Elisa Battistini per Il Fatto
nanni balestrini"Non è esproprio proletario ma recupero crediti". Nanni Balestrini, scrittore, tra i fondatori di Potere operaio, membro del Gruppo 63 e autore di ''Vogliamo tutto'', 1971, guarda con interesse il sacco di Aiazzone. Oltre duecento persone munite di auto e tir, andate a prendersi cucine, divani, letti. Non perché ne avessero bisogno urgente. Ma perché clienti che non avrebbero mai ricevuto i mobili ordinati o dipendenti senza stipendio da mesi o creditori che mai avrebbero rivisto i soldi dopo il crac del marchio.
"L'esproprio proletario era un'appropriazione di merci da parte di persone che pensavano di averne diritto e non perché le avevano pagate e poi non ricevute. Ma perché si pensava a ciò che doveva e poteva essere messo in comune. Come il cibo".
Un esempio tipico?
Si entrava in un grande magazzino, si bloccavano le casse, si prendevano i carrelli, si riempivano. I proprietari mettevano in conto di non avvertire le forze del'ordine e di avere qualche passivo a fine mese, anche perché poteva capitare di peggio. Ma si pensava diffusamente che anche il sapere fosse un bene comune. E si rubava nelle librerie.
A Bergamo, invece, cos'è successo?
Si è materializzata una class action. Che però è il trionfo del privato che si vendica su un altro privato. In Italia la giustizia ci mette un'eternità a risarcire il maltorto. Chi fallisce spesso non paga, i lavoratori restano senza stipendio. Allora la gente si è organizzata ed è andata a prendersi qualcosa di quel che gli spettava. Può diventare un manifesto! Per questo l'azione non doveva essere fermata, ma agevolata dalle forze dell'ordine. Se uno ha pagato un mobile che non riceve è giusto che lo voglia! Ma non si tratta del nuovo esproprio proletario, quanto di una forma di giustizia tra privati di cui uno ha truffato l'altro... ma certo, con il crac Parmalat non sarebbero bastati latte e formaggi...
Perché oggi, con un quarto di Italiani a rischio povertà, nessuno pratica l'esproprio?
La gente è più povera di 40 anni fa ma non è unita da niente. L'idea di avere diritto a qualcosa è un ragionamento politico, frutto di un'organizzazione. E mancano sia l'uno che l'altra. Allora restano le azioni individuali. O, come in questo caso, collettive. Ma comunque non come affermazione di un diritto, ma come risarcimento. Però la vicenda di Aiazzone è degna di interesse perché centinaia di persone si sono messe d'accordo. È così che si inizia.
Il bene comune, i diritti, però sono un'altra cosa...
Infatti domenica vado a votare per l'acqua pubblica. Ma se ci fosse un referendum sul sacco di Aiazzone, penso che ci sarebbe un altissimo consenso popolare.