Stefano Feltri per Il Fattoquotidiano
Adesso per il ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, diventa praticamente impossibile attuare i suoi progetti protezionisti: la cordata che doveva garantire l'italianità di Parmalat non è mai nata e ora c'è l'opa dei francesi di Lactalis che si può battere solo con denaro fresco. La notizia arriva poco prima che cominci il vertice tra Silvio Berlusconi e il presidente Nicolas Sarkozy, a Roma.
Il governo francese nega di essere stato informato, Sarkozy per una volta si scopre campione del libero mercato e dice che lui non c'entra: "Parmalat e Lactalis sono due gruppi privati". Francois Lafond, un'analista di relazioni internazionali che lavora per il Marshall Fund a Parigi, dice al Fatto: "Si tratta solo di una coincidenza di tempi sfortunata tra vertice e opa".
berlusconi e tremontiFonti vicine al gruppo alimentare della famiglia Besnier precisano che Lactalis ha informato l'Eliseo ieri mattina presto, subito dopo aver comunicato alla Consob italiana l'intenzione di lanciare l'opa sul titolo Parmalat.
Comunque sia andata, ormai è poco importante, perché l'operazione viene benedetta da Berlusconi in persona: "Non considero l'opa di Lactalis su Parmalat come un'opa ostile". Una sconfessione totale delle barricate che Tremonti stava alzando, uno stop preventivo all'ultima opzione che sembra rimasta al ministro: un'offerta pubblica d'acquisto con i soldi della Cassa depositi e prestiti a finanziare il fondo di investimento che dovrebbe difendere i settori strategici (yogurt incluso).
Come si fa a lanciare un'opa di Stato, di almeno 5 miliardi, dopo che il premier ha dato così platealmente il benvenuto ai francesi?
"Una controfferta della Cassa non sarebbe certo un bel segnale per il mercato", dice Lafond. L'ipotesi di creare una holding, sul modello di Telco per Telecom, usando le banche per garantire almeno per un periodo transitorio un azionariato italiano a Parmalat, sembra dunque archiviata.
LactalisAnche dalla Cassa depositi e prestiti fanno sapere che "adesso aspettiamo di vedere come va l'opa". Chi volesse contrastare Lactalis dovrebbe ora trovare molti più soldi di due giorni fa (quando si stimava in soli 3 miliardi il costo dell'operazione). E le banche, inclusa Intesa, sono impegnate in aumenti di capitale che rendono difficile giustificare simili sforzi. Intesa, poi, essendo azionista di Parmalat può beneficiare dell'opa francese vendendo il suo 2,4 per cento a Lactalis.
La questione politica è questa: perché Berlusconi ha deciso di mettere così in imbarazzo Tremonti? É vero che la cordata italiana non decollava, dopo il fallito tentativo di coinvolgere un partner industriale forte come Ferrero e poi uno più debole come Granarolo, con i "patrioti" ridotti alle solite banche, in testa Corrado Passera con Intesa Sanpaolo.
Ma Berlusconi ne ha approfittato per ridimensionare un ministro che si era messo a trattare da solo con la Commissione europea, con Sarkozy, con i grandi banchieri, il tutto per rafforzare il proprio potere personale (mettendo le basi per una sorta di nuovo Iri) e per compiacere gli allevatori cari alla Lega, cioè un partito che per quanto alleato è pur sempre un concorrente del Pdl alle elezioni amministrative.
C'è poi un'altra lettura, più dietrologica: le porte aperte a Lactalis sarebbero la contropartita per l'appoggio francese alla candidatura di Mario Draghi alla Banca centrale europea e farebbero parte del tentativo italiano di ammorbidire la linea di Parigi sulla gestione degli immigrati dal Nord Africa. "Mi sembra improbabile che ci siano questo genere di scambi", dice un ex alto funzionario della Commissione europea. Ma i tempi delle comunicazioni di Lactalis sembrano un po' troppo rapidi per inserirsi in una partita diplomatica.
L'appoggio a Draghi non ribalta gli equilibri, visto che il governatore della Banca d'Italia è praticamente l'unico candidato rimasto per la successione a Jean-Claude Trichet alla Bce, ma è comunque gradito dall'Italia. Che non sembra in grado di rivendicare alcunché nei confronti di Parigi: si è perfino scoperto, se si crede a Berlusconi, che i contratti con Areva per la tecnologia nucleare restano validi nonostante la sospensione sine die della costruzione delle centrali.