Ettore Livini per "Affari & Finanza - la Repubblica"
IL CRAC DELLA GRECIALa Grecia, messa in ginocchio da 325 miliardi di debito, ha calato sul piatto un jolly "pesantissimo" per provare ad evitare il crac: un piano monstre di privatizzazioni da 50 miliardi in quattro anni. La carta della disperazione, dice il tam-tam del mercato, convinto che il paese non riuscirà a mandare in porto l'operazione. In ogni caso l'ultimo treno rimasto al governo di George Papandreou per convincere Ue, Fondo Monetario e Bce che Atene fa sul serio.
Convincendoli a riaprire i cordoni della borsa e ad aggiungere un altro assegno da 60 miliardi di euro ai 110 miliardi di aiuti già garantiti un anno fa per scongiurare il rischio di default ellenico e la crisi dell'euro. L'idea di lanciare i "saldi di Stato" è stata un po' una scelta obbligata. Il piano di austerity del governo lanciato dodici mesi fa non ha dato i risultati sperati. I tagli agli stipendi, alle pensioni e ai privilegi di una pubblica amministrazione barocca e assuefatta a un alto tasso di cronica corruzione non sono bastati a puntellare i conti pubblici.
SEDE OTE TELECOML'economia è in caduta libera (-3% il pil nel 2011), le entrate dello Stato causa crisi sono inferiori al previsto e il rapporto deficit/pil a fine 2010 (10,5%) è stato ben superiore al 9,4% stimato del governo. Imporre nuovi sacrifici ai greci, con una situazione sociale già molto tesa, è quasi impossibile. E così la trojka Ue-Fmi-Bce - preso atto della situazione - ha iniziato il suo discreto pressing sul governo.
Estraendo dal cassetto una tabellina in cui si elencano le ricchezze del paese (75 miliardi di attività finanziarie, 12 di valuta,2 in azioni, 39 in titoli di aziende pubbliche quotate, 121 in realtà statali tout-court più beni immobiliari per 250 miliardi) e imponendo l'aut-aut: un piano di dismissioni rapido da 50 miliardi o il ritiro del piano di aiuti. Papandreou ha provato timidamente a puntare i piedi. Poi però è stato costretto a far di necessità virtù. E Atene ha deciso di mettere in vetrina tutti i gioielli di famiglia, con un piano di vendita supervisionato con marcatura a uomo dalla Trojka destinato a decollare in tempi brevissimi.
ote PROTESTE GRECIAL'operazione, va da sé, non è semplice. La Grecia- dove l'81% dei beni nazionali è in mano allo Stato - è riuscita a privatizzare dal 1989 ad oggi solo 29 miliardi
NEGLI ULTIMI VENTI ANNI SI È RIUSCITI A VENDERE BENI PER SOLI 29 MILIARDI DI ASSET PUBBLICI
Le resistenze sindacali e i timori per le ristrutturazioni aziendali post-privatizzazione sono altissime ma la strada - ha spiegato il ministro alle finanze George Papaconstantinou - è segnata e irreversibile.
Il governo partirà - scommette la Borsa - con le vendite più semplici. Una sorta di biglietto da visita per confermare ai mercati internazionali le buone intenzioni del paese. Nel 2011, secondo i piani del governo, verrà allungata la concessione dell'aeroporto di Atene ai tedeschi della Hotchief e finiranno sul mercato le partecipazioni nel settore ippico (ci sono forti interessi francesi) e nel florido business delle lotterie nazionali e dei casinò. I bocconi più ricchi sono però le vendite di quote nella Dei (l'Enel greca), nella Depa, l'azienda nazionale del gas e del 16% della Ote (telecomunicazioni).
PROTESTE AD ATENELe prime due, in particolare, sono partite delicatissime per i loro risvolti occupazionali e sociali. Atene, non a caso, ha già detto che cederà solo quote di minoranza mantenendo controllo e gestione dei business per non irritare il potentissimo sindacato del Genop pronto a mettersi di traverso in caso di dismissione tout court. Più lineare la strada per la Ote. In questo caso esiste già una put per cedere il 16% al partner storico Deutsche Telekom, anche se non è escluso che i tedeschi chiedano una rinegoziazione visto che il prezzo stabilito è decisamente superiore agli attuali valori di Borsa.
Nel 2012 - anno in cui Atene punta a incassare dalle privatizzazioni tra 5,5 e 7,5 miliardi - andranno all'asta le autostrade (e qui non si escludono appetiti italiani), le poste e gli acquedotti di Atene e Salonicco più una quota nella Ate Bank. In questo caso i candidati all'acquisizione sono i francesi di Veolia e di Suez, più abituati a gestire servizi di pubblica utilità in paesi complessi come la Grecia rispetto agli australiani di Macquarie.
PROTESTE AD ATENEIl problema per tutte le utility - visto dall'ottica del governo - è sempre lo stesso: come ottimizzare gli incassi riducendo al minimo le ricadute sull'occupazione. Vale per Dei, acqua, ma anche peri treni della Trainose e il gas. Papandreou vuol passare il cerino ai privati ma spera di riuscire a mettete paletti sufficienti a scongiurare piani di ristrutturazione lacrime e sangue che rischiano di lasciare in eredità pesanti conseguenze politiche peri socialisti del Pasok.
papandreouIL CATASTO ELLENICO MESSO A PUNTO DA POCO HA ANCORA BUCHI GIGANTESCHI
II grado di resistenza all'intero processo di dismissioni pubbliche, non a caso, è molto più alto nell'estabilishment politico che nel paese. Secondo un sondaggio di inizio maggio il 64% dei greci è favorevole ai saldi di Stato pur di non vedersi toccare di nuovo lo stipendio. II Parlamento invece è diviso trasversalmente. Il centrodestra di Nea Demokratia - in passato schierato sul fronte dei privatizzatori - non vuol dare una mano a Papandreou.
DEPA GASQualche membro del governo invece (specie il ministro all'ambiente Tina Birbili e quello agli interessi del cittadino Christos Papoutis) si sta esercitando in acrobatici distinguo per non perdere consensi a sinistra. Causando più di un mal di pancia alla Trojka e allo stesso premier. La partita più ricca ma anche più delicata delle svendite ateniesi è quello del patrimonio immobiliare e in terreni dello Stato. Negli ultimi dodici mesi il governo ha cercato di fare un censimento delle sue proprietà trovando una situazione da brividi.
CRISI GRECAIl catasto ellenico, messo a punto solo pochi anni fa, ha buchi neri giganteschi. Su migliaia di terreni sono in corso contenziosi con privati che ne reclamano la proprietà, spiagge e isole dell'Egeo comprese. Il boccone però è gigantesco, con stime di valore che viaggiano tra i 250 e i 350 miliardi, quanto basterebbe per cancellare dalla sera alla mattina l'intero debito nazionale. L'operazione però non è così semplice. Atene, tanto per cominciare, non vuol vendere ma solo garantire concessioni per 99 anni. E l'incasso previsto su questo fronte è "solo" di 33 miliardi da qui al 2015. Non solo.
ACROPOLILa speculazione selvaggia degli ultimi anni, con interi angoli di paradiso del Mediterraneo trasformati in colate di cemento, potrebbe ridimensionare di molto gli incassi previsti. E in ogni caso il piano di dismissioni deve fare i conti con una burocrazia nel campo delle concessioni edilizie ad alto tasso di corruzione, come testimoniano i dati annuali di Transparency International. «La strada è in salita, lo sappiamo, ma non abbiamo altra scelta che andare avanti a pieno vapore con le privatizzazioni», dice Yanriis Stoumaras, capo della Fondazione di ricerca economica e sociale di Atene.
DEI ELETTRICITa GRECIAUn po' perché con il valore facciale del debito greco a sconto del 40% sul nominale, ogni euro incassato su questo fronte vale molto di più. Un po' perché questa è davvero l'ultima spiaggia oltre la quale, in caso di insuccesso, il rischio di crac per la Grecia è davvero altissimo.