Wanda Marra per Il Fatto Quotidiano
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Pier Luigi Bersani ieri pomeriggio ancora aspettava una telefonata definitiva di Napolitano che gli comunicasse ufficialmente come interpretare la sua posizione. Prima pre - incaricato, poi congelato. Poi forse dimissionato in diretta tv. Oppure congelato fino all'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. E poi chissà, come ieri almanaccava qualche bersaniano. Il segretario democratico era partito per Piacenza perché Napolitano gliel'aveva detto, che non se ne faceva nulla.
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Quanto meno nell'immediato. E lui Pier Luigi era ancora appeso a un filo. Un filo che immediatamente dopo le comunicazioni mattutine del Colle alcuni vicinissimi interpretavano come l'approdo delle due commissioni descritte da Napolitano. Ovvero, Bersani sarebbe stato il premier da incaricare "dopo". Tant'è vero che lui, passate un paio d'ore rilasciava una dichiarazione gelida: "Siamo pronti ad accompagnare il percorso indicato dal Presidente. Governo di cambiamento e convenzione per le riforme restano l' asse".
Come dire: ribadisco il mio progetto. Certo, quando escono i nomi sostenere una cosa del genere sembra sempre più arduo. E non è un caso che non ci sia nessuna convocazione per la direzione che molti si aspettano la prossima settimana: in questa fase, fallita la linea di Bersani, potrebbe succedere di tutto.
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Il Pd cammina in ordine sparso. Con Bersani è rimasto il "tortellino magico", i fedelissimi, che fino all'ultimo l'hanno consigliato di rimanere sulle sue posizioni. Ma anche moltissimi dirigenti locali, con i quali il segretario si è blindato. Sarà guerra, con tutti gli altri. I nomi fatti da Napolitano sono una doccia fredda anche per chi - come i renziani - il governo del Presidente lo voleva dall'inizio.
"Un pasticcio", lo definiscono uomini vicini al sindaco di Firenze. L'interpretazione è che si aspetteranno altre due settimane, e sarà il nuovo Presidente a dare l'incarico. Il tema del Colle torna. Per loro, il preludio non è certo a un governo del cambiamento, ma col Pdl che farà due o tre cose e poi andrà al voto a ottobre.
Come diceva Matteo Richetti venerdì "è finita la questione o Bersani o elezioni". Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia, ieri si limitava a commentare: "Le decisioni del Capo dello Stato possono essere le condizioni che ci aiutano a uscire dall'empasse. Speriamo facciano presto". I malumori dei renziani aumentano: hanno sbagliato completamente strategia a rincorrere Grillo fino all'umiliazione, dicono.
E tra l'altro, Bersani se voleva davvero farlo doveva mettersi subito da parte. Dunque, è solo questione di tempo e toccherà a Renzi. E il partito alla fine, dicono, lo accoglierà come il salvatore: perché lui corre per la premiership e del Pd non gli importa nulla. Per cui va benissimo che sia guidato da una figura più a sinistra, come Fabrizio Barca. Il congresso sarebbe a ottobre, difficile pensare che ci si arrivi.
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Sul fallimento della linea politica di Bersani sono d'accordo anche gli uomini di area Dem, quelli di Franceschini. Spiega Antonello Giacomelli: "Quando la politica legittima lo stallo perpetua una nuova fase di commissariamento". Su Twitter era stato un po' più deciso: "Larghe intese per via istituzionale... Vorrei chiedere a chi le ha impedite per via politica se è soddisfatto". Adesso si dovrà fare in modo di eleggere il nuovo Presidente della repubblica, non come si è fatto col governo, spiegano.
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Il riferimento non è casuale. Infatti, il centrosinistra ha quasi i numeri per scegliere da solo il nuovo inquilino del Quirinale (501 grandi elettori dei 504 necessari). Dovrà aprire un dialogo esplicito con altre forze o no? Non si è ancora consumato lo scontro sul "piano b" di Napolitano, e già se ne apre un altro. Sì perché a questo punto i Democratici sanno che sarà lui a determinare con le sue scelte anche la loro sorte. Il Pd reggerà? "La parole di Napolitano - scrive Salvatore Margiotta, sempre su Twitter, anch'egli franceschiniano - aprono oggettivamente una nuova fase. Il Pd deve saperla interpretare. Se possibile unitariamente. Altrimenti, meglio chiarezza".
Se Verini e Gentiloni plaudono a Napolitano, alle larghe intese, alle urne scongiurate , i Giovani Turchi provano a leggerla in un altro modo. "Abbiamo impedito governissimi e annessi. Il Presidente ha indicato una strada condivisa da tutti, anche dall'M5S. E questo è un bene. Ascolteremo i suggerimenti di questi saggi ma naturalmente il Parlamento è sovrano". Parola di Matteo Orfini. Oggi è Pasqua, ma la Resurrezione sembra lontana.