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RUBY TI HA RUBATO IL VOTO - ALLA FACCIA DI TUTTE LE ANALISI PRE-ELETTORALI, LO SCANDALO DEL BUNGA BUNGA HA AVUTO UN IMPATTO CLAMOROSO SULLE URNE: SI È CERCATO DI DIFENDERE L’INDIFENDIBILE, MA LA GENTE COMUNE SE N’È FREGATA DI MONTESQUIEU, TOCQUEVILLE ECCETERA, E HA PENSATO CHE LE FESTE DI ARCORE ERANO UNA COSA INDECENTE, CHE LE MISTERIOSE CARRIERE DI CERTE RAGAZZE E I GENEROSI BONIFICI IN TEMPO DI CRISI, ERANO TUTTE COSE CHE FACEVANO GIRARE LE BALLE…

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Michele Brambilla per "La Stampa"

Bocassini Berlusconi Ruby

Non è caduta solo Milano, e proprio per questo appariva grottesco, ieri pomeriggio, sentir riproporre in tv la tesi di Letizia Moratti «candidata debole».

Tanto debole che «io l'avevo detto che con lei si perdeva» e che «si doveva puntare su un ritorno di Albertini, o su Lupi». Non si sa se per cecità o per accondiscenza verso il capo, ci si ostinava a non capire che ben altro era il problema; ci si ostinava a non vedere la valanga che ha travolto il centrodestra in tutto il Nord.

Anzi, in tutto il Paese, visto che anche a Napoli e a Cagliari i risultati sono quelli che sappiamo. Ma il disastro al Nord colpisce particolarmente, perché il Nord era la fortezza, il serbatoio di voti. Era la patria di una rivoluzione epocale e liberale contro lo statalismo, la vecchia politica, le tasse: la terra di un popolo che aveva riposto in Berlusconi e Bossi le proprie speranze di rinnovamento.

Dopo 18 anni è caduta Milano, e fino a quindici giorni fa non l'avrebbe detto quasi nessuno: ma chi parla di Moratti «candidata debole» non vede o non vuol vedere che il centrodestra al Nord ha perso ovunque, dai confini con la Francia a quelli con la Slovenia. Ha sorprendentemente perso nella leghista Novara, ha perso a Domodossola, ha perso a Mantova e a Pavia, ha perso perfino a Gallarate e perfino ad Arcore, ha perso a Cassano d'Adda Nerviano Pioltello Rho San Giuliano Milanese Malnate Desio e Limbiate, e poi la sconfitta è arrivata fino a Trieste, a Pordenone, a Monfalcone, a Chioggia.

berlusconi ruby

Che fine ha fatto il vento del Nord? Fino a qualche mese fa il Nord era una specie di incubo per la sinistra, la quale pensava: anche se vincessimo le elezioni politiche, dovremmo governare contro la parte più produttiva del Paese, che ci sarà avversa. Scegliendo come slogan «il vento cambia davvero», Giuliano Pisapia ha evidentemente colto nel segno. Il vento del Nord non soffia più verso destra.

Perché? Analisti del voto, sociologi ed economisti hanno - in parte già risposto dopo l'evidente segnale del primo turno. Hanno spiegato che gli imprenditori del Nord sono stanchi di promesse non mantenute. La crisi è sempre forte e non si vedono, dal governo, segnali di aiuti per le piccole e medie imprese - che sono la spina dorsale del Nord - non si vedono detassazioni, incentivi, progetti.

Tutto questo è vero ma non basta a spiegare il crollo della fiducia in Berlusconi e in Bossi. Il Nord non è popolato solo da piccoli e medi imprenditori: i quali, anzi, da un punto di vista numerico costituiscono ovviamente solo una piccola parte dell'elettorato. C'è anche tanta gente comune - lavoratori dipendenti, casalinghe, giovani - che va a votare e che questa volta ha votato diversamente dalle scorse elezioni.

ruby berlusconi

Che cosa è dunque successo? Adesso che le urne sono chiuse, gli istituti di sondaggio potranno rendere pubblici i dati già raccolti nelle ultime due settimane. E si vedrà che il dato più rilevante è il crollo nella fiducia in Berlusconi. La gente del Nord non gli crede più come un tempo. Promesse non mantenute, certo. La crisi, certo. Ma c'è sicuramente anche dell'altro.

Stupisce, ad esempio, che nelle analisi di ieri nessuno abbia riflettuto sull'impatto del caso Ruby. Quando è esploso lo scandalo, la destra ha provato a organizzare una difesa culturale cercando di volare alto, scomodando i maestri del pensiero liberale e perfino la tradizione cattolica - opposta al puritanesimo protestante - per spiegare che in una vera democrazia non si giudicano i governanti per i loro vizi privati, dei quali essi rispondono semmai al confessore, ma mai al Parlamento e tantomeno agli elettori.

Berlusconi Ruby

Si è cercato di difendere l'indifendibile, ma il buon senso di tanta gente comune se n'è fregata di Montesquieu, Tocqueville eccetera, e ha pensato che le feste di Arcore erano una cosa indecente, tanto più indecente se a farle è un signore che deve rappresentare il governo. Ha pensato che le arcorine e le olgettine, i Lele Mora e i bunga bunga, le misteriose carriere di certe ragazze e i generosi bonifici in tempo di crisi, insomma erano tutte cose che facevano maledettamente girare le scatole.

Chi sottovaluta l'impatto del caso Ruby su questo voto sottovaluta un sentimento popolare che esiste, e che non c'entra nulla con il puritanesimo giacobino invocato per difendere Berlusconi. La cui credibilità ha subìto un durissimo colpo proprio in quei giorni di gioielli regalati, di patetici sms e di ancor più patetiche intercettazioni, di telefonate in questura e di bugie sulle nipoti di illustri presidenti stranieri.

Nicole Minetti al suo seggio in Regione Lombardia

Un altro fattore che può aver inciso sul crollo nella credibilità di Berlusconi è in un certo senso parente stretto del precedente. Riguarda infatti le frequentazioni del Berlusconi degli ultimi tempi. Riguarda la corte che si è scelto, i collaboratori cui si è affidato e il loro stile. Ieri Vendola, in piazza Duomo a Milano, ha citato questa come prima motivazione del voto di ieri. Ha detto che la gente ha trovato «sgradevole» la volgarità e la violenza di certe invettive, di certe campagna di stampa; «sgradevole» l'incultura, la rozzezza, il basso livello di personaggi diventati all'improvviso - per meriti a volte sconosciuti, a volte fin troppo conosciuti opinion leader, parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali.

Caricatura-Silvio-Berlusconi-e-Nicole-Minetti-

Non è un dato politico: è un dato antropologico. Che però è diventato inevitabilmente politico, provocando un moto di ribellione non tanto negli elettori di sinistra - che Berlusconi non lo votavano neanche prima - quanto in quelli che hanno sempre votato centrodestra, e che vorrebbero un centrodestra di ben diverso livello, senza urlatori e urlatrici. La virulenta campagna elettorale di Milano - contro i magistrati brigatisti, contro il candidato «amico dei terroristi» e «alleato di Al Qaeda», contro gli zingari, gli immigrati musulmani, gli omosessuali non è figlia del caso, ma di un andazzo partito almeno un paio di anni fa.

fede mora b

Se Berlusconi non capisce che non basta più affidarsi a chi sa parlare alla «pancia» del Nord, il suo declino sarà rapidissimo. La gente del Nord è meno «beota» (per usare il linguaggio di certa propaganda) di quanto pensino gli imbarazzanti maître à penser che il Cavaliere si è scelto in questi ultimi anni. Anni in cui si sono usati spesso i media come si usa il manganello, agitando fantasmi scomparsi da un pezzo (a furia di parlare di bandiere rosse, ieri le bandiere rosse sono ricomparse davvero) in un clima cupo da fine impero.

POSTER PISAPIA FORMA DI CUORE

E poi c'è la Lega. Anche se ora minaccia di presentare a Berlusconi il conto della sconfitta, la Lega ha perso quanto ha perso il Pdl. E ha perso per lo stesso motivo: perché molti dei suoi elettori non gli credono più. Per motivi diversi rispetto a quelli di Berlusconi, ma non gli credono più.

PISAPIA duo resize

Sono anni che i leader leghisti (basta aver assistito a qualche loro comizio o adunata, per saperlo) parlano al popolo padano come se fossero leader di un partito d'opposizione. Gridano che in Italia ci sono troppe tasse, che non si fa niente per la piccola e media impresa, che c'è un'invasione di immigrati, che «la nostra gente» perde il posto di lavoro. A lungo, il popolo padano ha applaudito. Fino a quando qualcuno ha cominciato a chiedersi: ma questi che denunciano tante storture non sono forse al governo?

Il voto di ieri ci dice che un certo linguaggio e un certo stile non pagano più, come non paga più una corte che ha, per Berlusconi, l'unico pregio dell'obbedienza pronta, cieca e assoluta.

 


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