Paolo Conti per il "Corriere della Sera"
BIAGIO AGNES GUIDO PAGLIA A PIAZZA DI SIENA MAGGIO 2011Per fotografare certi caratteri forti, basta un clic. Un episodio. Nel 1987 Pippo Baudo lascia la Rai dopo la lite sulla tv nazional-popolare con l'allora presidente socialista Enrico Manca. Firma con Mediaset un contratto da cinquanta miliardi in cinque anni come direttore artistico. Dodici mesi dopo, l'idillio con l'universo berlusconiano è in frantumi e Baudo lascia il Biscione pagando una clamorosa penale. Restando senza lavoro. Biagio Agnes, direttore generale della Rai, è irremovibile.
Vuol dare l'esempio a chi aveva tradito la Patria di viale Mazzini. Mesi di silenzio, terribili per Pippo. Poi arriva il 2 novembre. Baudo lo racconta da anni: «Agnes andò a Serino a portare i fiori sulla tomba dei genitori. Una vecchia lo apostrofò: ssì tù Agnèss, il padrone della Rai? E allora fai tornare a' Baudo, sinnò tù muori!» E la mattina del 3 novembre, dopo l'alba, il telefono di Pippo squillò... L'Agnes televisivo era questo. Intuizione, politica ma soprattutto aziendale. Caratterialità.
quelli-della-notteCapacità di riconoscere le doti al riparo dalle ideologie. Allergia agli schemi. E' morto ieri mattina alle 7 nel sonno, avrebbe compiuto 83 anni a luglio, ma è stato vitale fino all'ultimo. Domenica a pranzo era con la moglie Rosella e la figlia Simona in un palco al Concorso Ippico di piazza di Siena a Roma, aveva discusso con amici (Guido Paglia) della Rai e della condanna dell'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio.
Un «boiardo» («scriva, scriva pure così, tanto non m'offendo» ) membro di quel club esclusivo e longevo (Ettore Bernabei e pochi altri) di grandi dirigenti di aziende statali nominati in quota politica. La sua quota era la Democrazia Cristiana di rito avellinese, ovvero Ciriaco de Mita. La sua biografia contempla la presidenza della Stet dal 1990 al 1997 («mi cacciò Romano Prodi» ) e un'avventura a Telemontecarlo con Vittorio Cecchi Gori, miscela umana incendiaria che infatti esplose subito.
Ma dire Agnes, per arrivare all'Italia televisiva di oggi, significa soprattutto dire Rai. E Raitre. Paolo Ruffini, Fabio Fazio, Serena Dandini, Giovanni Floris, Milena Gabanelli non avrebbero la «loro» Terza Rete se Agnes da direttore generale dal luglio 1982 al febbraio 1990, nel marzo 1987 (come raccontano Angelo Guglielmi e Stefano Balassone in «Senza Rete» , Lemuri editore) non avesse invitato a cena in un ristorante romano il presidente socialista della Rai, Enrico Manca, e il giovane Walter Veltroni.
SANTORO A SAMARCANDASi intrecciarono mille interessi: Agnes sapeva che il Psi di Craxi spalleggiava la Finivest di Berlusconi e in Parlamento non si sarebbe speso per aumentare il canone, a sua volta il Psi doveva chiudere conti a sinistra, il Pci premeva per ottenere spazio e sosteneva a spada tratta il servizio pubblico, canone incluso, in Aula. Perfetto. Nacque Raitre, che allora navigava sull' 1-2%. L'idea dell'intesa col Pci fu di Agnes che rivendicò sempre tattica e strategia: «La nostra lottizzazione funzionava così, ci facevamo dare due o tre nomi dai partiti e noi sceglievamo il migliore.
BAUDO E BANFI A FANTASTICOGuglielmi a Raitre lo scelsi io, Curzi al Tg3... Schierati? Sì, ma avevano una bella testa e la sapevano usare molto, molto bene. E s'è visto...» Consociativismo? Fatto sta che Agnes varò, da un porto Dc, la rete più creativa e più «a sinistra» della storia italiana: la tv-inchiesta, la tv-verità. Ma non tradì mai l'amore per il grande, rassicurante show in prima serata su Raiuno. Un archetipo: «Fantastico» . Indimenticato quello con Adriano Celentano. Aveva un'idea inclusiva e maiuscola della tv pubblica. Ideò Saxa Rubra, città-prigione televisiva, e oggi si allestirà lì la sua camera ardente. Nei commenti dei grandi vecchi, la memoria stavolta non gioca scherzi nostalgici.
Biagio AgnesRenzo Arbore: «Ho sempre ritenuto che buona parte della bellezza della Rai d'autore è dovuta alla sua impostazione» . Adriano Celentano: «Il più bravo direttore generale della Rai, il più geniale e il più coraggioso e molte tra le cose migliori della Rai sono state ideate da lui, coniugando sempre qualità e crescita culturale del Paese» .
BIAGIO AGNESResse allo shopping di divi da parte di Fininvest (Baudo, la Carrà) ma condusse comunque alla vittoria una Rai anche innovativa (proprio Arbore con «Quelli della notte» e «Indietro tutta» , «Samarcanda» con Michele Santoro, «Telefono giallo» e «Un giorno in pretura» ) capace di gareggiare con la concorrenza berlusconiana variegando i generi delle proprie reti. Un regista del palinsesto.
k roma juve 21 agnes biagioCerto, un boiardo titolare di una clamorosa pensione pubblica. Ma la Rai, non fosse esistito Agnes, oggi sarebbe ben altro. Adesso lo riconoscono tutti. Dal comunista Oliviero Diliberto e dal post-comunista D'Alema approdando a Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Un bel primato, nell'Italia spaccata che tutti conosciamo. Addio a Biagio Agnes, padre padrone che comandava con antico orgoglio irpino. Ma con una visione, forse inconsapevolmente, ben più contemporanea e vispa di tanti baldi giovani «creativi» Rai 2011.