1- GIULIETTO, DESTINO SEGNATO?
Da alcune ore Giulietto Tremonti ha la sensazione di galleggiare come un sughero in un mare tempestoso.
È una leggerezza diversa da quella che nel settembre scorso ha portato l'"Espresso" e il suo fondatore Eugenio Scalfari a definirlo "un uomo felpato, prudente, astuto", un giudizio che aveva lasciato di stucco chi considerava Carletto De Benedetti e i suoi giornali gli avversari più accaniti del ministro dell'Economia.
Ieri davanti al balletto sui sopratacchi della coppia Berlusconi-Sarkozy, l'ex-tributarista di Sondrio è apparso dimesso e silenzioso come mai si era visto negli ultimi tempi. In pochi minuti i due premier hanno affondato il Tremonti-lattaio che pur di arginare la scalata dei francesi a Parmalat si era inventato un decreto così illiberale da mettergli addosso i panni di un vecchio protezionista. Adesso il "Corriere della Sera" scrive che nei corridoi di villa Madama Giulietto avrebbe sibilato frasi del tipo "certe operazioni le faceva Gordon Gekko", il finanziere senza scrupoli del film "Wall Street".
E di sicuro il ministro sarà inorridito quando il Cavaliere-imprenditore ha avuto l'impudenza di dire che l'Opa di Lactalis non è ostile. Sui libri di economia rimarrà il ricordo di un'operazione fallita clamorosamente non solo per colpa dei francesi, ma anche per l'incapacità del ministro e di Corradino Passera a costruire una cordata industriale in grado di mettere sul piatto i 3 miliardi necessari per salvare la strategicità di un settore che strategico non è.
Adesso si cerca di contrabbandare il fallimento nello yogurt italiano con un baratto per la presidenza della BCE a Mario Draghi, ma il ministro "felpato, prudente e astuto" sa benissimo che queste sono autentiche balle.
Eppure la giornata di Giulietto era cominciata bene con la lunga intervista su "Repubblica" in cui aveva spazzato via le voci sulle manovre amplificate dal "Giornale" di casa Berlusconi diretto da quel professionista di Alessandro Sallusti che ai bambini ricorda i personaggi dei Gormiti.
Nella chiacchierata con il quotidiano di De Benedetti, Giulietto si era dichiarato soddisfatto delle garanzie ottenute da Berlusconi nel faccia a faccia di venerdì scorso e con ironia aveva aggiunto "mai come in questa occasione c'è stato l'appoggio degli altri ministri".
Oltre a questa piccola bugia il primo inquilino di via XX Settembre si era preoccupato di ribadire per l'ennesima volta la necessità di far camminare insieme il rigore e la crescita, e quando il discorso è caduto sulle tasse Giulietto ha detto: "una seria riforma che riduca sensibilmente la pressione fiscale non si fa in un mese, alla vigilia di un voto amministrativo: serve più tempo, e serve un respiro più lungo...".
Su queste affermazioni bisogna ritornare perché è la chiave di volta per capire le difficoltà di galleggiamento del ministro leghista, ma prima non si può passare sopra all'atteggiamento benevolo e compiacente che il giornale di De Benedetti ha voluto dimostrare nei confronti di un antico avversario.
A dire il vero la linea tenuta da "Repubblica" nei confronti del tributarista di Sondrio non è sempre stata lineare. All'indomani della famosa cena a casa di Bruno Vespa dove non era stato invitato, Giulietto aveva rilasciato una lunga intervista a Massimo Giannini (presente anche il direttore di "Repubblica", Ezio Mauro) che suonava come un manifesto di grandi intenzioni. Era il 21 luglio (la cena si era svolta il 10 dello stesso mese) e Pierfurby Casini commentò quell'intervista come un bacio della morte.
A maggio Scalfari scrisse un inno alle virtù taumaturgiche di Tremonti dicendo: "è lui che detta le soluzioni, la tempistica, l'ammontare delle manovre di assestamento del bilancio...è lui che traduce in italiano la politica di Bruxelles...in questo contesto Silvio Berlusconi non è più che l'ombra del ministro dell'Economia...il presidente ombra finora ha fatto solo danni. Il ministro-commissario può dare inizio ad una svolta che i fatti rendono necessaria...".
A leggere il peana di Barbapapà molti si stropicciarono gli occhi, ma sarebbe ingiusto dimenticare le bastonate che in tempi più recenti Scalfari ha dato sulla "politicizzazione del credito" e la resurrezione di "una grande Iri".
Quello di ieri mattina è stato un omaggio fuori tempo se si pensa a ciò che è avvenuto davanti ai governanti francesi che all'unisono hanno cantato la nuova versione della Marsigliese ("allons enfants de la finance!") e di sicuro ha aggiunto altre gocce di veleno nel sangue del Cavaliere.
Il perché è molto semplice: quando il ministro dice che una seria riforma delle tasse non si fa in un mese e alla vigilia di un voto amministrativo, Berlusconi non ha alternativa all'incazzatura. Nella sua strategia per il confronto alle amministrative del 16 maggio, la riduzione delle tasse era una carta da ostentare con la stessa impudenza con cui ha inabissato goffamente le centrali nucleari.
A questo punto le alternative sono due: se dalle urne salterà fuori un risultato negativo la colpa sarà soprattutto del Tremonti-lattaio e colbertista che non ha saputo cogliere gli umori degli italiani massacrati dal fisco. Se invece a Milano, Napoli e nelle altre città gli italiani rinnoveranno il consenso, allora il merito sarà soltanto del Cavaliere-peccaminoso.
E ancora una volta il bacio della morte di Carletto De Benedetti e dei suoi giornali avrà avuto l'ennesima conferma.
2- MONTI SORGENTI DALLE ACQUE...
Anche il "Financial Times" scrive che Draghi è pronto a guidare la BCE.
La strada dell'algido Governatore sembra ormai in discesa e a questo punto importa davvero poco che il giornale inglese ricordi come un tormentone il suo passato di banchiere a Goldman Sachs. Nei palazzi romani è scattato il toto-nomine e c'è chi assicura che dopo le batoste di ieri il Tremonti-lattaio troverà un po' di difficoltà a piazzare sulla poltrona di via Nazionale il pallido Vittorio Grilli.
I bookmaker indicano tre uomini in pista: Grilli, Bini Smaghi e Saccomanni, il 69enne romano che è entrato in Banca d'Italia nel '67 e dall'ottobre 2006 è direttore generale. A spendere parole per una candidatura interna c'è in prima linea Angelo De Mattia, l'ex-bracciodestro di Antonio Fazio che ha il vizietto di infarcire i suoi articoli su "MF" con citazioni latine.
I sentimenti di quest'uomo sono comprensibili avendo trascorso la vita dentro l'Istituto che in altre epoche ha espresso personalità come Donato Menichella, Guido Carli, Paolo Baffi e naturalmente Antonio Fazio. Per i bookmaker non vale la pena puntare nemmeno un euro su Lorenzo Bini Smaghi, l'elegante fiorentino che a Francoforte non ha mai fatto tremare i vetri per le sue idee.
Sullo sfondo si profila l'ennesimo braccio di ferro tra Giulietto Tremonti e il Maggiordomo di Sua Santità, Gianni Letta, due uomini dal fulgore sbiadito dopo le ultime settimane. La battaglia comunque sarà serrata anche se con Draghi alla BCE chi governerà la Banca d'Italia sarà una sorta di nobile sergente al quale toccherà eseguire in silenzio le direttive di Francoforte.
Qualcuno però dovrebbe fare un pensierino sulle intenzioni di Berlusconi che, dopo le vicende delle nomine negli enti pubblici e alle Generali, non ha alcuna intenzione di apparire distrutto e distratto. Ed ecco spuntare nei corridoi di Palazzo Chigi un quarto candidato al quale nessun giornale oggi dedica attenzione. È Mario Monti, l'economista di Varese che per cinque anni è stato commissario europeo per la Concorrenza grazie alla nomina del primo governo Berlusconi.
In questi anni superMario (come lo chiamavano a Bruxelles quando spaccava le ossa a Bill Gates) si è tenuto ai margini con prudenza, e ha dedicato il suo impegno alla presidenza della Bocconi, la madre di tutti i sapientoni. A quanto si sussurra c'è anche lui nell'elenco dei bookmaker, ma agli scommettitori non sfugge che la sua statura potrebbe fare ombra allo stesso Draghi.
3- SEMBRA CHE MAURO SENTINELLI RICEVA OGNI MESE 90MILA EURO DI PENSIONE, PARI A 1,173 MILIONI CHE SIGNIFICANO 3.008 EURO AL GIORNO. SARÀ VERO?
Diceva Woody Allen: "Se il denaro non può fare la felicità, figuriamoci la miseria".
L'aforisma è divertente ma non tocca nemmeno da lontano la figura di un ex-manager di Telecom che è finito nella classifica dei super-ricchi.
Si chiama Mauro Sentinelli, romano classe 1947, una laurea in ingegneria e una carriera formidabile iniziata nel '74 dentro la Sip e interrotta bruscamente nel 2005 ai tempi di Tronchetti Provera. Su quest'uomo sono state spese grandi lodi perché è stato lui a lanciare l'idea del servizio prepagato Tim Card per il quale fu nominato "uomo marketing dell'anno".
Nessuno ha mai spiegato le ragioni misteriose per cui sei anni fa il suo rapporto con Telecom fu interrotto dalla mattina alla sera. La vicenda è rimasta coperta dal mistero anche se sono corse strane voci sui conflitti con Marco De Benedetti e Tronchetti. Oggi il suo nome rimbalza dalle pagine dell'ultimo libro scritto "Sanguisughe" dal giornalista Mario Giordano in cui si apprende che Sentinelli è il pensionato dell'Inps più ricco d'Italia.
Sembra infatti che l'ingegnere riceva ogni mese 90mila euro di pensione, pari a 1,173 milioni che significano 3.008 euro al giorno.
È quanto basta per affrontare la terza età della vita con la felicità di cui parlava Woody Allen, e per trovare un altro manager delle telecomunicazioni così fortunato bisogna arrivare a don Vito Gamberale che ogni mese riceve 44.161 euro da aggiungere al suo compenso come amministratore del Fondo F2i.
Oggi Sentinelli non passa il tempo ai giardinetti e a sprecare soldi, ma continua a interessarsi di tecnologie. Pochi giorni fa è rientrato in Telecom come consigliere indipendente e per evitare un conflitto di interessi ha lasciato la presidenza di Onda Communication, una società per la trasmissione dati di Roveredo che fattura 95 milioni e ha come amministratore delegato Michelangelo Agrusti, fratello di quell'Agrusti ex-democristiano e oggi direttore generale alle Generali di Trieste.
4 - ALE' MANNO IN ALLERTA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che il sindaco dalle scarpe ortopediche Gianni Alemanno ha allertato il suo staff per capire se è vera la notizia di un libro che ripercorre i suoi trascorsi fascisti e fino alla gestione del Campidoglio.
Finora i suoi collaboratori hanno scoperto che il libro uscirà prima di luglio e sarà edito da una casa editrice di sinistra specializzata in inchieste esplosive".