Attilio Bolzoni per "la Repubblica"
IngroiaIl figlio di un mafioso ce l´ha fatta. Alla fine è riuscito dove altri avevano fallito: spaccare l´antimafia. In mano la miccia l´ha sempre avuta Massimo Ciancimino - e nel suo giardino aveva anche quei candelotti di dinamite - e chissà forse ce l´ha ancora lui. La bomba Ciancimino comunque è esplosa: s´indaga sull´indagine, s´indaga su come in Sicilia i procuratori hanno «gestito» il quinto e ultimo figlio di don Vito nella sua spericolata collaborazione con la giustizia ritmata da mezze verità e tante menzogne.
Dopo tre anni di tira e molla del teste Ciancimino, dopo tre anni di imbarazzante attesa sugli annunciati quarti e quinti livelli sopra la Cupola, dopo la sua recente cattura, il Consiglio superiore della magistratura ha avviato un´inchiesta «in ordine alla vicenda del fermo del signor Massimo Ciancimino».
cianciminoInchiesta aperta dopo la pubblicazione sulla stampa delle feroci polemiche fra la procura di Palermo e quella di Caltanissetta proprio intorno a Ciancimino junior, al suo arresto (voluto per ultimo da Palermo per la contraffazione di un documento che accusava il prefetto Gianni De Gennaro) alla sua precedente incriminazione (voluta da Caltanissetta un anno prima per calunnia contro lo stesso De Gennaro), al ruolo giocato dai magistrati siciliani in una tormentatissima direzione delle indagini.
Giuseppe D'avanzoIl Csm ha reso noto l´apertura dell´inchiesta, ieri sera poco dopo le 20, con un secco comunicato. La decisione, a quanto sembra, è stata presa dal vicepresidente Michele Vietti, dal procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito e dal primo presidente della Suprema Corte Ernesto Lupo. In tre righe c´è scritto tutto: «Il comitato di presidenza ha deliberato di investire la Prima Commissione e il procuratore generale presso la Corte di Cassazione per le valutazione di rispettiva competenza...».
La prima commissione è quella che si occupa di eventuali «incompatibilità ambientali», il procuratore generale della Corte di Cassazione è invece il titolare di eventuali «azioni disciplinari». È una mossa che chiude in una forbice il caso Ciancimino. Ed è una mossa che arriva sorprendentemente nemmeno un paio di ore dopo il summit convocato dal procuratore nazionale Pietro Grasso qui a Roma, un incontro durato una mattina e un pomeriggio intero per far «ragionare» i procuratori di Palermo e di Caltanissetta, metterli d´accordo, coordinarli, spegnere fuochi.
ATTILIO bolzoniIn via Giulia, il procuratore Grasso - grande mediatore, uomo molto paziente - aveva finalmente messo pace fra Palermo e Caltanissetta, fra il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e il procuratore capo Sergio Lari, aveva escluso conflitti di competenza, aveva indicato la via per una doppia indagine in parallelo su Ciancimino «con scambi di atti e di informazioni». Tutto sembrava quasi risolto quando le agenzie hanno battuto la notizia dell´inchiesta aperta dal Csm.
PIERO GRASSOIndiscrezioni raccontano che a Palazzo dei Marescialli non fossero a conoscenza della riunione convocata da Pietro Grasso. Sta di fatto che l´istruttoria del Csm - a unità ritrovata - adesso c´è e fra qualche giorno inizierà la sfilata dei magistrati testi in piazza Indipendenza. «Siamo tranquilli», dicono i procuratori di Palermo. «Siamo tranquilli», dicono i procuratori di Caltanissetta.
Vedremo cosa accadrà ma intanto una cosa la possiamo dire: questo non è un «caso Palermo» o un «caso Sicilia», questo è solo un «caso Ciancimino». È sempre stato e resta sempre lui il protagonista di questo affaire dai bordi sempre più inquietanti e sempre più densi di mistero. È lui, «Massimuccio», che ha distribuito le carte per quasi tre anni e che ha tirato per il collo i procuratori siciliani mese dopo mese promettendo loro confessioni sempre più «forti» e sparando nomi sempre più «eccellenti».
Gianni De GennaroCome nel più classico dei copioni mafiosi, è riuscito a imbrigliare le investigazioni su di lui e intorno a lui (e al suo immenso patrimonio mai scoperto) giocando d´astuzia e mettendo i magistrati contro. Ha accusato molti di loro con farneticanti racconti, ha provocato sgradevoli e inutili inchieste su giudici galantuomini, ha paralizzato l´attività di due procure.
E alla fine ha consegnato un documento falso sul misterioso «signor Franco», quel personaggio che per una quarantina di anni avrebbe galleggiato fra Stato e mafia al fianco di don Vito, un agente dei servizi prima identificato con Gianni De Gennaro e poi come «uno vicino a De Gennaro». Un inganno dopo l´altro. E alla fine della fine quei candelotti di dinamite. Dopo quel ritrovamento, il piccolo Ciancimino sarà difficile scorrazzare con la scorta in giro per l´Italia.