Davide Casati per "GQ"
GHERARDO COLOMBONon entra in polemiche, Gherardo Colombo. L'ex magistrato decide di non commentare le recenti dichiarazioni di due ex colleghi del pool di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli e Tiziana Parenti, che si sono detti in qualche modo "pentiti" di quell'esperienza. Ma con GQ accetta di ripercorrere l'epoca di Mani Pulite, puntualizza come i magistrati - allora come oggi - non siano fautori di "disegni" politici, respinge le accuse di faziosità. E fa notare un precedente inquietante: i toni delle polemiche politiche di oggi contro i magistrati sono gli stessi usati quando venne a galla l'esistenza della P2.
Borrelli ha detto: "Chiederei scusa per il disastro seguito a Mani Pulite. Non valeva la pena di buttare all'aria il mondo precedente per cascare in quello attuale". Sente di dover chiedere scusa per quelle inchieste?
"Premesso che interpreto queste dichiarazioni come provocatorie - un po' come dire: ci si sforza di far rispettare la legge, ma guardate un po' quali sono i risultati - posta in questi termini la questione non mi pare avere senso. Il perché è semplice: in Italia l'azione penale è obbligatoria. Di fronte a una notizia di reato, il pm non può scegliere se investigare oppure no. Deve farlo".
Ma Mani Pulite ha o no causato un "disastro", come lo chiama Borrelli?
"Sotto il profilo giudiziario sappiamo come sono andate le cose [1.300 tra condanne e patteggiamenti definitivi: 430 gli assolti nel merito, anche se non tutti sono stati dichiarati estranei ai fatti; per oltre il 50% degli indagati per cui è stato chiesto dal pool di Milano il rinvio a giudizio è scattata la prescrizione, ndr.]. Sono state modificate alcune leggi, alcuni fatti prima considerati reato hanno smesso di esserlo, la lunghezza dei processi ha fatto scattare la prescrizione prima che si giungesse a sentenze definitive.
Insomma: i risultati, a livello giudiziario sono stati, scarsi. A livello di sistema l'esito delle indagini ha prodotto la consapevolezza di un "disastroso" sistema della corruzione che prima non si immaginava certo così ampio, articolato, profondo, che ha posto i cittadini nella posizione di poter scegliere in modo più consapevole".
Come giudica il panorama politico emerso da Mani Pulite?
"Le conseguenze politiche prescindono dalle prospettive di un processo, che serve solo ad accertare responsabilità personali in ordine alla commissione di reati. Al limite, la domanda che ci si può fare è se la politica sia stata capace di affrontare il sistema di corruzione emerso dalle indagini di Mani Pulite..."
E la risposta?
"Posso solo dare un'impressione da cittadino. E dalle notizie sui giornali, dalle ricerche di enti internazionali come Transparency international, dalla constatazione che nulla o quasi sia stato fatto per rendere più difficile la corruzione o più facile la sua scoperta, la mia impressione è che non sia cambiato nulla. Ma ripeto: non è compito delle indagini cambiare un quadro politico.
Ne ero così convinto che già nel luglio 1992, tre mesi dopo essere entrato nel pool, introdussi pubblicamente attraverso un'intervista come tema di discussione l'opportunità di una legge che evitasse la prigione a chi avesse confessato e restituito, e si fosse allontanato per un periodo ragionevole dalla vita pubblica. Mi sembrava chiaro che non si potesse arrivare alla soluzione del problema solo attraverso indagini e processi".
parenti tizianaA volte, però, si accusa il Pool di aver perseguito fini diversi. E forse è anche questo il sottinteso di una delle frasi della Parenti: "Avremmo dovuto scavare più a fondo, e invece è stata una guerra di corsa, fatta come se si dovesse concludere in fretta per passare ad altro: un altro sistema politico..."
"L'essenza stessa dell'essere magistrato consiste nell'indipendenza, nell'imparzialità. Ci si accusa di essere stati dipendenti e parziali? Lo si dimostri. Con elementi concreti. Sono quasi vent'anni che aspetto che qualcuno porti prove che sorreggano queste accuse così gravi, e ancora non ne ho vista una, nonostante tutte le indagini alle quali siamo stati sottoposti.
E questo vale anche per le affermazioni della dottoressa Parenti, che peraltro ha partecipato solo ad un breve segmento delle indagini, che sono proseguite per anni anche dopo che lei se ne era andata, approfondendo tutto quel che è stato possibile approfondire".
DIPIETROLa decisione di Di Pietro di entrare in politica diede la stura a una serie di dietrologie sui presunti "fini politici" di Mani Pulite...
"C'è ancora la leggenda metropolitana secondo cui i magistrati di Mani Pulite facevano politica. La decisione di Di Pietro di entrare in politica fu assunta a distanza di quasi due anni da quella di uscire dal pool; la sua uscita non interferì in alcun modo con il prosieguo delle indagini se non per il fatto che il venir meno del suo impegno e del suo contributo ci mise in difficoltà perché dovemmo sobbarcarci del lavoro che avrebbe svolto lui. Ciò detto faccio notare che dedicandosi alla politica Di Pietro ha fatto una scelta che hanno fatto non pochi altri magistrati verso le più diverse aree politiche.
Quel che è certo, è che Mani Pulite ha segnato la fine della Prima Repubblica e l'inizio della Seconda...
"Credo proprio che non ci sia alcuna Seconda Repubblica. Che cos'è cambiato, a livello legislativo o di organizzazione dello stato istituzionale? Mi pare che siano cambiati soltanto i protagonisti della vita politica, anche a livello di partiti, e questo non mi pare comporti l'avvio di una Seconda Repubblica".
In ogni caso, la magistratura viene da alcuni accusata di essere un "giocatore" che vuole cambiare il panorama politico: prima Mani Pulite, ora i processi a Berlusconi.
"Bisognerebbe guardare ai processi, piuttosto che pensare che siano guidati da dei "disegni". Ci sono degli indizi che giustificano l'esercizio dell'azione penale o no? Ci sono prove, fatti che sorreggono le accuse o no? Questo, non altro, è il criterio con cui occorre guardare a un procedimento giudiziario".
Forse è mutato anche il rapporto tra politica e magistratura. Craxi si giustificò dicendo che il malaffare era costume comune a tutte le parti politiche, non accusando i giudici di lavorare contro lo stato, come ha fatto il presidente del Consiglio davanti al tribunale di Milano...
"Se va a rileggere i giornali del luglio 1981, dopo la scoperta della loggia P2 e le conseguenze che ne derivarono, si accorge che forse è cambiata l'intensità ma non la sostanza dell'atteggiamento di alcuni rappresentanti politici nei confronti della magistratura quando questa si trova a dover coltivare indagini sulle condotte di persone che detengono ruoli di potere".