Michele Arnese per il Foglio
Questioni di potere e di poteri più che di polizze. Sulle Assicurazioni Generali si stanno chiarendo fatti e posizioni. Prima e dopo l'ultimo cda tenuto la scorsa settimana le attenzioni si erano posate criticamente sul presidente Cesare Geronzi. Le ripetute interviste di Diego Della Valle indicavano nel banchiere di Marino il fattore principale di discordia nel gruppo triestino.
A sostenere questa tesi erano giunte le dimissioni del socio Leonardo Del Vecchio, interpretate dai più come una reazione all'intervista al Ft in cui Geronzi ipotizzava un intervento delle Generali nelle banche e nel Ponte sullo Stretto di Messina. Anche l'esito del cda, giudicato dalle cronache giornalistiche come un ulteriore ampliamento dei poteri di Perissinotto, era stato letto come un ridimensionamento del ruolo del presidente del Leone. Nei giorni successivi sono emersi però particolari che contrastano con queste interpretazioni.
della valle colosseoInnanzitutto Del Vecchio ha negato che le sue dimissioni fossero legate all'intervista di Geronzi a Ft, come aveva svelato fin da giovedì pomeriggio 2+2, il blog di economia e finanza del Foglio.it. Piuttosto l'uscita del patron di Luxottica dal board era legata ad azioni riconducibili al group ceo, Giovanni Perissinotto, come alcune operazioni immobiliari in Francia in concorrenza con la Beni Stabili di Del Vecchio.
Inoltre stabilire di fatto, come si evinceva dal comunicato finale del cda di Trieste, che le partecipazioni non industriali non sono considerate più strategiche secondo la presidenza del Leone è una non notizia: "E quando mai sono state considerate strategiche?", avrebbe detto Geronzi. E comunque la quota in Telco (Telecom) è considerata invendibile. Anche la frase del comunicato secondo cui solo l'amministratore delegato gestirà le partecipazioni per le quali sussistono rapporti industriali in verità cela una sostanza meno dirompente di quella attribuita da alcuni osservatori. Infatti sono industriali solo le partecipazioni di bancassurance.
CESARE GERONZIPer il resto - le quote in Rcs, Telco, Intesa e Pirelli che sono legate a patti di sindacato - cambia nulla. Infatti il rappresentante di Generali nei patti resta sempre Geronzi. E quando i patti scadranno, e magari non saranno rinnovati, che cosa succederà? In quel momento varranno le deleghe. Si vedrà, insomma. Anche l'enfasi antigeronziana che si è voluta dare alla creazione di valore come unica bussola per nuovi investimenti - riferimento presente nel comunicato finale - perde di efficacia se si ricorda ad esempio la decisione assunta all'epoca della presidenza di Antoine Bernheim di partecipare a Telco: presenza sollecitata dall'ex ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa, come rivelò lo stesso Bernheim.
GeneraliSe poi si considerano le critiche che pressocché all'unanimità in cda - secondo la ricostruzione del Foglio - sono arrivate a Perissinotto sull'acquisto di una quota nella banca russa Vtb, si ha un quadro più chiaro dei rapporti fra soci e top management; rapporti piuttosto burrascosi, come confermano fonti convergenti al Foglio. Se infatti Perissinotto può contare su rapporti privilegiati con l'azionista ceco Petr Kellner e, grazie ad alcune operazioni, anche con Roberto Meneguzzo del fondo Ferak, dai grandi azionisti come Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone è giunto un auspicio che è anche un invito perentorio: Perissinotto ha tutte le deleghe a disposizione per poter ben gestire, adesso operi.
Leonardo del vecchioMa i mugugni persistono: nonostante i consigli a Perissinotto di creare una direzione ad hoc per valorizzare il comparto immobiliare che risponda al chief financial officer Raffaele Agrusti, il group ceo traccheggia esacerbando così malumori e perplessità su un piglio operativo che non tiene conto dell'esperienza nel settore di grandi soci come Caltagirone.