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LABELLARTE DI FINIRE NEI GUAI - DA BARI ARIA DI BURRASCA PER LA TOPOLONA ELVIRA SAVINO, ACCUSATA DALLA PROCURA DI ESSERE STATA TITOLARE DI UN CONTO USATO DAL CLAN PARISI PER RICICLARE DENARO - COINVOLTA ANCHE L’APE REGINA SABINA BEGAN - ENTRAMBE NATE ALLA CORTE DEL DEFUNTO BANCAROTTIERE MICHELE LABELLARTE E FINITE A QUELLA DEL CAVALIER POMPETTA - SONO LE DUE BELLEZZE VENUTE DAL SUD A PRESENTARE AL BANANA AMICI POCO RACCOMANDABILI. A COMINCARE DA GIANPY TARANTINI…

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Lirio Abbate per "l'Espresso" in edicola domani

PAOLO MESSA ELVIRA SAVINO

Tutte le strade portano a Bari. Dove sesso, politica e affari sono i pilastri di un sistema di potere vincente. Lo usava Giampaolo Tarantini, piazzando escort nel lettone di palazzo Grazioli e nelle ville dei padroni della sanità pugliese. Lo usano ancora oggi altri imprenditori senza scrupoli che riforniscono di allegra compagnia chi arbitra gli appalti. Ma prima di loro c'è stato un imprenditore, spregiudicato negli affari e nelle conquiste galanti, che è riuscito a creare una scuderia vincente. E a metterla al servizio del più feroce boss della mafia pugliese.

ELVIRA SAVINO

Il cervello di queste operazioni che mette insieme piacere, corruzione e riciclaggio è Michele Labellarte, un bancarottiere morto a 48 anni nel settembre 2009, passato dagli investimenti nella new economy a quelli nel mestiere più antico del mondo. Il suo fascino di playboy gli ha permesso scoperte che poi si sono imposte alla corte di Silvio Berlusconi. A partire da due ragazze che a Roma si sono fatte valere: Elvira Savino, oggi deputata del Pdl, e Sabina Began, una modella slavo-tedesca, famosa come "l'ape regina" intorno a cui ronzavano le ragazze che hanno allietato tante nottate del premier.

ELVIRA SAVINO

Un tempo le due vivevano insieme, dividendo una camera in affitto nella capitale. Poi come in una favola, Elvira ha conosciuto il Cavaliere e nel 2008 è stata eletta in Parlamento. «Non è però stata Sabina a presentarmi Berlusconi. Il fatto che vivessimo entrambe lì è solo un caso», assicura l'onorevole Savino.

Elvira Savino

In Puglia però ha lasciato pessimi ricordi, peccati di gioventù che rischiano di avere una pesante rilevanza penale. In questi giorni nel Tribunale di Bari si è aperto il processo contro di lei per riciclaggio. L'accusa è semplice: avrebbe fatto da prestanome al clan Parisi, intestandosi uno dei conti usati per ripulire i guadagni della famiglia mafiosa.

Nel 2009, quando una maxiretata decimò la cosca cittadina, la neoparlamentare sembrava intenzionata a farsi interrogare dal pm Elisabetta Pugliese per chiarire la sua posizione. Poi ha preferito tacere e affidarsi a una nota difensiva in cui respinge ogni accusa.

Elvira Savino - Copyright Pizzi

Tutta colpa di Labellarte. Uno che si era lanciato nella bolla informatica di inizio millennio, tra party, società web e pacchi di fatture gonfiate per frodare il fisco. Poi l'arresto e l'amicizia in cella con il padrino più temuto e più ricco di Puglia, che gli affiderà il suo tesoro. I boss, spiega il pm Elisabetta Pugliese ai giudici, «avevano ben capito che dovevano investire il denaro», creando «legami che con il tempo si sono consolidati col mondo imprenditoriale, delle professioni, delle banche, della pubblica amministrazione, insinuandosi nella società civile e inquinandola».

Elvira Savino - Copyright Pizzi

La mafia pugliese, dunque, «non è più una questione tra gruppi malavitosi». E il pubblico ministero accusa: «È una questione che coinvolge tutti noi e che deve farci interrogare su quello che possiamo e dobbiamo fare, salvo diventare complici se non tecnicamente almeno moralmente».

A fare breccia nella borghesia provvedeva Labellarte, che tutti conosce e tutto riesce ad ottenere. Ma l'imprenditore dalla tripla vita non può aprire conti a suo nome e così arruola le sue amiche più care. Come Sabina Began, che si sarebbe messa a disposizione per l'intestazione di un altro deposito bancario. Poi lei si trasferisce a Roma, dove incontra Berlusconi e diventa di casa a palazzo Grazioli, dove introduce aspiranti veline, cubiste e accompagnatrici.

Elvira Savino - Copyright Pizzi

È con lei che Silvio festeggia la vittoria del 2008 che lo ha riportato a Palazzo Chigi: stando alle cronache, la teneva sulle ginocchia cantando "Malafemmina". Ed esclamava divertito: «Se qualcuno mi facesse ora una foto, varrebbe 100 mila euro». Un anno dopo "il Tempo" scrive: «Sabina Began sfoggia un nuovo tatuaggio sulla caviglia. Una farfalla circondata dalla frase: "L'incontro che ha cambiato la mia vita: S. B.". Che sono le sue iniziali, ma non solo». Sono le due bellezze venute dal Sud a presentare al Cavaliere amici poco raccomandabili.

SABINA BEGAN

La Began gli fa conoscere Giampy Tarantini, invitandolo a villa Certosa: l'inizio di un feeling tra l'industriale barese e il capo del governo, testimoniato da decine di telefonate e da schiere di escort convogliate da Bari fino alla capitale. Il matrimonio della Savino, con il premier testimone della sposa, è l'occasione che il brillante riciclatore Labellarte sfrutta per avvicinare il presidente del Consiglio e - secondo alcune testimonianze - conversare a lungo con lui.

Questa capacità di infilarsi ovunque è la forza di Labellarte. Che aveva fornito al clan le relazioni per concretizzare un'operazione senza precedenti: costruire il più grande campus universitario d'Italia, un megaprogetto nel comune barese di Valenzano. L'opera - stando all'inchiesta - sarebbe stata lanciata grazie all'intercessione dell'onorevole Savino. Il suo intervento si rivela prezioso soprattutto per ottenere le «manifestazioni d'interesse» di due ministeri, Istruzione e Sviluppo economico. Di fatto l'inchiesta è come un ascensore in continuo movimento dai sotterranei del crimine ai tetti più alti del potere.

SABINA BEGAN

Da una telefonata a un incontro, da un prestanome a un nuovo affare, un unico filo finisce per collegare i criminali agli avvocati, i boss ai colletti bianchi, i soldi sporchi alla politica. Come in un domino impazzito, le mosse dei mafiosi provocano ripercussioni che arrivano fino alle stanze del governo, con il ministro Mariastella Gelmini che si trova a raccomandare un maxi-campus segnalato dall'onorevole amica del riciclatore. O dell'opposizione, con il senatore Nicola Latorre del Pd citato da Labellarte come possibile terminale di uno scambio tra «voti» e «accordini».

SABINA BEGAN

La morte dell'imprenditore, stroncato da una malattia, tra la paura del boss di vedere sfumare i suoi investimenti, non ha ostacolato le indagini della procura. C'è un filone dell'inchiesta che continua ad andare avanti e a ricostruire i rapporti di potere sotterranei nella capitale della Puglia.

Nel mirino ci sono affari benedetti da politici di sinistra. Nel troncone originario restano ancora indagati gli avvocati Gianni Di Cagno, ex componente del Consiglio superiore della magistratura ed ex vicepresidente della provincia di Bari, e Onofrio Sisto: due nomi notissimi in città, entrambi considerati vicini politicamente a Massimo D'Alema. E nella nuova inchiesta di Bari salta fuori ancora una volta il "metodo Tarantini": oltre alle mazzette in denaro c'erano le escort, pronte ad ammorbidire gli uomini di partito e convincerli ad assegnare gli appalti. Vecchia storia, nuovissimi affari.

SILVIO BERLUSCONI

 


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