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CAPAREZZA CAPATAZ! - DOPO ZALONE, LA PUGLIA CI CONSEGNA LA SPERANZA DEL RAP ITALICO - DAGLI INIZI IN UN GARAGE ALLE DIFFICOLTA’ CON LE RAGAZZE (“ERO TIMIDO, QUASI AUTISTICO”), Michele Salvemini, 37 anni, diavolo di Molfetta scodella LA SUA VITA ‘CONTRO’ - “DISSACRARE È LA COSA PIÙ SACRA CHE CI SIA E IO VENGO DALLA PUGLIA CHE OSPITA PADRE PIO E PATRIZIA D’ADDARIO\" - “PIACERÒ A TUTTI SOLO QUANDO SARÒ MORTO. L’ARTE, IN FONDO, È UN AFFARE DA NECROFILI”…

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Malcom Pagani per "l'Espresso"
 
Michele Salvemini, 37 anni, diavolo di Molfetta. Viste dall'Autogrill, le macchine sembrano più lente della vita. La sua è diventata una corsa tra un concerto e l'altro. Biglietti esauriti, delirio popolare, dischi d'oro, il palco come una piazza e al centro, la versione di Caparezza.

Checco Zalone

In un giorno di sole e vento, la gente passa, circumnaviga la preda e poi monetizza il ricordo. Flash. Il primo maggio, i cori da stadio, un programma per Deejay tv ("Chi se ne frega della musica") previsto per il 1 giugno: "Sarà una riflessione itinerante". Il rapper più noto d'Italia dirige il traffico dell'affetto, ride di rado, aspira la pausa autostradale e si racconta dietro lo specchio di un bicchiere di vino.

Checco Zalone

Cenni biografici?
"Famiglia semplice, di inattesa elasticità mentale. Mamma, figlia di contadini, insegnava alle elementari. Papà avrebbe voluto cantare e invece, disilluso, finì in fabbrica alla Meridionale cavi di Giovinazzo".

L'ha riscattato lei.
"Infatti mi ha sempre appoggiato. Sono lontano dal suo ideale ma rappresento il sogno realizzato per interposta persona. Accade raramente".

Inizi?
"In un garage, con gli amici. Ero timido, quasi autistico. Alle elementari e alle medie, non parlavo con nessuno. Sempre con le cuffie sulle orecchie, isolato".

Checco Zalone

A vederla sembra impossibile.
"Sul palco vendico la parte di me che ha spesso taciuto. Ho conosciuto il successo a 30 anni. Avevo molte cose da dire e quando finalmente ho trovato la formula, ho urlato. Mi sono fatto ascoltare".

Con le ragazze come va?
"Meglio che in passato. Sull'aspetto fisico non potevo contare. Usavo l'artificio della creatività. Spedivo cassette autoprodotte, ma non sono servite a niente".

Perché?
"In mezzo alle canzoni d'amore, a tradimento, c'erano i monologhi. Quelle ascoltavano e poi scappavano".

Checco Zalone

Ai suoi concerti l'età anagrafica oscilla dall'infanzia alla pensione.
"Mi avvertono come un saltimbanco, un cantastorie, un interprete della farsa in musica. I bambini si riconoscono, i grandi regrediscono alla fanciullezza".

Ricorda Rino Gaetano?
"Lui e Alberto Camerini erano due modelli. Performer capaci di trasformarsi, travestirsi, scatenarsi con il pubblico".

VENDOLA

Si riconosce?
"Io sono così. Un uomo tranquillo che in scena attraversa una metamorfosi".

Cosa pensa dei cantautori?
"Metafore, poesie, immagini. La buona scrittura mi è sempre piaciuta. La canzone perfetta comunque esiste".

Titolo?
"Più di uno. "Bocca di Rosa" di De Andrè, "Marajà" di Capossela o "La storia siamo noi" di De Gregori. A Roma gliel'ho detto, mi è parso sorpreso".

Lei collabora, partecipa, firma libri, canzoni e prefazioni. Non si nasconde.
"Perché dovrei? Intervengo, discuto, sono curioso. Dissacrare è la cosa più sacra che ci sia e io vengo dalla Puglia. Una terra di mezzo, un posto che sotto il cielo ospita Padre Pio e Patrizia D'Addario".

NICKI VENDOLA

Ha preferenze?
"Sono agnostico e amo gli eretici che ai dogmi, hanno opposto l'intelletto. Galilei, Giordano Bruno, Danton. Alla giustizia divina preferisco quella terrena".

Il primo libro letto?
""Neanche gli dei" di Isaac Asimov. La fantascienza e il mistero, nelle fughe da fermo, aiutavano molto".

NICKI VENDOLA

La folgorazione?
"Gandhi. Mi ha cambiato la vita. Ha presente quel concetto: "Se non rispondono al tuo appello cammina da solo"? Ecco, quello è il mio manifesto".

Non le sarà più possibile.
"Ma io non voglio unire o convincere nessuno. L'approvazione unanime mi spaventerebbe. Penso che piacerò a tutti solo quando sarò morto. L'arte, in fondo, è un affare da necrofili".

Torniamo alla sua esistenza precedente. I fan la conoscevano con un altro nome.
"Ero Mikimix, conducevo un programma in tv e andavo a Sanremo".

RINO GAETANO

1997. "E la notte se ne va". Testo di grana grossa: "Il giorno è rude/come una palude/ e io ne vedo di cotte e di crude".
"Stiamo parlando di quasi vent'anni fa. Ero giovane, ingenuo, discretamente ignorante e incline a fidarmi di chiunque. Un ragazzo di Molfetta che arriva a Milano, scrive su commissione e interpreta un ruolo. Se quella vita mi avesse entusiasmato, comunque, sarei ancora lì".

Invece?
"Sono scappato e ho scoperto che dopo il compromesso esiste solo il compromesso. Ho tagliato i ponti con il passato e ho ricominciato da zero. È la mia storia, non me ne vergogno".

Zalone le ha chiesto un'involontaria autoparodia di quegli anni.
"Nel suo film, in mezzo a un matrimonio, mi ha fatto cantare le canzoni dei Ricchi e poveri. Non sono un attore e voglio rassicurare tutti. Mi fermerò qui".

monicelli

Va al cinema?
"Se cerca una collezione completa dei Monty Phyton, sono la persona giusta".

Parliamo di politica?
"Se proprio vuole".

Ai suoi spettatori Berlusconi non piace.
"Io non so se gli italiani siano un prodotto di Berlusconi o viceversa, ma lui della logica dell'incidente stradale è maestro".

Ce la spiega?
"Quando c'è un tamponamento, il traffico è rallentato da chi ne osserva le conseguenze. La tv di Berlusconi mostra immagini che colpiscono i sensi e che l'Italia, per 30 anni, si è fermata a guardare. Competere sul suo terreno è perdente, imitarlo è vano. Prenda la satira".

monicelli

Non la convince?
"La adoro, ma quella su Berlusconi non funziona più, è superata dalla realtà".

Soluzioni? Monicelli parlava di rivoluzione.
"Credo al valore della diversità. L'ultima rivoluzione riuscita, la Resistenza, muoveva altri sentimenti in un contesto troppo diverso da quello di oggi. Per me il 25 aprile è il giorno più importante dell'anno, ma il bipolarismo odierno ha distrutto le ideologie lasciandoci solo il rumore del bar sport e il derby tra le tifoserie. Il Parlamento non dovrebbe essere una curva".

Mario Monicelli

Lei vota?
"Certo, però non mi considero un seguace né un adepto. Non indosso magliette, non partecipo a campagne e a capo di un movimento, non sarei contento".

E Nichi Vendola?
"Una tessera non l'ho mai avuta. Rimango un passo indietro. In passato l'ho appoggiato ma ora, più che esprimere un pensiero col rischio che venga strumentalizzato, chiedo che le mie idee abbiano asilo politico".

Le idee di Caparezza?
"Vivo per l'arte e penso che la luce dell'Italia sia anche la sua contraddittoria debolezza".

Non sia criptico.
"Si annuncia sempre con allarme il barcone degli immigrati, ma si tace sugli italiani che emigrano perché non esistono merito, lavoro o prospettive. I laureati che espatriano li ho incontrati, è gente incredula. Davanti a un'ipotesi d'onestà sgranano gli occhi".

CAPAREZZA VERSIONE MIKIMIX

Che morale ricaviamo?
"Diffido delle morali però consolarsi è necessario. Così sono tornato a casa. Amici e bar sono gli stessi dell'infanzia".

Le radici.
"Sono importanti, ma si possono tagliare. Se fai musica, crei quelle di domani".

In "Vieni a ballare in Puglia", il suo ritratto della terra d'origine non è apologetico.
"C'è la bellezza e ci sono altre cose. I veleni dell'Ilva, il lavoro nero, la disoccupazione. Il mio rapporto con la Puglia somiglia a quello tra padre e figlio. Il secondo ascolta e impara, ma ha il diritto di contestare e alla fine, appartiene solo a se stesso".

Che cos'è il denaro per Caparezza?
"L'unità di misura economica per valutare il tempo. Una cosa che non mi affascina ma preserva dallo sfruttamento".

 


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