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GRANDE FARDELLO MEDIASET - IL MALE OSCURO DI ENDEMOL (2,3 MLD € DI PASSIVO) È LO STESSO DI TELECOM ITALIA: COMPRATA A DEBITO E CON GLI ONERI ADDOSSATI AI SUOI STESSI BILANCI, ORA AFFONDA INSIEME AGLI ASCOLTI DELLE TV GENERALISTE - PER “REPUBBLICA” ENDEMOL RISCHIA “UN BAGNO DI SANGUE”. ma STAMATTINA per \"affari e finanza\", supplemento del quotidiano di ezio mauro, l’endemol “È UN’AZIENDA SOSTANZIALMENTE SANA”....

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1- DAGOREPORT
C'è confusione a largo Fochetti. Sabato, Giovanni Pons e Giuliano Balestrieri scrivevano su "Repubblica" che:

John de Mol

- il "mol di Endemol nel 2011 arriverà a stento a 140 milioni e il multiplo a cui si valutano le società del settore oggi non supera le nove volte"; "il rischio di un bagno di sangue è oggettivamente elevato"; "la speranza è che qualcuno rilevi Endemol e qui in effetti le possibilità sono diverse", per poi citare un numero notevole di possibili compratori per l' (ex) colosso dei contenuti tv, da Time Warner a Itv, dallo stesso De Mol al gruppo Murdoch.

Stamattina, invece, su "Affari & Finanza" di Repubblica è comparso un articolo a firma di Stefano Carli in cui:

- per ben due volte si affretta a ripetere il mantra "Endemol è sostanzialmente sana" (ma non c'era il rischio di "un bagno di sangue"?); si sceglie come indicatore finanziario l'Ebitda (più "benevolo"), maggiore dei "140 milioni raggiunti a stento", prendendo tra l'altro un dato non ufficiale: "Non diffondono dati (non l'hanno mai fatto) ma dagli ambienti degli analisti finanziari circola l'indicazione di un ebitda che viaggia tra i 150 e i 200 milioni"

JOHN DE MOL ENDEMOL BERLUSCONI

- per chiudere, si fa la seguente previsione: l'opzione "un nuovo socio che apporti nuovo capitale è (...) molto remota". Come a dire: non è vero che gli azionisti vogliono liberarsi del fardello Endemol, ma si troverà una soluzione insieme alle banche. Una prospettiva molto diversa da quella ipotizzata da Pons e Balestrieri due giorni prima, in cui fioccavano i compratori.

Vincerà la linea "hard" di Pons/Balestrieri, o quella "soft" di Carli?


2- PER MEDIASET GOLDMAN E CYRTE IL RISCHIO ENDEMOL SFIORA 2 MILIARDI
Giovanni Pons e Giuliano Balestreri per "la Repubblica" del 18 giugno 2011

Il conto da pagare per Endemol, la società di produzione televisiva fondata da John De Mol e acquistata nel 2007 da Mediaset, Goldman Sachs e dal fondo Cyrte, rischia di essere molto salato. Il valore pagato poco prima dello scoppio della crisi finanziaria, 3,46 miliardi, pari a quasi 16 volte un margine operativo lordo che allora raggiungeva i 220 milioni, visto con gli occhi di oggi appare stratosferico. Secondo fonti attendibili il mol di Endemol nel 2011 arriverà a stento a 140 milioni e il multiplo a cui si valutano le società del settore oggi non supera le nove volte.

ENDEMOL

Ciò significa che il valore odierno della società che produce il Grande Fratello è nell´intorno di 1,2-1,3 miliardi, circa due in meno di quanto è stata pagata. Non a caso i 465 milioni a testa che Telecinco (controllata da Mediaset), il fondo di Goldman Sachs e Cyrte sono stati completamente azzerati nei rispettivi bilanci (per un totale di 1,39 miliardi) ma ciò potrebbe non essere sufficiente.

Per questo motivo, a più riprese nel corso del 2008 e 2009, i tre azionisti si sono ricomprati sul mercato a sconto una parte degli oltre 2 miliardi di debiti contratti a suo tempo per acquistare Endemol. Dall´analisi dei bilanci sembrerebbe che il debito mezzanino, pari a 325 milioni, sia stato interamente riacquistato dai soci, mentre in mano agli obbligazionisti rimangono 1,46 miliardi di debito senior e 250 milioni di debito junior.

PIERSILVIO BERLUSCONI

Le trattative intavolate con i creditori, in base ad alcune ricostruzioni, prevedono che una parte di questi debiti vengano stralciati e una restante parte convertita in azioni con una formula che punti a mantenere in capo ai tre soci forti il 51% delle azioni. Nel caso si scendesse sotto questa soglia a quel punto Mediaset non si sentirebbe più vincolata ad acquistare format televisivi da Endemol, come per esempio il Grande Fratello, rischiando di far calare ulteriormente il Mol della casa di produzione.

Insomma, il rischio di un bagno di sangue è oggettivamente elevato e gli azionisti stanno cercando di non far uscire troppi numeri poiché l´impatto dell´operazione Endemol sui titoli non si è ancora manifestato pienamente.

La speranza è che qualcuno rilevi Endemol e qui in effetti le possibilità sono diverse. A partire dallo stesso De Mol, socio di Cyrte, che insieme potrebbero essere interessati ad accaparrarsi Endemol a valori favorevoli per poi fonderla con la Sbs broadcasting, recentemente acquistata. Ma potrebbe farsi avanti anche la Time Warner Europe, attualmente guidata dall´ex ad di Endemol, che può contare su buone disponibilità finanziarie anche se la società americana non è incline a fare mosse aggressive e a pagare troppo cari gli asset (non più di sette volte il Mol, si dice).

Anche il gruppo televisivo inglese Itv potrebbe essere interessato a Endemol. L´ad Adam Crozier che ha rilanciato il network dal 2010 in poi pare sia convinto che il business del suo gruppo sia troppo sbilanciato sul broadcasting e troppo poco nei contenuti, e in questo ambito vorrebbe rafforzarsi. Infine, potrebbe scendere in campo Liz Murdoch, la figlia dello "squalo" Rupert, recentemente rientrata nel gruppo NewsCorp dopo avergli venduto la propria Shine television per la bellezza di 415 milioni di sterline.

Fazio a Vieni via con me

È a lei e al fratello James che il padre Rupert sta pensando per la successione, i soldi non mancano e la determinazione neanche ma non sarà facile per i Murdoch spuntare un buon affare con il gruppo che fa capo a Silvio Berlusconi, visti i rapporti quantomeno tesi degli ultimi tempi in Italia.


3- TROPPI DEBITI IN CASA ENDEMOL IL GRANDE FRATELLO NON BASTA PIÙ...
Stefano Carli per "Affari & Finanza - la Repubblica" del 20 giugno 2011

I fan del Grande Fratello possono stare tranquilli: il loro reality preferito non è a rischio e anzi, la firma per l'edizione 2012 è a un passo e sarà sempre sui canali Mediaset. Possono invece essere più preoccupati quanti sperano in una nuova edizione di Vieni via con me, con Fabio Fazio e Roberto Saviano. Ma qui l'incognita è tutta nelle decisioni della Rai. Ad accomunare invece i destini del Gf e della trasmissione cult di Fazio e Saviano è invece il fatto che entrambe sono produzioni Endemol, controllata al 33% da Mediaset.

Martedì scorso la stampa olandese (la società ha sede nei Paesi Bassi) ha lanciato l'allarme sullo stato dei conti di Endemol e sulla richiesta delle banche di nuove garanzie rispetto ad una esposizione finanziaria di 2,3 miliardi di euro. Ma che cosa sta succedendo alla società regina del reality? E che impatto avrà tutto ciò sui conti del Biscione? Meglio mettere le cose in chiaro da subito: Endemol è sostanzialmente sana.

Il suo problema è tutto nel debito legato all'acquisizione del 2007, quella targata Mediaset, Goldman Sachs e Cyrte (la società di John De Mol, che di Endemol è il fondatore). E anche Mediaset non dovrebbe avere alcun contraccolpo dalle vicende Endemol, in qualsiasi modo vadano ad evolvere perché, a scanso di equivoci, nel bilancio 2010 ha già di fatto azzerato il valore di carico del suo 33%.

fazio e saviano

Già questo dice che il caso Endemol non è un fulmine al ciel sereno. Il caso è scoppiato infatti nel febbraio 2010 ed è stato rinviato con l'accordo di tutti allo scadere del primo trimestre 2011. E infatti eccolo qui. Ma di che cosa si tratta?

La società è sostanzialmente sana. Non diffondono dati (non l'hanno mai fatto) ma dagli ambienti degli analisti finanziari circola l'indicazione di un ebitda che viaggia tra i 150 e i 200 milioni, in crescita rispetto ai 100 del 2009 (erano ufficialmente 180 ma c'erano 80 milioni di capital gain su titoli del proprio debito riacquistato che furono per settimane al centro delle polemiche e anche di minacce di class action)

Il fatturato dovrebbe aggirarsi sopra il miliardo: 1,1 o 1,2 miliardi di euro. Il Grande Fratello va bene: se guardiamo all'Italia è calata l'audience ma gli addetti ai lavori notano che è calata assieme a quella media di Canale 5. Vuol dire che il Gf garantisce sempre un premio di 5 punti in più della media della rete e che quindi resta un buon affare per chi ne compra i diritti. I problemi delle tv generaliste sono altrove.

I guai di Endemol, il cui presidente è tuttora Marco Bassetti, che non ha però più incarichi operativi e ora si occupa prevalentemente di venture capital in Spagna e in Italia, nascono tutti dalle bolle finanziarie. La prima bolla, quella di Internet a fine millennio, portò l'acquisizione da parte di Telefonica per una cifra record intorno ai 6 miliardi.

Quella finanziaria che finì con il crack Lehman nel 2008 ha segnato il passaggio da Telefonica all'attuale controllo tripartito per una valutazione complessiva intorno ai 3 miliardi: la metà di sette anni prima, ma comunque sempre troppo. «Era il 2007 quanto è stata definita l'operazione spiega Fabio Iannelli, che segue il settore media per Kepler Capital Markets è stata un'operazione a leva condotta praticamente ai massimi di mercato. Semplicemente oggi la società non è in grado di onorare i costi di quel debito».

1 logo grande fratello

In pratica il male oscuro di Endemol è lo stesso di Telecom Italia: comprata a debito e con gli oneri del debito addossati ai suoi stessi bilanci. Insomma, non è Endemol che non ce la fa ma sono i suoi azionisti. L'attività di Endemol è redditizia, produce cassa e margini ma non a sufficienza per coprire quell'enorme debito.

Oltretutto la congiuntura di mercato non aiuta. Non siamo certo in una fase espansiva: i broadcaster, ossia gli unici possibili acquirenti dei prodotti Endemol, sono a loro volta in una fase di ripensamento. I grandi network, Rai e Mediaset, tanto per restare in Italia, ma all'estero è uguale, devono fronteggiare il calo della pubblicità e la concorrenza dei nuovi canali digitali e quindi tagliano i costi. E i primi costi ad essere tagliati sono proprio quelli dell'outsourcing, ossia le produzioni esterne.

Certo, si affacciano sul mercato nuovi compratori, appunto i nuovi canali digitali, ma sono ancora piccoli e non possono compensare i minori investimenti dei «big». «Mediaset, per esempio spiega ancora Iannelli cerca di contenere l'aumento dei costi Tv entro il 3% annuo e per centrare questo obiettivo tende ad aumentare la quota di autoproduzione».

C'è un singolare parallelismo tra le sorti dei produttori di contenuti, quelli delle stesse tv e quelli infine degli investitori pubblicitari. Per tutti il mercato che si è aperto ma si è al tempo stesso frantumato ha portato un problema in più: andarsi a cercare audience e target pubblicitari su segmenti sempre più piccoli. Imbroccare un nuovo Grande Fratello, oppure una nuova Isola dei famosi, tanto per dire che anche la concorrenza sta nella stessa barca, non è facile.

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Prendete Magnolia, che ora fa parte del gruppo Zodiak, ossia di De Agostini, terzo gruppo europeo, con un giro d'affari sui 600 milioni (ma è anche l'ultimo nato): l'uscita dell'Isola o di X Factor dai palinsesti di Rai2 è stato un brutto colpo. A cui la società guidata da Giorgio Gori in Italia ha reagito sbarcando su Sky con il suo talent show, ma la stretta si è sentita.

Endemol, vede a rischio il ritorno di Vieni via con me, che è stato un grande successo. E anche su Che tempo che fa restano dubbi: è nei palinsesti ufficiali ma Fazio non ha firmato ancora con Viale Mazzini.

La crisi è qui, nel declino degli ascolti multimilionari delle grandi generaliste. Non sembra ci sia invece una crisi della tipologia dei reality. Su ogni cosa ci sono momenti di stanca: lo stesso Grande Fratello è uscito e rientrato in molti paesi. E se ancora oggi è presente in una trentina di mercati è perché ogni anno qualcuno lo sospende, qualcun altro lo riprende e qualche nuovo paese lo scopre per la prima volta. D'altra parte è uno dei pochi format davvero planetari che esistano, presente in tutti i continenti. A volte basta cambiare un po' la formula, variare insomma gli ingredienti e il format torna come nuovo.

E comunque non è che il reality sia tutto. Per Endemol, ad esempio, è un prodotto all'interno di un portafoglio abbastanza diversificato. I prodotti «script», ossia la fiction, vale un buon 20%. Il restante 80% viene dai cosiddetti «non script» ossia i contenuti in cui ci sono situazioni più o meno reali che si costruiscono nell'interazione dei personaggi.

Bank Of Scotland

Ci sono i reality propriamente detti, ma anche i giochi, i «game show», come li chiamano nell'ambiente; i «talent show», cioè le gare delle più diverse tipologie; e infine i «factual» ossia contenuti a tema con riprese di avvenimenti reali: non sono solo i tradizionali documentari, ma anche programmi diversi, da quelli sugli sport estremi o quelli tipici di un canale come Real Time di Discovery.

O anche come Extreme Makeover, in cui una famiglia disagiata viene sorteggiata e riceve un completo rifacimento della sua casa mentre racconta le sue disavventure: una serie che sta spopolando negli Usa e che doveva sbarcare in Italia a luglio prossimo su Canale 5 ma che è stata al momento tagliata.

elisabeth murdoch

Che succederà ora del debito Endemol? La ristrutturazione non ha molte opzioni. O i soci ricapitalizzano e il debito viene parte abbattuto e parte ricontrattato. O le banche, in primis la Royal Bank of Scotland, la maggiore titolare di credito (tra l'altro già incagliata ancora più pesantemente nell'indebitamento Seat) trasformano il debito in equity diluendo così il valore delle azioni dei soci attuali.

Oppure si trova un nuovo socio che apporti nuovo capitale, le banche restano fuori ma i soci attuali diluiscono lo stesso la loro partecipazione. La terza possibilità è al momento molto remota. Ma la prima forse lo è ancora di più. Mediaset ha già svalutato il suo 33%. Ha di fatto già contabilizzato la perdita patrimoniale. D'altra parte ha investito 1,3 miliardi per digitalizzare le sue torri e migliorare il segnale, e ora si affaccia, anche se ancora troppo timidamente, su Internet. Potrebbe essere il segnale di una definitiva uscita da questa sua breve avventura nel settore dei produttori indipendenti di contenuti.

 


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