Stefano Zurlo per "il Giornale"
SAVERIO BORRELLIUna battuta che aveva gelato la platea raccolta in una libreria milanese. Una battuta che molti avevano preso sul serio. «Se fossimo in Giappone- aveva detto Francesco Saverio Borrelli- mi scuserei per il disastro seguito a Mani pulite. Non valeva la pena buttare all'aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale». Peccato che si trattasse di un'unghiata venata di ironia e amarezza. Il procuratore della Repubblica che smantellò la Prima Repubblica non cambia. E lo conferma con un'intervista al Giorno: «La mia era, ovviamente, una battuta. Non devo chiedere scusa a nessuno per aver fatto il mio dovere di magistrato».
Anzi, il pm che ha segnato un tratto della storia italiana si lancia in un ragionamento che pare più da sociologo o da studioso che da giudice: «La differenza fondamentale è che, allora, chi era colto con le mani nel sacco si vergognava. Oggi non si sa cosa sia la vergogna». Allora, naturalmente, vuol dire nel triennio 1992-1994, quando il Pool di Antonio Di Pietro diede scacco matto alla Democrazia cristiana, al Partito socialista, ai loro alleati laici e di fatto mandò al macero la nomenklatura della Prima Repubblica.
borrelli boccassiniInevitabilmente la guerra alla corruzione, alla concussione, al finanziamento illecito diventò un attacco al sistema; la persecuzione dei singoli reati si tramutò nell'azzeramento di un ceto politico e per qualche tempo le sorti dell'Italia furono nelle mani di una pattuglia di magistrati, venerati dall'opinione pubblica.
Accadde e col senno del poi quella stagione, apparentemente esaltante, è stata riletta e reinterpretata attraverso lo specchietto retrovisore della critica. Ci furono eccessi e generalizzazioni. Dunque, colpisce che quasi vent'anni dopo, Borrelli, ormai pensionato, si sbilanci ancora con giudizi che mescolano pericolosamente il codice e la morale, col risultato di bollare un'epoca, la nostra, e marchiare col fuoco del disprezzo la Seconda Repubblica.
borrelliPer carità, quelle di Borrelli sono parole sintetiche, poche frasi dopo un lungo silenzio. In più, come ex non più in servizio il magistrato ha tutto il diritto di entrare nelle vicende della cronaca. Ma il Borrelli pensiero fa comunque una certa impressione: siamo ancora dalle parti del «resistere, resistere, resistere», ovvero al fortunato slogan che il procuratore coniò nel 2002 e che è diventato il manifesto della magistratura con la ramazza in mano.
La magistratura che non combatte gli illeciti ma il male, la magistratura che vuole rifondare il Paese, la magistratura che svolge un compito, come si dice in questi casi, di supplenza. È la magistratura che diventa la stampella principale per le istituzioni, come la procura guidata da Borrelli fu per un certo periodo il bastone cui si appoggiò anche il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
BORRELLIÈ la magistratura che svolge un ruolo di interdizione, è la magistratura che dà disco rosso al Parlamento e si mette di traverso alle iniziative legislative. Sono trascorsi quasi vent'anni da quel 17 febbraio 1992 in cui fu scritto l'incipit di Mani pulite con l'arresto, nel suo ufficio alla Baggina, di Mario Chiesa e per certi aspetti l'Italia non è mai uscita da quell'emergenza. O meglio, allora iniziò una lunga transizione istituzionale che non si è ancora conclusa.
Certo, il ragionamento di Borrelli sembra ancora rispondere a quella logica, la logica in cui la magistratura non toglieva solo le mele marce dal cesto ma decideva con un avviso di garanzia la sopravvivenza o il crollo di una carriera.
dmcrzrp38 antonio dipietroCarica morale e grande popolarità: un mix che portò il Pool a duellare con i politici, a lanciare proclami in tv, a condizionare i governi. Oggi Borrelli sembra ancora legato a quell'immagine. A quella cartolina del rito ambrosiano. Certo,l'ex kaiser di Mani pulite, personaggio di grande sottigliezza, specifica che la sua «non era un'analisi politica, né sociologica ». E aggiunge che la sua «angolazione»non è quella della politica che, evidentemente, spetta ad altri. Parole sacrosante che però non modificano il suo spartito. E la sua riproposizione della realtà: la città della legge contro la città dell'illegalità.
GHERARDO COLOMBONell'intervista al Giorno Borrelli prova a disinnescare una critica che lo accompagna da sempre: quella di aver indagato a senso unico, sempre sul versante dei moderati, graziando la sinistra. «Io- è la sua replica - so solo che nelle nostre indagini entrarono anche personaggi appartenenti alla sinistra, penso al caso delle tangenti per la metropolitana milanese ». È una questione controversa che si trascina da anni. Borrelli, intanto, non rinuncia a ribattezzare la città nell'acquasantiera della legalità.