Vittorio Zucconi per "la Repubblica"
tom macmaster e britta froelicherÈ il «lato oscuro» della Forza, la tentazione spesso irresistibile di usare la potenza della Rete per ingannare sapendo di ingannare. La tragica burla di Amina - tragica perché la «blogger siriana lesbica» era falsa, ma il regime che perseguita e tortura è vero - è stata per molti ingenui, o per chi non sa nulla di Internet, la prova che la Rete è una ragnatela di inganni per mosche sventate.
E se molti importanti organi di informazioni ci sono caduti a piedi uniti, è stato perché Amina ha confermato una verità molto più antica e profonda delle bande larghe e dei modem, legittimata ogni giorno in politica, nel commercio, nella vita quotidiana, nell´«affaronissimo» che si rivela un bidone alla Madoff: tutti tendiamo a credere a quello che ci fa piacere credere.
Non è stata Internet a inventare i falsari. Le biblioteche, come le pinacoteche, le librerie private e le collezioni, sono certamente piene di patacche, diari fasulli, copie, a volte autenticati da esperti. La novità della patacca «virtuale» è l´istantanea globalizzazione del falso, è la facilità con la quale chiunque nel proprio proverbiale «pigiama» dalla cantina di casa, magari dotato di qualche conoscenza dei fatti e delle situazioni come la moglie dell´americano che si fingeva «blogger lesbica» e che si sta laureando in studi sulla Siria, può crearsi una falsa identità.
Britta FroelicherDalle prime, goliardiche, a volte sinistre, avventure di baffuti signori di mezza età che si fingevano fanciulle in fiore nelle «chat room» per presentarsi poi a stupefatti corteggiatori con mazzolino di fiori in mano, alla complessa fiction della dissidente siriana, la «forza oscura» della Rete ha prodotto e produrrà legioni di magliari.
Hanno naturalmente un nome, perché nulla, nell´universo informatico può mai restare senza etichetta o acronimo. Sono chiamati "flogs", da "fake blogs", falsi bloggari che usano il paravento dell´anonimato o delle false identità costruite in milioni di account per divertirsi, per sentirsi più furbi dei polli che ci cascano, per truffare, per fare soldi. E´, anche questo, un antichissimo trucco della politica e dello spionaggio, il gioco delle "bandiere false", dell´agente che si presenta per quello che non è.
Ma nel mondo delle spie, il rischio era il plotone di esecuzione. I "floggers", i finti bloggers, non rischiano nulla, o molto poco. Tom McMaster, l´autore della "lesbica a Damasco" ha scritto due romanzi, finora sconosciuti al pubblico. La sua creazione potrebbe valergli un contratto editoriale, magari un saggetto su come difendersi dai falsari. Sarebbe il destino di tanti hacker, di creatori di virus o di scassinatori di siti, assunti come specialisti dalle società che avevano violato. "It takes a thief", si dice, ci vuole un ladro per acciuffare un ladro.
LezgetrealNon ci sono formule o algoritmi sicuri per smascherare i magliari della comunicazione in Rete e neppure Google ci riesce. Spesso si autodenunciano, per noia, perché il gioco viene in uggia, o scappa di mano come accade all´innocente e spesso divertente blog italiano "Personalità Confusa" nel quale un´immaginaria Alessia teneva un pubblico diario delle proprie esperienze di donna, chiuso nel 2003 quando il successo imprevisto travolse l´autore e cominciò a ricevere messaggi molesti da chi si offriva di toccarle questa o quella parte del corpo. Ma quelli erano i primordi, la preistoria.
Oggi l´elenco dei "flogs" è un elenco telefonico di trovate, autori, spazi nei quali non soltanto l´inganno è chiaro, ma è coltivato. Il "Falso Steve Jobs" che risponde e rivela segreti, approfittando del fatto che anche il vero Steve Jobs a volte risponde alle mail, è popolarissimo e si è trovato accanto il "Falso Bill Gates", il "Falso Steve Ballmer", la "Falsa Sarah Palin", anche se nel caso della signora dei ghiacciai è spesso difficile distinguere la parodia dalla realtà, viste le sue e-mail.
Come nel cinema, dove i pubblicitari e i responsabili del marketing hanno inventato e sfruttato il trucco del product placement, dai pacchetti di Muratti che vistosamente Nino Manfredi offriva nei suoi film ai portatili Apple che punteggiano la vita dei protagonisti, il commercio non poteva resistere al richiamo della "Forza Oscura".
Le recensioni di libri o di prodotti che i clienti potenziali consultano prima degli acquisti online svelano in duelli di testimonial entusiasti e di clienti disgustati la lotta fra falsi consumatori pagati dal fabbricante o dal concorrente per dirne bene o male. Ne è nato un sito che promette e giura di pubblicare soltanto testimonianze autentiche su auto, lavatrici, telefonini, abbigliamento. Ma saranno poi vere, le testimonianze vere?
AMINA ARRAF LA BLOGGER LESBICA CHE NON ESISTEIl mostro del discount, la Wal-Mart, che ha occupato le periferie americane con i propri shopping center e deve subire quotidiani attacchi per il trattamento dei propri dipendenti, salì silenziosamente sul camper di una coppia di Washington che girava l´America, sistemando il mezzo negli enormi e gratuiti parcheggi. Ne nacque un blog, "Wal-travelling" nel quale i due intervistavano i dipendenti, raccontavano il loro shopping, esaltavano la società. Il blog divenne "flog" quando si seppe che la azienda aveva cominciato a pagare le spese e un salario ai due.
Ma anche il trucco del "cliente soddisfatto", come quello del fortunato giocatore che sbanca la slot machine al casinò, non è una creazione di Internet. La Rete amplifica, diffonde, facilita, spaccia con equanime potenze verità e balle, teorie ridicole e rivelazioni importanti. Accresce a dismisura, e qui sta il vero rischio della "Forza Oscura" la responsabilità dell´utilizzatore finale nella sua solitudine, ma senza dargli necessariamente gli strumenti per distinguere fra il dissidente che davvero vive ore di angoscia aspettando il passo degli stivaloni alla porta e la bella e bruna Amina torturata per il suo essere lesbica a Damasco.
Ci sono, se dobbiamo fidarci di un´altra creatura incantevole che oscilla fra i due lati della Forza, Wikipedia, più di 156 milioni di blog nella galassia della Rete, più di 30 mila soltanto in Italia, dai microblog letti da una dozzina di fedeli a quelli che contano milioni di contatti, avvinghiati in una lotta selvaggia e non sempre limpida per essere elencati nella prima pagina delle ricerche di Google, risultato essenziale per primeggiare.
IL VERO BLOGGER Thomas MacMasterEsistono società specializzate che a pagamento manipolano i risultati, per far emergere il sito o il blog del cliente, contro le quali i guardiani del motore di ricerca sostengono, non sempre del tutto credibilmente, di battersi per estirpare i bari dell´algoritmo. Ma nessuno pagò per favorire la coraggiosa dissidente siriana. La sua esistenza immaginaria navigò a gonfie vele sull´onda dello sdegno impotente per la guerra del regime di Damasco contro il proprio popolo.
Come volarono foto manipolate e "photoshoppate" - nello slang cibernetico - di bombardamenti israeliani su Beirut diffuse dall´autorevole agenzia Reuters o di massacri gheddafiani nei primi giorni della rivolta. Blog, immagini, diari, confessioni che corrispondevano esattamente a quello che il resto del mondo voleva vedere e credere.
Dunque, governi, propaganda politica e specialisti di "psy-op", di guerra psicologica sono sicuramente dietro gli schermi di falsi blog, destinati ad aumentare se il progetto americano di creare reti invisibili e autonome nei regimi che aprono e chiudono a piacere la comunicazione dovesse realizzarsi, come crede il New York Times. I tempi del falso soldato inglese annegato con i piani falsi per l´invasione della Normandia nella borsa, venduto ai Nazisti per sviarli, sono gli antenati rudimentali della semplicità e della economicità offerte da Internet a chi vuole ingannare e mistificare.
amina arrafDalla stessa sorgente può sgorgare la verità, per quella che ci è data conoscere, come il suo opposto, la menzogna più sfacciata. Non è stata la Rete a inventare l´uomo che esibisce il proprio sesso alle ragazzine, come il deputato Anthony Weiner, oggi autoricoverato in una clinica per la cura di perversioni della personalità. E nulla sapevano di nodi, server, fibre ottiche, i nostri saggi antenati quando avvertivano su tavolette di cera: "Caveat emptor". Sono cavoli tuoi, caro cliente.
2 - I DUBBI, L´INDIRIZZO, LE FOTO FALSE COSÌ IL WEB HA RISOLTO IL GIALLO
Raffaella Menichini per "la Repubblica"
Il caso di Amina-Tom probabilmente entrerà nei testi di studio dei media ai tempi dei social network. Sia per la facilità con cui Thomas MacMaster ha beffato i media di tutto il mondo. Sia per come la blogosfera è riuscita a smascherarlo, riscattando se stessa. Tutto è cominciato per caso, da un dubbio "annusato" da navigatori più accorti che a costo di risultare cinici, mentre la Rete cominciava a invocare la liberazione di Amina, hanno cominciato a chiedersi come mai nessuno la conoscesse a Damasco "nel mondo reale".
SITO LESBICO LezGetRealIl credito va dato in primo luogo al giornalista di Npr Andy Carvin, che con i suoi 48mila contatti su Twitter ha sguinzagliato un´indagine di massa. La scoperta che anche le foto circolate (la prima pubblicata dal Guardian, che l´aveva ricevuta via email proprio da "Amina" in occasione della sua intervista, e poi sulla pagina Facebook della campagna per liberarla) appartenevano a un´ignara cittadina inglese, ha dato la conferma del falso. A quel punto è partita la caccia al falsario: una persona sola? Un gruppo? Un siriano/a che comunque vuole nascondersi?
Le tracce elettroniche di "Amina" portano in due direzioni: la Georgia e la Scozia. Quando i dubbi sull´identità di Amina circolano, si fanno vivi i membri di un forum di Yahoo chiamato thecrescentland - ora chiuso - creato dal nickname "Amina" anni fa. Uno dei suoi membri, Scott Palter, dice al Washington Post di aver chiesto ad Amina l´indirizzo di casa per poterle mandare gli auguri di Natale. L´indirizzo è una casa di Stone Mountain, in Georgia.
Il proprietario, come il sito Electronic Intifada verifica con l´ufficio immobiliare della Georgia, è Thomas MacMaster, lì residente fino al settembre 2010. Finché lo stesso MacMaster non annuncia su Facebook il trasferimento a Edimburgo. Sua moglie Britta Froeliker, studiosa della Siria, ha un account Picasa per creare album online. Nell´album "Syria the best" compare anche una foto identica a una postata sul blog A gay girl in Damascus.
STEVE JOBS E LA NUVOLA Bill GatesNella versione di Britta, la foto è tagliata. In quella di "Amina" compare l´originale: chi ha postato la foto era in possesso dell´originale e non viceversa. Infine, la Scozia. Il sito di blogging lesbico Lezgetreal, cui Amina si è rivolta a febbraio per aprire il blog, conferma che l´identità si è connessa 135 volte, da due indirizzi IP scozzesi, fatti risalire all´Università di Edimburgo dove MacMaster sta studiando. Che "Amina" utilizzasse proxy scozzesi non aveva destato lì per lì sospetti: lei stessa spiegò di voler aggirare la censura del regime, procedura piuttosto comune.
Uno di questi indirizzi IP era anche la fonte di alcuni editing di articoli su Wikipedia, a cominciare dall´ottobre 2010. Tutti riguardanti il Medio Oriente, l´Islam, la storia, temi coincidenti con gli interessi e le attività pubbliche di MacMaster e di sua moglie Britta. Man mano che l´identità reale e quella virtuale si sovrappongono, giornali e blogger cominciano a tempestare MacMaster. Lui dapprima nega, poi cede chiedendo scusa. Ma c´è da star certi che la sua fama sul web è appena agli inizi, stavolta con il suo vero nome.