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TRAGEDIA GRECA (E FARSA EUROPEA) - I MERCATI NON SI FIDANO E ATENE NON RACCOGLIE CAPITALI: URGE UN NUOVO PRESTITO EUROPEO PER SALVARE I CONTI DELLO STATO DEI PROSSIMI DUE ANNI MA L’USCITA DALL’EURO, PER QUANTO TRAGICA, COMINCIA AD ESSERE L’UNICA POSSIBILITÀ - EURO-PARACULOS: CON IL PRESTITO EMERGENZIALE GERMANIA, FRANCIA ED OLANDA NON HANNO SALVATO IL POPOLO GRECO, MA I PROPRI BANCHIERI DA PERDITE MILIARDARIE…

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1 - «ATENE RISCHIA UN'ALTRA WEIMAR MEGLIO CHE ESCA DALL'EURO»
Danilo Taino per il "Corriere della Sera"

Atene

La Grecia ha intenzione di chiedere ai partner europei un ulteriore prestito, oltre ai 110 miliardi che ha già ottenuto lo scorso maggio. Servirà a coprire le esigenze di finanziamento dello Stato nel 2012 e probabilmente nel 2013, dal momento che Atene non sarà in grado di raccogliere capitali sui mercati, che non si fidano. Se n'è discusso nella riunione «segreta» di venerdì sera a Lussemburgo tra alcuni ministri delle Finanze, e l'Unione europea dovrebbe affrontare il problema nelle prossime settimane.

Intanto, però, in Germania si è aperto un dibattito molto serio sull'opportunità che la Grecia esca dall'euro per rilanciare la competitività della propria economia. Ieri, in un'intervista alla Frankfurter Allgemeine am Sonntag, uno degli economisti tedeschi più prestigiosi, Hans-Werner Sinn - presidente dell'istituto Ifo di Monaco - ha detto che, per il suo stesso bene, Atene dovrebbe abbandonare l'euro.

Gli ha fatto eco Frank Schäffler, uno dei principali esponenti del partito liberale, al governo a Berlino, il quale ha sostenuto che la Germania dovrebbe aiutare la Grecia a uscire dall'euro: gli ha risposto uno dei suoi compagni di partito, il ministro dell'Economia Rainer Brüderle, secondo il quale occorrerebbe al contrario rafforzare l'Eurozona. Fatto sta che la possibilità che un Paese si dimetta dall'Unione monetaria europea - finora un'idea blasfema nel Vecchio continente- sta diventando una possibilità politicamente da considerare.

Il premier greco Papandreu

Clemens Fuest - professore tedesco che insegna a Oxford ed è uno dei consulenti senior del ministero delle Finanze di Berlino - ha commentato che «un'uscita (della Grecia dall'euro, ndr) è fattibile in via di principio» ma che a suo parere «il primo passo per risolvere il problema del debito nella zona euro dev'essere una sua ristrutturazione. Dopo uno può pensare se la Grecia vuole rimanere nella zona euro».

Il professor Sinn sostiene che se Atene vuole evitare la rovina economica non ha altra possibilità che l'abbandono dell'Unione monetaria. A suo parere, la Grecia finirà in una crisi finanziaria e bancaria sia che rimanga nell'euro sia che esca. Se resterà, però, dovrà affrontare una cosiddetta «svalutazione interna» , cioè un taglio dei salari drammatico. «Il Paese si avvicinerebbe a uno stato di guerra civile» , è la previsione del professore: qualcosa di simile alla crisi fiscale della Repubblica di Weimar che favorì l'ascesa al potere di Hitler in Germania.

«Ucciderebbe le imprese che formano la sua economia» , aggiunge. «Se la Grecia uscisse dall'euro- prevede invece Sinn- sarebbe in grado di svalutare la moneta e diventare ancora competitiva» . In altri termini: per Atene la scelta è comunque drammatica, ma restare nell'euro sarebbe un suicidio. In Germania, la scelta finora impensabile di una rottura nell'Eurozona sta prendendo piede anche nell'opinione pubblica. Un sondaggio pubblicato ieri indica che solo il 20%dei tedeschi è favorevole a un ulteriore salvataggio della Grecia.

2 - PERCHÉ LA GRECIA USCIRÀ DALL'EURO (MA NON SUBITO)...
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Angela Merkel

Di fronte al diniego tedesco, finlandese ed olandese di allargare i cordoni della Borsa e accettare di farsi carico in toto del debito pubblico greco, Atene ha solo due alternative davanti a sé: uscire dall'euro subito prima di esaurire tutte le riserve valutarie in cassa, oppure uscire dall'euro quando non ci sarà più niente in cassa.

Quando il settimanale tedesco "Der Spiegel" ha raccontato, venerdì, che i negoziati sull'uscita dall'euro sarebbero già in atto, è scoppiato un comprensibile panico, nonostante le smentite del governo di Atene. Il Pil greco, sceso del 4,2 per cento lo scorso anno, nel 2011 si contrarrà di un ulteriore 3 per cento, mentre l'inflazione salirà di almeno 2 punti. La Banca centrale greca ha detto che l'inflazione risultante dall'aumento dell'Iva e dall'aumento del prezzo della benzina ha ridotto i salari reali del 9 per cento lo scorso anno e nel 2011 si aggiungerà una contrazione del 5 per cento.

Tutte le banche sono virtualmente insolventi e sono mantenute in vita solo dalla generosa liquidità erogata dalla Bce, unica istituzione finanziaria del mondo che continua ad accettare i titoli di Stato greci a garanzia dei prestiti erogati. Il sistema finanziario interno è bloccato, i crediti erogati sono inevitabilmente in rapido deterioramento. La desertificazione economica è stata accelerata dalle misure draconiane imposte dall'Europa nel maggio 2010 quando è stato erogato un prestito di 110 miliardi di euro per "salvare" la Grecia.

EURO

La salvezza di Atene sarebbe stata quella di non essere entrata nell'euro, di non aver avuto accesso a prestiti facili con bassi tassi d'interesse che hanno fatto raggiungere al paese l'apogeo della bolla finanziaria con le spese faraoniche fatte per le Olimpiadi del 2004. Grazie alla bolla olimpica i cittadini greci hanno conosciuto una crescita economica del 4 per cento annuo dal 2003 al 2007. I governi alla ricerca di facile consenso hanno aumentato la spesa e il numero di dipendenti pubblici fino a far diventare il settore statale responsabile per il 40 per cento del Pil, cioè su ogni euro che circola in Grecia 40 centesimi provengono dalle casse statali.

L'Europa ha tentato di mascherare questi dati con un piano di aiuti pasticciato, fatto di un prestito emergenziale che è servito solo a ripagare le banche straniere dei crediti verso Atene: la maggior parte dei 110 miliardi sono finiti nelle casse delle banche di quei Paesi che avevano erogato il prestito. Germania, Francia ed Olanda non hanno salvato il popolo greco hanno salvato i propri banchieri da perdite miliardarie in caso di insolvenza greca.

E lo hanno fatto con il concorso di tutti anche di chi, come l'Italia, non aveva una esposizione considerevole al rischio greco. La stessa cosa è stata fatta con l'Irlanda e sarà fatta con il Portogallo. Ma quanto può durare? Sempre più investitori ed economisti pensano che le istituzioni europee abbiano messo in piedi un gigantesco schema Ponzi: come nella vicenda Madoff i primi a tirare fuori i soldi (le banche private europee ed americane) riporteranno a casa i capitali con dignitosi profitti, gli ultimi rimarranno con il cerino in mano e subiranno le conseguenze di perdite disastrose.

madoff

Nella piramide messa in piedi dall'Ecofin e dalla Banca centrale europea alla base ci sono i cittadini dell'Unione e ai vertici i banchieri. Le finanze pubbliche sostengono il pagamento dei debiti dei paesi in difficoltà, le banche creditrici incassano e poi non erogano più credito e il gioco è fatto gli unici creditori rimangono gli stessi Stati europei che hanno la scelta o di trasferire i costi tramite la fiscalità generale o di non pagare a loro volta i propri debiti. Tutti sanno che lo schema non regge che prima o poi crollerà, ma i politici non pensano a lungo termine, come tanti Madoff spostano in avanti il problema.

Si troverà un compromesso sulla Grecia, si erogherà un prestito ponte al Portogallo e si consentirà all'Irlanda di pagare meno interessi sul prestito europeo, fino a quando i mercati consentiranno alla Catena di San'Antonio europea di stare in piedi poi ognuno per sé e Dio per tutti.

 


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