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1- “PER TIRARE A CAMPARE” BERNABÉ HA DAVVERO L’INTENZIONE DI METTERE IN PIEDI UNA CORAZZATA TV INSIEME A DE BENEDETTI? E QUALI SARANNO LE REAZIONI DI UN BERLUSCONI CHE VUOLE SOPRAVVIVERE FINO AL 2013 QUANDO BERNABé, DOPO AVER INGAGGIATO I “COMUNISTI”, DOVRÀ SEDERSI AI TAVOLI MINISTERIALI PER DISCUTERE DELLA RETE, DELLE REGOLE E DEI TANTI PROBLEMI CHE POSSONO RISOLLEVARE I CONTI DI TELECOM? 2- L’INNAMORAMENTO INFORMATICO DI SARMI PER IBM E L’ORGASMO DA 150 MILIONI DI EURO LA CORTE DEI CONTI POTREBBE PRENDERSI IL GUSTO DI SPIGOLARE PERCHÉ LA COMPETIZIONE DA 150 MILIONI SI È RISOLTA CON UN SOLO PARTECIPANTE (LA SOLITA IBM) 3- A QUESTO PUNTO PER GIUSEPPE BONO, L’AD DI FINCANTIERI L’ALTERNATIVA È SEMPLICE: PORTARE A CASA UN GRANDE CONTRATTO (IN BRASILE) OPPURE FARE LE VALIGIE

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1 - L'INNAMORANENTO DI SARMI PER IBM CHE DOPO SEI ANNI VA IN ORGASMO CON LA VITTORIA DI UNA GARA DA 150 MILIONI DI EURO
Chi è passato in questi giorni davanti al palazzo delle Poste che si trova vicino al laghetto artificiale dell'Eur, avrà notato la figura di un uomo alto e magro dalle orecchie generose.
È Massimo Sarmi, il manager di Malcesine che dal 2002 guida l'azienda e in questi giorni si trova al centro di un'enorme bufera.

I collaboratori più stretti dicono che è rimasto incollato alle finestre dalle quali si vede anche il palazzone dell'Eni come se il suo cervello fosse attraversato da quell'idea del suicidio che gli stoici nell'antica Grecia consideravano un atto naturale. In realtà dopo il crollo del sistema informatico che ha paralizzato 14mila sportelli Sarmi non pensa di arrivare a gesti così clamorosi e intende dividere le responsabilità con chi ha messo in piedi un'architettura di software che da tempo procura grandi fastidi ai dirigenti di Poste e a migliaia di cittadini.

Nel palazzone dell'Eur il nome che corre sulla bocca di tutti è quello di Massimo Bragazzi, l'uomo che è diventato responsabile della Rete dopo essersi occupato del merchandising di Poste Italiane nei negozi "Shop in Shop". Accanto al nome di questo manager circola quello di Agostino Ragosa, l'ingegnere salernitano che Sarmi si è portato da Telecom per affidargli nel 2004 l'inserimento delle nuove tecnologie informatiche dentro il corpaccione arcaico di Poste Italiane.

Quanto è successo nei giorni scorsi è da attribuire al software dei sistemi centrali che hanno bloccato l'efficienza e l'operatività dei terminali. Ieri il manager di Malcesine che si è nutrito di tecnologie fin da quando ha iniziato a lavorare in Sip e poi in Tim e Siemens, ha accantonato l'idea di un gesto estremo dopo aver saputo che dall'America e dal Canada è in arrivo un gruppo di tecnici in grado di rimettere a posto il sistema. La pattuglia dei "salvatori" delle Poste arriva dal quartier generale dell'IBM, il colosso informatico che gli americani chiamano "Big Blue" per il colore del logo introdotto in Italia dal 1927.

E qui bisogna aprire una bella parentesi sull'innamoramento che il 63enne Sarmi ha avuto negli ultimi sei anni verso la prima azienda al mondo di informatica. Nella sua infinita miseria Dagospia ne aveva già parlato parecchi mesi fa ripercorrendo la storia di una presenza industriale "esclusiva" dentro le Poste che aveva destato non poche curiosità. La tappa iniziale di questo amore crescente verso l'IBM è nel 2005 quando Sarmi firma il primo contratto da 12 milioni di euro per informatizzare gli uffici postali con il software dell'azienda americana.

Lungo la strada i 12 milioni di euro sono lievitati come un soufflé a 90 milioni, ma per vedere gli effetti di questa operazione bisogna arrivare all'ottobre 2010. A marzo di quest'anno il buon Sarmi, assistito dal capo della Rete Bragazzi, prende la penna e assegna sempre all'IBM 150 milioni con l'obiettivo di informatizzare entro giugno altri 10mila uffici postali.

Sulla gara da 150 milioni qualcuno dalle parti di viale Mazzini dove si trova la Corte dei Conti potrebbe prendersi il gusto di spigolare perché la competizione si è risolta con un solo partecipante (la solita IBM) che per assegnarsi la megacommessa ha applicato alla sua offerta un "gentile" ribasso del 4%. Adesso la nuova architettura informatica è crollata e i tecnici di Armonk e della sede canadese di IBM stanno cercando di risolvere quello che in una nota diffusa ieri da Sarmi è stato definito in maniera troppo semplicistica "un inconveniente al software in via di completa risoluzione".

Come è probabile tra poche ore i monitor degli uffici postali riprenderanno a funzionare per la gioia dei pensionati, dell'Agcom che ha definito "incapaci" i manager delle Poste, e soprattutto di Massimo Sarmi, il manager "pigliatutto" che prima del fatidico "tilt" stava già penando per il blocco della Banca del Sud, la creatura per la quale Giulietto Tremonti gli ha ordinato di mettersi a disposizione.

2 - A QUESTO PUNTO PER GIUSEPPE BONO, L'AMMINISTRATORE DELEGATO DI FINCANTIERI L'ALTERNATIVA È SEMPLICE: PORTARE A CASA UN GRANDE CONTRATTO OPPURE FARE LE VALIGE
C'è un altro manager che in queste ore sta soffrendo le pene dell'inferno.
È Giuseppe Bono, l'amministratore delegato di Fincantieri che pochi giorni prima del ballottaggio ha buttato nei piedi del governo la rivolta degli operai di Castellammare e di Sestri. Dopo aver annunciato il licenziamento di 2.500 dipendenti il manager calabrese ha ritirato il piano industriale ("duro ma necessario") sperando di esorcizzare le tensioni.

Il gesto compiuto venerdì scorso davanti a Paolo Romani, il ministro ex-Opus Dei, e ai sindacati, non allontana le voci che danno per finita l'esperienza di Bono nella società intorno alla quale lavorano 27mila persone.

In queste ore il manager di Catanzaro che prima di sbarcare in Fincantieri ha costruito la sua carriera dentro il carrozzone dell'Efim e di Finmeccanica, si trova politicamente isolato. Al suo fianco negli uffici di via Genova a Trieste, sono rimaste soltanto due persone; la prima è Paola Bulgarini, una collaboratrice fedele che per la sua durezza viene chiamata in Fincantieri la "czarina"; il secondo personaggio è Giancarlo Battista, che Bono ha conosciuto in Finmeccanica nel '93 e che per molti anni ha lavorato alle relazioni esterne di piazza Monte Grappa accanto all'Etrusco Fabiano Fabiani.

Con questi due fiduciari il capo di Fincantieri sta cercando di capire le ragioni del suo declino. Un segno premonitore l'ha avuto qualche mese fa quando sei motori che avrebbero dovuto equipaggiare una nave in costruzione nello stabilimento di Marghera, sono finiti in mare a circa cinque miglia al largo di Malamocco.

L'incidente suonò come un auspicio iettatorio per il piccolo manager che ha legato gli ultimi anni al sogno di creare Finmeccanica2, una grande holding che riunisse le industrie operanti nel settore civile. Questo progetto fu presentato in tutte le sedi politiche con l'idea di una quotazione in Borsa e soprattutto come l'intenzione di una grande rivincita nei confronti del comandante supremo Guarguaglini che non l'ha mai digerito.

D'altra parte anche gli uscieri di Finmeccanica ricordano che quando Bono lasciò la poltrona di Finmeccanica se ne andò malvolentieri e sibilò tra i denti: "prima o poi qui ci torno!". Non più tardi di domenica scorsa Massimo Mucchetti ha scritto una dura requisitoria sull'inefficienza di Fincantieri che si deve misurare con le difficoltà di un mercato in cui i competitor stranieri ricevono aiuti sostanziosi dai loro governi.

Il problema però non si può ricondurre soltanto a una boccata d'ossigeno della Cassa Depositi e Prestiti che potrebbe finanziare la costruzione di due navi. Sulle spalle della società pesano ancora l'ossessione di creare la Finmeccanica2, le inefficienze di alcuni degli 8 cantieri italiani, e il rapporto quasi esclusivo con il committente principale Carnival.

A questo punto l'alternativa è semplice: portare a casa un grande contratto oppure fare le valige. Per quanto riguarda la prima ipotesi Bono sta lavorando da un anno in Brasile per acquisire la commessa di 4 fregate militari da 12 miliardi. Nonostante i buoni uffici di Giuseppe Lavitola, l'editore dell'"Avanti" che è entrato nella faccenda dell'appartamento di Montecarlo, fino ad oggi il megacontratto non è stato firmato e in Fincantieri temono che ad aggiudicarselo siano le aziende francesi.

Se questo avverrà per il manager calabrese non resterà che alzare i tacchi e lasciare la sua poltrona a un manager di Finmeccanica che il tandem Guarguaglini-Orsi ha già individuato.

3 - BERNABé "PER TIRARE A CAMPARE" HA DAVVERO L'INTENZIONE DI METTERE IN PIEDI UNA CORAZZATA TELEVISIVA INSIEME ALL'AVVERSARIO STORICO DI BERLUSCONI CHE VUOLE SOPRAVVIVERE FINO AL 2013?
Gli uscieri di TelecomItalia sono particolarmente eccitati.
Ieri sera quando hanno sentito dalla bocca di Enrichetto Mentana che la trattativa per portare dentro "La7" il "terrore" di Berlusconi, Michele Santoro, è sul punto di chiudersi, si sono affollati davanti alla stanza 615 dove lavora Giovanni Stella, l'amministratore delegato di TelecomItalia Media che dentro e fuori il palazzo è chiamato "il canaro".

Di questo manager dalla barba rossiccia gli uscieri sanno tutto e lo hanno applaudito già nel settembre dell'anno scorso quando definì "La7" "una tv di fighetti". È l'uomo dei conti, quello che ha tagliato i contratti alla sapientina Daria Bignardi, e che sabato in un'intervista al quotidiano "Il Fatto" ha spalancato le porte alle star che il Cavaliere considera comuniste.

Agli uscieri non sfugge che l'operazione ha una valenza industriale, finanziaria e politica di grande portata. Il valore del 40% di TelecomItalia Media in mano a Telecom è stimato intorno ai 300, una piccola iniezione di liquidità che può contribuire a far respirare il bilancio di Franchino Bernabè.

Ciò che più conta è comunque la valenza politica dell'operazione che potrebbe dar vita al famoso terzo polo televisivo, e qui gli uscieri hanno colto il rumore di fondo che ai piani alti di Corso Italia si è cominciato a sentire dopo le dichiarazioni del barbuto Stella sul possibile arrivo del socio Carletto De Benedetti. E tutto fa pensare che sia scoppiato un acceso dibattito tra il "canaro" un po' narciso e il manager di Vipiteno più composto e prudente.

I più anziani degli uscieri, quelli che conoscono lo stile di Franchino, si chiedono se il capo di Telecom "per tirare a campare" abbia davvero l'intenzione di mettere in piedi una corazzata televisiva insieme all'avversario storico di Berlusconi.

La domanda di fondo è questa: Bernabè ha spalle così robuste per sfidare l'inevitabile ira del Cavaliere che vuole sopravvivere fino al 2013?, e quali saranno le reazioni del governo quando il manager di Vipiteno dopo aver ingaggiato i "comunisti", dovrà sedersi ai tavoli ministeriali per discutere della rete, delle regole e dei tanti problemi che possono risollevare i conti della sua azienda?

Belle domande che forse spiegano la nota diffusa ieri dal "canaro" Stella dove si leggeva testualmente che "possibili operazioni straordinarie riguardanti TelecomItalia Media sono mere ipotesi di lavoro".

4 - MI PORTI L' INTELLIGENCE A FIRENZE
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che giovedì 16 giugno a Firenze si parlerà di intelligence.
L'iniziativa è promossa dalla fondazione Cesifin Alberto Predieri (lo scomparso giurista liquidatore dell'Efim) e avrà come tema centrale "Intelligence economica. Il ciclo dell'informazione nell'era della globalizzazione". Lo spunto è dato dal libro uscito poco tempo fa a cura di Paolo Savona e del generale Carlo Jean, e al tavolo è stato invitato anche l'ex-capo della Polizia e attuale direttore dei Servizi, Gianni De Gennaro".

 


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