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CROLLA IL “MONDO” SULLA TESTA DI BINI SMAGHI - IL DIRETTORE DEL SETTIMANALE ECONOMICO DI RCS, ROMAGNA MANOJA, BACCHETTA IL MEMBRO ITALIANO DELLA BCE CHE COME UN VILLARI QUALSIASI IN VIGILANZA RAI, VENDE CARA LA PELLE DOPO LA NOMINA DI SUPERMARIO: “DIMOSTRA DI NON AVER CAPITO LA PORTATA DELL’INSPERATO SUCCESSO DI AVER PORTATO DRAGHI SULLA POLTRONA DI TRICHET O, PEGGIO, FA PENSARE CHE STIA ALZANDO LA POSTA AFFINCHÉ GLI VENGA OFFERTO UN INCARICO DI RANGO IN ITALIA” (LA XSECONDA CHE HAI DETTO!)…

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Enrico Romagna-Manoja per "Il Mondo"

Bini Smaghi

Ma chi glielo ho fatto fare a Lorenzo Bini Smaghi di mettere a repentaglio tutta la credibilità acquisita nei sei anni passati nel board della Banca centrale europea? La sua infelice uscita («il mio mandato scade nel 2013 e ho in programma di continuare») nelle ore in cui l'Italia portava a casa il risultato, quasi incredibile, della designazione di Mario Draghi alla presidenza della Bce in sostituzione di Jean-Claude Trichet è davvero sorprendente.

Trichet

Intanto perché ha tutta l'aria di nascondere un sottile ricatto: me ne andrò solo dopo aver valutato cosa mi verrà offerto per convincermi a dimettermi (il posto di governatore della Banca d'Italia o quello di direttore generale?); in secondo luogo perché contrasta con quello che dovrebbe essere il ruolo di civil servant tipico di chi è cresciuto a Via Nazionale; infine perché butta alle ortiche l'eccezionale salto di qualità che Bini Smaghi fece nel 2005 quando, dopo aver lavorato all'Ime, l'embrione dal quale nacque la Bce, da direttore delle relazioni internazionali del ministero dell'Economia Domenico Siniscalco lo propose nel ruolo fino ad allora ricoperto da Tommaso Padoa-Schioppa e al quale tanti suoi colleghi a Palazzo Koch avrebbero potuto ambire.

draghi trichet

È del tutto evidente che la designazione di Draghi alla presidenza della Bce rende impossibile la permanenza di un altro italiano nel board della banca centrale europea anche se, dal punto di vista strettamente giuridico, non c'è alcun obbligo (né alcun precedente) che induca Bini Smaghi a lasciare il suo incarico. Ma qui non è di statuto, di regole o di consuetudini che si sta parlando bensì di semplice buon senso o, se vogliamo, di realpolitik.

MARIO DRAGHI

Aver costretto con il suo atteggiamento il ministro delle Finanze francese (e probabile prossimo direttore generale del Fondo monetario internazionale) Christine Lagarde a invitarlo a «lasciare elegantemente il suo posto alla Francia» e quello olandese a dire che «se un italiano diventa presidente della Bce e la Francia è un Paese con la tripla A, è ragionevole che un altro italiano faccia spazio a un francese» è stato uno spettacolo a dir poco avvilente. Bini Smaghi ha tutte le ragioni del mondo quando ricorda che i membri del consiglio direttivo della Bce sono inamovibili e non possono essere rimossi dal loro incarico o dimettersi se non per gravi motivi o per fatti connessi con l'indipendenza e la credibilità del sistema delle banche centrali; e quando sostiene che nessuno prima di lui ha lasciato anticipatamente il suo posto a Francoforte.

yds08 domenico siniscalco toast

Ma far trapelare queste posizioni non fa che aggravare la posizione di Bini Smaghi perché dimostra di non aver capito la portata dell'insperato successo di aver portato Draghi sulla poltrona di Trichet in un momento così difficile per la tenuta dell'euro e per la sostenibilità del debito sovrano di molti Paesi del Vecchio continente.

FABRIZIO SACCOMANNI

O, peggio, fa pensare che stia alzando la posta affinché gli venga offerto un incarico di rango in Italia, magari a scapito di Fabrizio Saccomanni o di Ignazio Visco che molti vedono in pole position come ticket per il dopo-Draghi a Via Nazionale. Dispiace dirlo, ma l'atteggiamento di Bini Smaghi ricorda un po' quello di Riccardo Villari, da pochi giorni neosottosegretario ai Beni culturali del governo Berlusconi ma fino a qualche tempo fa senatore del Pd.

Quando il centrodestra lo elesse nel 2008 presidente della Commissione di vigilanza parlamentare sulla Rai, pur essendo lui un rappresentante dell'opposizione, si rifiutò ostinatamente di dimettersi nonostante la richiesta del suo partito, facendo appello a norme, regolamenti e prassi.

RICCARDO VILLARI IGNAZIO VISCO BANKITALIA

Il suo atteggiamento mise in grave imbarazzo perfino i presidenti di Camera e Senato costringendo i commissari di maggioranza e di opposizione a dimettersi in massa (una cosa mai vista prima) per indurlo a lasciare la sua poltrona. Bini Smaghi, per la sua storia e per la sua professionalità, non è certo Riccardo Villari. Ma quel diavoletto che gli ha consigliato di mettersi di traverso nella sistemazione della faticosa partita della successione di Trichet alla Bce sta mettendo a repentaglio il suo futuro. Meglio un beau geste subito e senza contropartite.

 


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