1 - IL FATTO E IL GIORNALE IMPALLINANO IL FALSO CARAVAGGIO DEL SOLE
Dopo Sgarbi di ieri sul "Giornale", oggi anche il "Fatto Quotidiano" con Tomaso Montanari impallina l'ultimo Domenicale del "Sole 24 Ore", che in prima pagina annunciava il ritrovamento di un nuovo Caravaggio. Una bufala, concordano i due giornali. Il numero di domenica scorsa dell'inserto culturale del "Sole" era anche il primo firmato da nuovo caporedattore Armando Massarenti (era Napoletano), che ha annunciato il ritorno al vecchio formato grande.
2 - SCOPERTI UN NUOVO CARAVAGGIO? PER SGARBI È UNA BUFALA
Vittorio Sgarbi per "Il Giornale"
Ho sempre letto con soddisfazione e compiacimento l'inserto domenicale del Sole 24 Ore , riconoscendo l'interesse e la buona «cucina» delle pagine culturali del quotidiano politico, economico, finanziario soprattutto nei lunghi anni in cui il Corriere ebbe la pagina dell'arte sequestrata da un sedicente poeta come Sebastiano Grasso che ne aveva fatto una riserva di favori e dispetti tanto da mortificarla in una dimensione provinciale e senza alcun respiro culturale. E forse proprio la miseria dell'inserto del Corriere contribuiva ad accrescere il prestigio del domenicale del Sole 24 Ore .
Devo dire che non ha giovato a queste belle e ricche pagine la riduzione di formato e mi compiaccio di aver saputo dall'amico Alfonso Dell'Erario e rivedere oggi confermato da Armando Massarenti che la veste tornerà al suo primitivo formato. E possiamo sperare che il ritorno agli antichi fasti faccia dimenticare alcune improvvide spinte in avanti che sembrano piuttosto convenire a un bollettino della pro loco che a un giornale autorevole.
Avevo già letto con stupore le uterine insensatezze di Pia Cappelli sul padiglione Italia della Biennale di Venezia, rintuzzate ieri in un sereno e lusinghiero articolo del grande Gillo Dorfles sul Corriere che ha il pregio di restituire parola a un critico saggio ed esperto, mortificando i pappataci alla Grasso. Ma sono sobbalzato quando, sulla prima pagina del Sole 24Ore in un richiamo in alto, con l'ulteriore sottolineatura della rivelazione nell'edicola notturna del Tg5, ho letto di un nuovo Caravaggio, scoperto in Spagna.
Mi sono compiaciuto della bella notizia finché non ho visto l'immagine pubblicata a tutta pagina sulla copertina dell'inserto, fortunatamente, in questo caso, dimidiato; ma abbastanza leggibile per capire che, nonostante il generoso entusiasmo di Silvia Danesi Squarzina, si trattava di una «bufala».
Dispiace per l'interesse e la suggestione dei riferimenti esterni, che sembrano confortare una tanto importante e audace attribuzione ma, come sa bene Silvia Danesi Squarzina, il primo documento sono le opere, e la storia dei dipinti è piena di sorprese che non corrispondono ai riscontri pur seducenti. E il più convinto sostenitore del primato delle opere sui documenti è proprio il massimo studioso di Caravaggio: Roberto Longhi, che avrebbe sorriso osservando l'impietosa immagine del «nuovo Caravaggio ».
LA VISIONE DI EZECHIELE DI RAFFAELLO jpegDall'ambientazione in una biblioteca al cappello cardinalizio, al volto pateticamente inespressivo, tutto nel dipinto parla di un pittore molto diverso da Caravaggio e operoso alcuni decenni dopo.
Anche l'aspetto più notevole, cioè quello del libro di piatto sullo scrittoio, richiama piuttosto il gusto di Bartolomeo Cavarozzi o di Pietro Paolini, titolari di una anche leziosa maniera caravaggesca. Ma è difficile pensare che un'opera così moscia e priva di energia possa essere riferita a Caravaggio soltanto perché si stabilisce un riscontro fra la descrizione degli inventari di Vincenzo Giustiniani del 1638: «Un quadro di una mezza figura di S. Agostino dipinto in tela alta palmi 5 e mezzo e largo 4 e mezzo incirca, di mano di Michelangelo da Caravaggio con sua cornice negra», con una scritta dietro il quadro in cui il nuovo proprietario ricorda la «procedencia (provenienza) del Marqués Recanelli en la calle del Gobierno», l'attuale via della Dogana vecchia dove è Palazzo Giustiniani.
Silvia Danesi SquarzinaSi tratta, appunto, di suggestive coincidenze e il riferimento di un S. Agostino a Caravaggio non esclude che nella collezione Giustiniani vi fosse un S. Agostino di altro autore. Inutile osservare che anche le dimensioni non corrispondono alla descrizione del 1638: è sufficiente accostare il volto inespressivo del santo in lettura con altre analoghe teste certamente di Caravaggio come quella di S. Matteo che impara a leggere coll'assistenza dell'angelo nel dipinto perduto a Berlino, che era la prima versione della pala d'altare della cappella Contarelli in S. Luigi dei Francesi, opera che, ad assecondare gli argomenti della Danesi, è dello stesso momento del sant'Agostino; o la nobile ed espressiva testa del S. Giuseppe nella Fuga in Egitto della galleria Doria Pamphilj, per non scendere agli intensi S. Gerolamo della galleria Borghese o di Montserrat.
Dramma e tormento anche nella meditazione, nella concentrazione, nella ispirazione devota, rispetto alla generica espressione del S. Agostino che compita la sua lettura con dita legnose da manichino, senza tensione, senza vita, come protesi. Ora, è perfettamente legittimo che una studiosa esponga i propri argomenti e li proponga alla comunità degli studiosi come si è sempre fatto, ottenendo consensi, dissensi, pareri concordi e pareri discordi. Una volta raggiunta una condizione condivisa l'opera, anche senza documenti che la sostengano, può entrare nel corpus di un grande pittore, talvolta ne può uscire, com'è accaduto al Narciso della Galleria nazionale di Roma. Ma il presente S. Agostino non è destinato a entrarvi.
IL FALSO SANTAGOSTINO DI CARAVAGGIOE se mai lo fosse non potrebbe essere con la spinta in avanti di un quotidiano pur autorevole. Così, per la seconda volta dopo l'incredibile sortita della copertina dell' Espresso che, ignorando la morte di Bin Laden, volle mostrare al mondo un nuovo Raffaello di misteriosa collezione privata per scalzare quello di Palazzo Pitti (la Visione di Ezechiele che resta l'originale) un giornale assume la responsabilità di comunicare, senza riserve, una scoperta tradendo i principi della corretta informazione in nome di un facile sensazionalismo.
Gli occhi di Caravaggio by SgarbiE non dico che non debba essere di quotidiani e settimanali l'opera di divulgazione; ma, proprio per questo, sia nel caso dell' Espresso sia nel caso del Sole 24Ore , nulla è più facile che la prova del riscontro con esperti e conoscitori di due pittori come Raffaello e Caravaggio, che avrebbero potuto essere interpellati per esprimere un parere e consentire di valutare l'interessante proposta con il giusto margine di dubbio ma non come un'assoluta certezza.
È su questo che dovrebbe, in attesa del grande formato, interrogarsi Armando Massarenti e con lui il direttore Roberto Napoletano, non per assecondare i capricci della critica e le diverse nostre vanità, ma per non esporsi a magre figure. Io non ho alcuna ragione per non partecipare all'entusiasmo di una nuova scoperta, ma sono assolutamente convinto della estraneità del nuovo dipinto dalla mano di Caravaggio.
E così sul Giornale si apre il dibattito e, senza che l'amica Squarzina si offenda, potranno essere chiamati a esprimere la loro opinione studiosi autorevoli come Mina Gregori, Maurizio Calvesi, Maurizio Marini, John Spike, Ferdinando Bologna, Nicola Spinosa, Rossella Vodrett, e i non pochi altri che in questi decenni si sono esercitati su Caravaggio. Credo che gli amici del Sole avranno qualche sorpresa. E quella che era loro apparsa una rivelazione si rivelerà una interessante suggestione da approfondire, come si dice di tante piste che non portano alla meta ma si arrestano in un vicolo cieco.
3 - I DOCUMENTI, LE PROVE E CHI PARLA SENZA AVER VISTO LA TELA
Marco Carminati e Silvia Danesi Squarzina PER "Il Sole 24 Ore"
Abbiamo gettato il sasso nello stagno e Vittorio Sgarbi lo ha colto al volo. È impossibile non condividere quanto scrive il critico d'arte sulle pagine de «Il Giornale» sull'importanza che l'inserto domenicale del Sole 24 Ore riveste per gli storici dell'arte. Si tratta di una sede la cui obiettività e serietà non sono mai state discusse e - di solito - chi viene ospitato (assumendosi la responsabilità delle proprie proposte) è spesso grato e onorato di farlo.
RESTAUTO DEL CARAVAGGIOVeniamo ai fatti. Un importante dipinto raffigurante «Sant'Agostino», accompagnato da impressionanti dati documentari che lo attribuiscono a Caravaggio e lo dicono proveniente dalla Collezione Giustiniani di Roma sta per essere presentato in una grande mostra alla National Gallery di Ottawa, curata da rinomati studiosi come David Franklin e Sebastian Schütze (autore, quest'ultimo, di una recente applauditissima monografia su Caravaggio).
Nel catalogo di Ottawa il commento al «Sant'Agostino» è stato affidato a Francesca Cappelletti, non solo autrice di importantissime scoperte sul Merisi (trovò a Recanati i documenti di pagamento della «Cattura di Cristo» di Dublino) ma anche autrice di un'incisiva monografia. La studiosa - tra le poche che hanno potuto vedere e rivedere il quadro - non ha dubbi: si tratta di un quadro problematico ma che ha tutte le carte in regola per essere assimilato al catalogo di Caravaggio.
Un San Francesco in meditazione di CaravaggioQuest'opera è partita per Ottawa senza essere stata analizzata in Italia. Quindi, ben venga la discussione che si apre. Non studiare un quadro così solidamente documentato sarebbe la vera bufala. Ci permettiamo di invitare sin d'ora Vittorio Sgarbi, e altri eminenti studiosi di Caravaggio, a vedere di persona il dipinto a Ottawa, oppure di attendere con pazienza sino a novembre. La soprintendente Rossella Vodret - che ha esaminato a fondo il dipinto e ne condivide l'attribuzione - esporrà il quadro nella capitale nell'ambito della mostra su «Caravaggio e Roma», programmata a Palazzo Venezia. In quell'occasione verrà organizzato attorno al quadro in questione un convegno di due giorni, dove tutti gli studiosi più accreditati saranno chiamati a visionare il dipinto e a dare il loro parere.
Gli storici dell'arte potranno liberamente e costruttivamente confrontarsi, portando elementi di discussione sui primi anni romani di Caravaggio che - è bene sottolineare - nessuno conosce ancora in modo adeguato.
L'opinione espressa ieri da Vittorio Sgarbi - conoscitore stimato - stupisce perché ha il grave difetto di essere pronunciata in totale assenza dell'opera. Sgarbi parla senza aver visto il quadro, basandosi sulla foto riprodotta sul giornale: strano per un professionista come lui. Giustamente l'amico Vittorio cita Roberto Longhi, che riteneva l'opera d'arte il primo essenziale documento, e che, si badi bene, metteva in guardia i suoi giovani allievi dall'uso ottuso delle fotografie, in quanto la pittura va guardata sempre al vero, da vicino e da lontano, ma sull'originale.
La verità è che pochi sono oggi i veri conoscitori. Una personalità straordinaria, capace di trasmettere veri insegnamenti alle nuove generazioni è Mina Gregori. Ebbene, la professoressa Gregori, interpellata, ha risposto con pacata saggezza: «Ho visto il dipinto in fretta e non l'ho studiato abbastanza. Prima devo studiarlo. Certo è che le notizie documentarie emerse sono interessantissime e promettenti».
IL CROCIFISSO DI MICHELANGELO jpegEcco, abbiamo voluto offrire notizie «interessantissime e promettenti» che contengono dati incontrovertibili: le misure del quadro corrispondono perfettamente a quelle in palmi romani, gli inventari Giustiniani sono stati redatti personalmente da un grande conoscitore e collezionista quale era il marchese Vincenzo e possediamo il quadernetto con le annotazioni di suo pugno. Gli acquisti sono stati fatti da lui, e se scrive che il "Sant'Agostino" è di Caravaggio avrà avuto qualche buona ragione. Pensiamoci bene prima di smentirlo.
Questi sono fatti. Poi, abbiamo espresso anche l'opinione che il dipinto è splendido, con una chiave espressiva molto misurata, quasi in sottotono, ma con particolari estremamente legati alla prima fase di Caravaggio, quella che conosciamo meno ma che potremo finalmente comprendere e ricostruire alla luce anche dei molti nuovi dati emersi nella recente mostra dell'Archivio di Stato attorno ai documenti di Caravaggio.
Molti non sono d'accordo. Non è d'accordo, ad esempio, Maurizio Calvesi, che ha visto il dipinto al computer traendone un'impressione sfavorevole. Molti altri sono, invece, favorevoli. Citiamo solo Vincenzo Pacelli (lo scopritore del Martirio di S. Orsola di Caravaggio) e Anna Lo Bianco, direttrice di Palazzo Barberini, la quale ha apprezzato gli aspetti documentari. Poi, ci sono le analisi tecniche.
Roberto NapoletanoNon solo lo Studio Hamilton Kerr di Cambridge, ma anche specialisti italiani della diagnostica artistica come Claudio Falcucci hanno riscontrato elementi molto significativi che fanno attribuire il dipinto a Caravaggio. In particolare, sarà rilevante il parere di Marco Cardinali e Maria Beatrice De Ruggieri perché sotto la direzione della soprintendente Vodret hanno da poco completato esami diagnostici molto approfonditi di ben 22 opere autografe di Caravaggio.
C'è molto rispetto delle opinioni diverse, e proprio per questo ci auguriamo che tutti possano parlare e discutere davanti al dipinto originale e alla luce dei dati (incontrovertibili) sinora emersi. Questo è un «quadro da stanza», le palpebre del santo sono abbassate per esprimere un'interiorità e una concentrazione ineffabili, i dettagli degli oggetti sul tavolo, l'uso della luce e delle ombre sono anch'essi elementi da valutare con attenzione. Il tipo di pentimenti, il risparmio della preparazione, il tipo di tela, vanno messi sulla bilancia. Non si può parlare così superficialmente di «bufala». Sgarbi può stare tranquillo: è solo una nuova proposta, ben documentata, che il Sole 24 Ore ha offerto tempestivamente. Tutto qui.