Fiorenza Sarzanini per "Il Corriere della Sera"
È tornato in libertà per un errore del giudice. Gianluca Baldassarri, l'ex direttore dell'Area finanza del Monte dei Paschi accusato di associazione per delinquere, truffa, appropriazione indebita e turbativa del mercato, ha lasciato ieri pomeriggio il carcere di Sollicciano.
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E per l'indagine sulle spericolate operazioni finanziarie che sarebbero state compiute dai vertici della banca senese è stata un'altra giornata campale. L'irritazione dei pubblici ministeri si manifesta con una nuova richiesta urgente di misura cautelare. Ma a questo punto nulla è scontato e anche la difesa è pronta a dare battaglia.
La svolta arriva venerdì scorso quando il giudice Ugo Bellini ordina la scarcerazione dell'indagato, ritenuto dall'accusa il capo di quella banda che percepiva il 5 per cento di ogni affare concluso da Mps. Il fermo di Baldassarri risaliva al 14 febbraio. I pubblici ministeri lo avevano bloccato a Milano motivando il provvedimento d'urgenza con il pericolo di fuga. Il giudice del capoluogo lombardo aveva convalidato la misura e trasmesso gli atti per competenza ai colleghi di Siena. Ed è qui che è accaduto il pasticcio.
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L'8 marzo Bellini conferma la detenzione del manager ma non fissa l'interrogatorio entro cinque giorni, come invece prevede la legge. Un'occasione che il difensore Filippo Dinacci non si lascia scappare. Presenta istanza di annullamento dell'ordinanza e il giudice gli dà subito ragione.
Due giorni fa il fax viene trasmesso al penitenziario che si trova a Firenze, ma la cella di Baldassarri rimane chiusa. «È sconcertante - protesta Dinacci - l'esecuzione del provvedimento deve essere immediata». Mentre l'avvocato sollecita la remissione in libertà, i magistrati cercano di correre ai ripari, convinti che per l'indagato ci siano ancora «il pericolo di fuga e quello di reiterazione del reato, oltre al rischio di inquinamento delle prove».
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Venerdì sera i pubblici ministeri Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso depositano una nuova richiesta di custodia cautelare. Alle 14 di ieri, Baldassarri esce da Sollicciano. Due ore dopo è di nuovo davanti al giudice per l'interrogatorio. La sua linea di difesa non cambia: «Tutte le operazioni effettuate per conto di Mps sono regolari». Nelle scorse settimane i magistrati dell'accusa gli avevano sequestrato circa 18 milioni di euro.
«Quei soldi sono miei - ha sempre affermato il manager - ma sulla loro provenienza mi avvalgo della facoltà di non rispondere». I pubblici ministeri ritengono che siano i proventi di attività illecite e per questo sono convinti che Baldassarri dovesse rimanere in carcere. Una linea che anche il gip, almeno apparentemente, aveva sposato.
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Nell'ordinanza di custodia cautelare dell'8 marzo Bellini aveva scritto: «A prescindere dalla gravità del reato per cui si procede, dei gravissimi indizi di responsabilità in capo a Baldassarri, gli elementi sintomatici del pericolo di fuga rendono difficilmente percorribile la strada di una misura cautelare non detentiva, ovvero della misura degli arresti domiciliari.
In questo caso si finirebbe infatti per fornire una garanzia assolutamente inadeguata stante le condizioni e le qualità personali di Baldassarri che ha lavorato all'estero, conosce perfettamente l'inglese, ha uso e dimestichezza con viaggi e relazioni internazionali, possiede all'estero interessi e immobili, è in contatto con numerosissimi esponenti del mondo finanziario che gli possono fornire ospitalità e protezione, ha concluso affari avendo come interlocutori istituti finanziari esteri - soprattutto americani, tedeschi e giapponesi - come JpMorgan, Dresdner, Deutsche Bank, Nomura». Era dunque convinto, il giudice, che il carcere fosse l'unica soluzione. Ma poi con un errore di procedura, ha vanificato quanto lui stesso aveva deciso.