1- DAGOCANNES
Vabbe'. I vecchietti di Moretti possono andare all'ospizio, "This Must Be The Place" di Paolo Sorrentino è il film più assurdo, divertente e di culto visto a Cannes. Sean Penn, tutto vestito di nero, truccato a metà tra Renato Zero e il Cipolla, dovrebbere vincere il premio del miglior attore a mani basse. Il suo Cheyenne, glam rockstar depressa che vive con moglie superattiva Frances NcDormand (meglio di qualsiasi Finocchiaro, è gia' nella leggenda.
Nella prima parte, la più divertente siamo in Irlanda, dove Cheyenne vive con la moglie e un cane dopo aver smesso di cantare. Nella seconda si sposta in America per la morte del padre e si mette alla ricerca dell'aguzzino nazista che il padre, sopravvissuto all'Olocausto, aveva cercato tutta la vita. Più che la storia sono le battute sul rock e sulla vita del personaggio di Cheyenne che rendono il film qualcosa di diverso rispetto da quello che si è visto finora a Cannes.
Ultima parte con qualche wendersata di troppo, qualche simbologismo facile, ma in generale un gran film. Pieno di ironia. Astenersi se non conoscete gli Archive Fire.
Applausi tiepidi. Nessun fischio. La seconda parte un po' trombona.
2- THIS MUST BE THE FILM!
Michele Anselmi per "il Secolo XIX"
E in sottofinale, oggi, tocca a "This Must Be the Place". L'esperienza insegna che i film proiettati nell'ultimo scorcio dei festival spesso risultano favoriti nei gusti delle giurie. Incrociamo le dita. Di certo si respira un'aria di calda attesa per il film di Paolo Sorrentino. Girato in inglese, tra Dublino, New York, Michigan e New Mexico, protagonista Sean Penn.
L'avrete visto nelle foto. Fa Cheyenne, un ex cantante, ritagliato sul modello di Rob Smith dei Cure, dall'aspetto piuttosto ridicolo: cotonatura nera simil punk, occhi bistrati, fondotinta biancastro, rossetto sulla bocca, abbigliamento total black, inclusi gli anfibi.
this must be the place sean penn paolo sorrentino ddtvCerto una sfida per il cineasta napoletano, classe 1970, non fosse altro perché il "road movie", sia pure wendersianamente rivisto, è un genere rischioso. D'altro canto Sorrentino è un habitué di Cannes, almeno quanto il rivale Nanni Moretti. Nel 2004 portò "Le conseguenze dell'amore", nel 2006 "L'amico di famiglia", nel 2008 "Il Divo". Ora tocca a questo nuovo film, il cui titolo è preso da una canzone dei Talking Heads, e certo non è un caso che l'ex leader David Byrne firmi la colonna sonora e reciti nel ruolo di se stesso.
SEAN PENN FRANCES MCDORMAND THIS MUST BE THE PLACE"Il bello del titolo è che si può adattare a molte circostanze" ironizza il regista. Cannes è il posto giusto dove andare per uno come lui. Non per niente tutto partì proprio da lì, tre anni fa, quando Sean Penn, presidente della giuria, gli chiese di tenerlo presente per un prossimo film. Detto fatto.
Costato 28 milioni di dollari, "This Must Be the Place" è un film sostanzialmente italiano, per il 70 per cento prodotto da Indigo, Lucky Red e Medusa con la partecipazione di Banca Intesa San Paolo, il resto viene da capitali francesi e irlandesi. Italiani sono il regista, il co-sceneggiatore Umberto Contarello, il direttore della fotografia Luca Bigazzi, la scenografa Stefania Cella. E vale la pena di ricordare che i produttori non chiedono nemmeno un soldo allo Stato, rivendicano solo il bollino di interesse nazionale culturale.
"Il mio in bocca al lupo più convinto a Paolo" dice al telefono Carlo Verdone. Impegnato nella preparazione di "Posti in piedi in Paradiso", il comico ha una passione per il collega. "Sorrentino custodisce un linguaggio estremamente personale, è visionario e realista insieme. Che belle certe atmosfere torbide in bilico tra solitudine e mostruosità', le sue sono immagini che parlano anche nel silenzio. Sa scegliere le facce come pochi. Grottesco e tragedia. È il regista che mancava all'Italia". Complimenti rari nel mondo del cinema italiano, anche se, a onor del vero, nell'ideale sfida estetica tra Sorrentino e Moretti non tutti stanno col primo, anzi.
paolo sorrentinoDi sicuro incuriosisce che entrambi abbiano scelto protagonisti stranieri. Se Michel Piccoli giganteggia in "Habemus Papam" nel ruolo del pontefice dubbioso, il cinquantenne Sean Penn attraversa "This Must Be the Place" nei panni di una patetica ex rock-star decisa a punire il tedesco che angariò il padre ebreo tanti anni prima. Ci sarà tanta musica - Arvo Pärt, Herman Düne, Will Oldham, Achim Reichel... - ma non pensate a un film su un divo a pezzi.
francesmcdormandParola del regista: "La storia nasce da una mia curiosità verso i nascondigli dei nazisti, una cosa che non ha nulla a vedere con la mia storia personale". La caccia all'uomo come spunto per parlare anche d'altro: di radici e cultura europee, di un viaggio alla riscoperta di se stesso, di una vendetta che potrebbe convertirsi in riconciliazione.
Il film itinerante sfodera attori del calibro di Frances McDormand, Harry Dean Stanton, Judd Hirsch. Ci sarà anche Eve Hewson, figlia di Bono degli U2. Si parte dalla Dublino grigia e piovosa nella quale Cheyenne s'è ritirato a vivere con la moglie. Appesantito, reso lento da un passato di droghe e alcol, l'uomo conduce un'esistenza da precoce pensionato.
Finché non riceve una telefonata da New York. Il padre sta morendo. Tutto si rimette in moto. Spiega Sorrentino: "Il film si muove su tre binari. L'ironia sul personaggio di Sean Penn, il mancato rapporto tra padre e figlio, il tema dell'Olocausto. Tuttavia, a differenza dei miei film precedenti, e nonostante l'argomento, non c'è mistero stavolta: semmai una sorta di gioia". Dobbiamo credergli?