Michele Anselmi per "il Riformista"
MARIO MARTONESe non è zuppa è pan bagnato. Nell'anno di "Habemus Papam" e "Noi credevamo", uscendo a ottobre "This Must Be the Place", la partita dei principali premi cinematografici si gioca esclusivamente tra Nanni Moretti e Mario Martone. La conferma viene dai Ciak d'oro, consegnati ieri sera a Roma. "Habemus Papam" è risultato miglior film dell'anno, con aggiunta di allori alle voci sceneggiatura, musica e manifesto; "Noi credevamo" ha vinto per la migliore regia, più riconoscimenti a montaggio, scenografia e costumi.
Quattro a quattro, insomma. Il 6 maggio scorso l'affresco risorgimentale di Martone s'era imposto ai David di Donatello; domenica prossima a Taormina vedrete che la commedia amarognola di Moretti sul pontefice riluttante trionferà ai Nastri d'argento; e il 1° luglio all'Accademia tedesca di Villa Massimo la sfida tra i due registi si ripresenterà ai Globi d'oro, i cine-premi messi a punto dalla Stampa estera.
MORETTI- HABEMUS PAPAMAppunto, non si scappa. Ci sarebbe da capire se quattro premiazioni concentrate in meno di due mesi sia una cosa sensata, ma nessuno farà mai un passo indietro, sicché il problema non esiste. D'altro canto, proprio perché consegnati a fine stagione, i premi non incidono neanche un po' sulla vita commerciale dei film, quasi tutti, salvo un caso, appunto Moretti, già smontati dagli esercenti.
MORETTI- HABEMUS PAPAME tuttavia i Ciak d'oro, legati al mensile diretto da Piera Detassis, rispetto ai più istituzionali David e Nastri hanno il pregio di intrecciare gusti del pubblico e della critica, fornendo un curioso sguardo d'insieme. Ai lettori votanti, circa 2.500 quest'anno, il compito di assegnare i riconoscimenti per le quattro categorie principali: di Moretti e Martone s'è detto, mentre i Ciak per le migliori interpretazioni maschile e femminile sono andati a Kim Rossi Stuart per "Vallanzasca. Gli angeli del male" e ad Alba Rohrwacher, secondo anno consecutivo, per "La solitudine dei numeri primi". Niente da dire, sono bravi entrambi, e poi si sa: le prove estreme, specie se accompagnate da trasformismi dialettali o dimagrimenti spettrali, piacciono sempre molto agli spettatori.
Checco ZaloneMeno prevedibile, o forse solo più ragionato, il palmarès messo a punto invece da un centinaio di giurati tra critici e giornalisti: così, nelle diverse categorie, rifulgono film più arditi sul piano estetico, come "La pecora nera" di Ascanio Celestini, "Le quattro volte" di Michelangelo Frammartino o "La pivellina" di Tizza Covi e Rainer Frimmel (quest'ultimo, miglior "Bello e invisibile", uscirà in dvd allegato al mensile).
ALBA ROHRWACHERMa siccome siamo in Italia, dove non si può mai scontentare nessuno, anche i Ciak d'oro - al pari di David, Nastri e Globi - hanno imparato a moltiplicare i riconoscimenti, tra targhe, targhette e guiderdoni alla carriera. Di solito l'escamotage serve ad avere qualche vip in più in platea per la serata di premiazione. In questo caso, nell'anno del commedificio miracoloso e frescone sul quale si sono spesi fiumi di inchiostro, i comici Antonio Albanese, Paola Cortellesi e Gigi Proietti: il primo premiato "per tutto", la seconda come "personaggio dell'anno", il terzo alla carriera "per il talento istrionico e multiforme". Vabbè.
Ascanio CelestiniUltima notazione. Sloggiati dalla mitica villetta Mondadori di via Sicilia, i Ciak hanno trovato accoglienza a Palazzo Valentini, sede della Provincia, "grazie alla rinnovata ospitalità del presidente Nicola Zingaretti". Fratello dell'attore, Zingaretti è noto esponente del Pd, e incuriosisce che sia proprio un amministratore di centrosinistra, non il sindaco Alemanno o la governatrice Polverini, a ospitare i premi di una rivista edita da Berlusconi. O forse no. C'è chi ricorda che nel 2006, quando i lettori di "Ciak" in piena autonomia laurearono "Il Caimano" miglior film, "il Giornale" a tarda ora tolse dalla pagina degli spettacoli un articolo sull'esito della votazione, considerata imbarazzante. Ma erano altri tempi...
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