossimo Cdm uscirà il nuovo ministro?», mette nero su bianco l'economista-deputato del Pd Francesco Boccia.
Sono tutte analisi che hanno un fondamento. A cui mancano però quei "dettagli" (virgolette d'obbligo) che i berlusconiani della cerchia ristretta attribuiscono al «Capo». Quella chiacchierata di venerdì con Bini Smaghi. E l'ombra del membro del board del Bce sul ministero dell'Economia, insomma.
2 - GIULIO CERCA IL «MARTIRIO» PER PROPORSI COME PREMIER DOPO BERLUSCONI. MA IL SUO PIANO HA UN DIFETTO: SI CHIAMA «REPUBBLICA»
Maurizio Belpietro per "Libero"
Da qualche giorno i maggiorenti del Popolo della Libertà rimuginano su una domanda: ma che vuole Tremonti? Dove vuole andare, qual è la sua strategia, che cosa realmente ha in testa e come intende perseguirla? Il quesito sul ministro dell'Economia si è rinforzato dal giorno in cui Giulio ha fatto filtrare i tagli alla Casta, comunicati prima ai sindacalisti che ai colleghi di partito. Anzi: all'incontro con gli onorevoli del Pdl, il numero uno di via XX settembre a Roma è scivolato come un'anguilla tra le mani di chi gli chiedeva informazioni sui contenuti della manovra che dovrà essere discussa nei prossimi giorni. Perché, si sono chiesti i colleghi, si è comportato così?
GIULIO TREMONTI UMBERTO BOSSI E SILVIO BERLUSCONI - Copyright PizziLa sua è parsa quasi una provocazione. Addirittura qualcuno l'ha interpretato come un vero e proprio sgarbo, consumato non contro l'op - posizione, ma contro la stessa maggioranza di governo. È vero che Giulio non è conosciuto per il buon carattere e in qualche caso questo si è ritorto contro di lui, per esempio quando nel 2004 si urtò con Gianfranco Fini e fu licenziato su due piedi, ma nonostante ciò il suo comportamento non è autolesionista. Allora, insistono a domandarsi i colleghi, perché fa così?
E a questo punto un dubbio ha cominciato a serpeggiare. E se volesse farsi cacciare? Se stesse facendo tutto ciò proprio per irritare non solo il Popolo della Libertà, ma anche la Lega, per ottenere di farsi mandare a casa? Certo, posto così, senza spiegazione, lo scenario potrebbe sembrare cervellotico, ma se ci si riflette si capisce che non lo è. Spieghiamo in breve come mai. Tremonti conosce a menadito il bilancio dello Stato e sa che oggi di trovare i soldi per fare le riforme finanziarie non c'è verso.
SILVIO BERLUSCONI GIULIO TREMONTI E UMBERTO BOSSI - Copyright PizziSe tutto va bene, cioè in caso di successo del federalismo fiscale, ci saranno fra due o tre anni, dunque quando la legislatura sarà conclusa. Quindi, il centrodestra dovrà fare una camminata nel deserto della crisi economica senza far conto su oasi in grado di lenire l'arsura della stretta. Altro che riduzione delle tasse o incentivi alla crescita. Qui è tanto se si riesce a mantenere ciò che si ha, senza un ulteriore aggravio di imposte. Certo, la delega in discussione in questi giorni prevede un taglio delle aliquote pagato con l'incremento di un punto dell'Iva e perfino una limatina all'Irap.
Ma, come detto, è roba che al massimo entrerà in vigore tra il 2013 e il 2014, dunque fuori tempo massimo. Naturalmente sempre che le cose rimangano come stanno, ovvero non peggiorino. Diversamente, se aumenterà il rischio Paese per gli investimenti in Italia, i rendimenti dei titoli di Stato aumenteranno, con inevitabile ricaduta sul nostro debito pubblico e conseguente azzeramento dei programmi di tosatura dei tributi. Come si capisce, la prospettiva non è rosea.
Bini SmaghiSoprattutto per Tremonti, il quale si troverebbe nel migliore dei casi a gestire un periodo difficile per poi consegnare i conti in ordine e la riforma fiscale a chi verrà dopo di lui, nel 2014. Nel peggiore a varare una manovra di lacrime e sangue senza neppure il conforto di una riduzione delle imposte, anche se futura. Risultato? Forse Giulio comincia a studiare la via di fuga.
Andarsene ora, cacciato da una maggioranza spendacciona che fra pochi mesi potrebbe essere costretta a una finanziaria più pesante della sua, diventerebbe un titolo di merito. Quasi una medaglia da esibire una volta passata la buriana. In più, un licenziamento a due anni dalle elezioni consentirebbe di non essere coinvolti in ciò che molti considerano ormai inevitabile, ossia la caduta di Berlusconi.
GUIDO CROSETTOA questo si aggiunge una certa lisciatura di pelo che da qualche tempo certi ambienti riservano al ministro, accreditandolo di una discreta popolarità. Basti pensare che ieri un sondaggio di Repubblica attribuiva a Tremonti un gradimento del 54,5 per cento, il più alto fra gli uomini politici. Più del doppio rispetto al Cavaliere, di venti punti superiore a Casini, quindici su Bersani. Si sa: i sondaggi sono virtuali, ma ciò nonostante fanno sognare.
E non è detto che oggi il superministro non stia correndo un po' avanti con la fantasia. Levarsi dall'impiccio di tirar fuori un coniglio magico dal cappello che salvi il centrodestra e giocarsi la partita da solo. Fra un po', quando magari la situazione si farà tanto grave da richiedere una specie di salvatore della patria. Mezzo tecnocrate e mezzo politico.
Gianfranco FiniSenza una base elettorale, ma con parecchia autorevolezza. Insomma, Giulio gioca a fare il premier. In fondo, sognare non costa niente. Neanche un taglio di tasse. Ps.: Tremonti ricordi però una cosa. Il bacio del quotidiano che fu di Scalfari non ha mai portato bene a nessuno. Non a Berlinguer né a De Mita e, in tempi più recenti, neppure a Veltroni e Fini. Meglio tenersi alla larga.