1- AGASSI: "CONDANNATO A VINCERE DA UN MOSTRO"
Brano del libro di Andre Agassi pubblicato da "la Repubblica"
Il mio odio per il tennis si concentra sul drago, una macchina lanciapalle modificata dal mio vulcanico papà. Nero come la pece, montato su grosse ruote di gomma e con la parola prince dipinta in bianche lettere maiuscole lungo la base, il drago assomiglia a una qualunque macchina lanciapalle di un qualsivoglia circolo sportivo americano. In realtà, però, è una creatura vivente uscita da uno dei miei fumetti.
Il drago respira, ha un cervello, una volontà, un cuore nero - e una voce terrificante. Risucchiando un´altra palla nel proprio ventre, il drago emette una serie di rumori disgustosi. (...) Quando il drago punta dritto su di me e spara una palla a 180 chilometri all´ora, emette un ruggito da belva assetata di sangue che mi fa sobbalzare ogni volta. Mio padre lo ha reso spaventoso di proposito. (...)
Papà dice che se colpisco 2500 palle al giorno, ne colpirò 17.500 alla settimana e quasi un milione in un anno. Crede nella matematica. I numeri, dice, non mentono. Un bambino che colpisce un milione di palle all´anno sarà imbattibile. Colpisci prima, grida mio padre. Accidenti, Andre, colpisci prima. Stai addosso alla palla, stai addosso alla palla. Adesso è lui che mi sta addosso. Mi grida direttamente nelle orecchie. Non basta colpire quello che il drago mi spara contro; mio padre vuole che colpisca più forte e più in fretta del drago.
Agassi alle nozze con Stefi GrafVuole che batta il drago. Il pensiero mi sgomenta. Mi dico: non puoi battere il drago. Come si fa a battere qualcuno che non si ferma mai? A ben pensare, il drago assomiglia un sacco a mio padre. Solo che papà è peggio. Per lo meno il drago ce l´ho davanti, dove posso vederlo. Mio padre invece mi sta alle spalle. Non lo vedo mai, lo sento soltanto, giorno e notte, che mi urla nelle orecchie. Più topspin! Colpisci più forte. Colpisci più forte. Non in rete! Maledizione, Andre! Mai in rete! (...)
Agassi da bambinoA mio padre piace sparare ai falchi. La nostra casa è ammantata delle sue vittime, uccelli morti che coprono il tetto come le palle da tennis coprono il campo. Mio padre dice che i falchi non gli piacciono perché scendono in picchiata sui topi e su altre indifese creature del deserto. Non sopporta l´idea di un animale più forte che ne cattura uno più debole. (Questo vale anche per quando va a pesca: qualunque pesce prenda, gli dà un bacio sulla testa squamosa e lo ributta in acqua).
Agassi con il padreOvviamente non si fa scrupoli di catturare me, non lo turba vedermi boccheggiare al suo amo. Non coglie la contraddizione. (...) Sono l´ultima speranza del clan Agassi. A volte apprezzo le sue attenzioni, ma altre volte vorrei essere invisibile, perché papà può fare paura. Fa delle cose... Per esempio, spesso s´infila pollice e indice su per il naso e poi, irrigidendosi per il dolore che gli fa lacrimare gli occhi, si strappa un bel ciuffo di peli neri. È così che si prende cura del proprio aspetto.
AgassiCon lo stesso spirito si rade senza schiuma da barba né crema. Semplicemente si passa a secco un rasoio usa e getta sulle guance e sulla mascella, poi lascia che il sangue gli scorra sul viso finché non si asciuga. (...) Tiene un manico d´ascia nella sua auto. Non esce mai di casa senza una manciata di sale e pepe in ciascuna tasca, nel caso si trovi ad azzuffarsi per strada e debba accecare qualcuno. (...) Sono in macchina con papà un giorno, diretti al Cambridge, e lui inizia a litigare con un altro automobilista.
Ferma l´auto, scende e ordina all´uomo di fare altrettanto. Poiché mio padre sta brandendo il suo manico d´ascia, quello si rifiuta. Papà allora gli colpisce con il manico i fari anteriori e posteriori, mandandoli in frantumi. Un´altra volta mio padre allunga un braccio e punta la pistola contro un altro automobilista, tenendola all´altezza del mio naso. Io fisso dritto davanti a me, immobile.
Agassi familyNon so cosa abbia fatto di male quell´altro, so solo che è l´equivalente automobilistico di tirare in rete. Avverto la tensione del dito di mio padre sul grilletto. Poi l´altro sgomma via, seguito da un suono che sento di rado: la risata di mio padre. Sta ridendo a crepapelle. Mi dico che ricorderò questo momento - papà che ride, tenendomi una pistola sotto il naso - campassi cent´anni. (...) L´ultimo posto dove vorrei essere, a parte un campo da tennis, è in auto con mio padre.
2 - CLASSE E LOOK UNA ROCKSTAR CON LA RACCHETTA
Emanuela Audisio per "la Repubblica"
Ha cambiato il tennis, anzi lo ha travestito. Prima capellone, poi rasato. Giocando sempre d´anticipo e colpendo sempre più forte. Come tutti i ribelli che non vogliono portare rispetto. New look. Qualcosa di mai visto: il primo a vestirsi di rosa, al Roland Garros nel ´90.
Una rockstar più che un atleta: orecchino, capelli lunghi, (poi un parrucchino), taglio da moicano, torace depilato, unghia del mignolo lunga cinque centimetri e pitturata di rosso, occhi spesso truccati con la matita, niente mutande, per superstizione. Agassi per Lendl: «Un taglio di capelli e un diritto». Per altri un punk con la racchetta.
Agassi con Barbara StreisandVeniva da Las Vegas, ecco perché la sua palla schizzava via come quella della roulette. Riflessi eccezionali, rovescio bimane, una risposta che ghigliottinava qualsiasi speranza. Uno Speedy Gonzales che non ti lasciava il tempo, rotazioni del polso pazzesche, traiettorie anomale, angoli assurdi. Un contestatore, di colori e di tradizioni. Commento su Wimbledon: «Questa non è erba, ma ghiaccio impiastricciato di vaselina».
Agassi con Barbara StreisandIl vecchio Roland Garros? «Un posto assurdo che puzza di sigaro e di pipa». Niente visita al Louvre per via di quel quadro che gli fa paura: «Un uomo sull´orlo del baratro con il padre che gli si aggrappa al collo». Il primo ad andare in campo in jeans, usando i pantaloncini che McEnroe scarta e lui nobilita, professionista a 16 anni, basta con la scuola. Uno sequestrato dai sogni del padre che lo vuole campione a tutti costi. «Ho trascorso l´infanzia in una cella d´isolamento e l´adolescenza in una camera di tortura».
Va, anzi è costretto ad andare in Florida all´accademia di Nick Bollettieri e lo contesta con violenza. Però in campo straordinario: nel bene e nel male, aggressivo e suicida, vent´anni di carriera, più di mille match, dall´86 al 2006, ascese, cadute, rinascite, soldi e successi. Infortuni al polso, all´anca, schiena a pezzi. Occhi in cui dentro c´è molto: lacrime, sofferenza, dolore, stordimento. Ma uno capace di durare: a 30 anni è il numero uno più vecchio del ranking mondiale.
Slogan coniato per lui: «L´immagine è tutto». Qualsiasi cosa indossi diventa moda, fenomeno commerciale. «E´ bello sapere che se anche perdo il mio gioco, riesco ancora a piazzare merce». Agassi è uno dei tre tennisti dell´era open ad avere vinto almeno una volta tutte e quattro le prove del Grande Slam e l´unico uomo ad essersi aggiudicato oltre ai quattro prestigiosi tornei, la medaglia d´oro del singolare olimpico, il torneo Atp World Championship e la Coppa Davis. Lui che ha sempre odiato il tennis. Storiche le sue battaglie con Pete Sampras. «Dice che tiro fuori il meglio da lui, ma io penso che lui abbia tirato fuori il peggio da me».
Agassi e Brooke ShieldsUn flirt con Barbra Streisand (28 anni più di lui), un matrimonio con l´attrice Brookie Shields finito in un divorzio, poi l´incontro con l´anima gemella, la campionessa tedesca Steffi Graf, con cui trova la felicità, due figli, Jaden e Jaz. E smette di prendere a pallate il mondo.