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SAVOIA IMPUNITO - “GRIDAVA ‘ITALIANI DI MERDA, VI AMMAZZO TUTTI’. POI UNO SPARO ATTRAVERSÒ LE TENEBRE COME UNA FRUSTATA” - LA SORELLA DI DIRK HAMER RICORDA I CONCITATI MOMENTI DELL’UCCISIONE DEL FRATELLO - DEI TESTIMONI GRIDAVANO: “IL PRINCIPE SA CHE HA FERITO QUALCUNO. HA PROMESSO DI MANDARE IL SUO ELICOTTERO PRIVATO PER TRASPORTARLO ALL’OSPEDALE PIÙ VICINO!”. MA L’ELICOTTERO NON ARRIVÒ MAI…

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"il Fatto Quotidiano" pubblica il racconto della notte tra il 17 e il 18 agosto del ‘78 tratto dal libro di Birgit Hamer "Delitto senza castigo"

Lettera a Birgit Hamer di Napolitano

Distesa nella cabina, continuavo a sentire anche nel dormiveglia il dolce sciabordio delle onde. Pensavo al giorno seguente e sentivo che mi stavo addormentando. Nel frattempo, altre tre ragazze e un ragazzo si erano messi a dormire nella mia stessa cabina. Mi addormentai serena. All'improvviso, nel cuore della notte, qualcosa mi svegliò di soprassalto: ancora fra il sonno e la veglia, udii una voce forte e irritata.

Il letto grande, sotto l'oblò, era occupato da due sorelle, anch'esse ridestate dal trambusto, che premevano il viso sull'oblò per vedere cosa stesse succedendo. Nonostante il sonno, mi sforzai pure io di capire: l'estraneo con voce adirata continuava a urlare; parlava in italiano, anche se mi sembrava che non lo conoscesse molto bene. Ma fu quello che sentii dopo a gelarmi il sangue: "Voi, italiani di merda, vi ammazzo tutti!". L'uomo sembrava in preda a una furia omicida.

Birgit Hamer Savoia delitto senza castigo

Udii, subito dopo, un'altra voce maschile rispondergli in modo pacato, evidentemente nel tentativo di tranquillizzarlo: "Si calmi, nessuno ha rubato il suo tender. Forse qualcuno l'ha usato per errore, si sbaglia!". Ma ecco di nuovo quella voce carica d'odio, che proveniva dalla direzione dell'oblò, ovvero dal mare: "E invece sì, italiani di merda, banda di stronzi, avete rubato il mio Zodiac, vi ammazzo tutti!". Le sue parole mi agghiacciarono, quasi non osavo respirare. E ancora una volta, l'altra voce maschile, che sembrava venire dalla prua di una delle barche, gli rispose in inglese.

A prua dell'imbarcazione dormiva la coppia di inglesi che era incaricata della manutenzione degli yacht. Forse lo skipper era risalito in coperta da un'uscita separata della sua cabina e stava parlando con il misterioso estraneo, oppure aveva solo messo la testa fuori dal boccaporto. "Si calmi, stia tranquillo!". Ma che stava succedendo là fuori? Anche gli altri si erano svegliati per le grida e ci scambiavamo degli sguardi, paralizzati dal terrore. Di colpo risuonò un forte sibilo.

La tomba di Dirk Hamer al cimitero acattolico di Roma

Che cos'era? Scoprii in seguito che il misterioso estraneo era Vittorio Emanuele Savoia, e che nella sua furia aveva aperto le bombole di gas che si trovavano a bordo per costringerci a uscire. A quel punto, anche l'unico uomo che dormiva con noi nella cabina del Coke si alzò per vedere cosa stava accadendo. Appena Nicky Pende - un italiano - uscì dalla cabina, ci furono nuovi, pesanti scambi verbali. La barca oscillò violentemente. Uno sparo attraversò le tenebre come una frustata. E ancora, un forte scalpiccio e parole rabbiose. Poco dopo, un altro sparo. Infine, il suono di razzi lanciati da qualcuno nel tentativo di vedere meglio quello che era successo. Sembrava una battaglia.

Dirk e Birgit Hamer in ospedale per mesi prima della sua morte

Regnava un silenzio inquietante. L'urlo di mio fratello lacerò la notte. "Anestesia, anestesia!" gridava in italiano, perché sperava che così sarebbe stato compreso. Con quelle parole voleva sicuramente dire: "Per favore, anestetizzatemi, ho dolori tremendi!". Subito dopo qualcuno entrò nella cabina, gridando terrorizzato verso di me: "Vieni subito, hanno sparato a Dirk, è ferito gravemente!".

Perché proprio lui? Il folle sembrava avercela solo con gli italiani. Terrorizzata, quasi in trance, scavalcai i parapetti delle barche allineate finché non arrivai da mio fratello. Era a terra, tutti gli stavano intorno. Lo presi tra le braccia, vedevo il suo sforzo sovrumano di sopportare il dolore. Una pallottola lo aveva colpito al ventre.

Quando alzai lo sguardo, vidi che i ragazzi parlavano in maniera concitata: "Era il principe Vittorio Emanuele di Savoia! - gridava uno - è arrabbiato perché non può entrare in Italia, perché deve vivere in esilio". "Sicuramente qualcuno ha usato per errore il suo tender per venire qui alle barche. Per questo era arrabbiato".

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"Ma da dove viene questo incredibile odio nei confronti degli italiani? Prendere a prestito un tender non è certo un crimine!". "Ma chi è questo Savoia?" ripetevo fuori di me. Non ne avevo mai sentito parlare.

Finalmente qualcuno mi spiegò: "Vive in esilio e non può entrare in Italia. Trent'anni fa, un referendum ha sancito che gli eredi al trono della famiglia reale debbano vivere in esilio. Per questo motivo, il principe odia tutti gli ex sudditi. E, visto che non può entrare in Italia, ha comprato una villa su quest'isoletta, che è vicinissima alla Sardegna, ma appartiene alla Francia. Non appena, durante la cena al Des Pechêurs, si è accorto che un gruppo di giovani italiani si trovava sull'isola, il suo antico odio si è riacceso. E quando ha notato che il suo dinghy non era ormeggiato al solito posto, si è talmente infuriato che è corso alla villa a prendere la sua carabina".

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Ascoltavo le spiegazioni dei ragazzi, ma continuavo a guardare mio fratello: respirava a fatica, il ventre si gonfiava sempre più, sembrava avere una forte emorragia interna. "Il principe sa che ha ferito qualcuno e sa anche che è in pericolo di vita. Ha promesso di mandare il suo elicottero privato per trasportarlo all'ospedale più vicino!" mi rivelò un ragazzo. "Ma quanto ci vuole?" chiesi disperata. "Maledizione, ma non c'è neanche un dottore?" gridai.

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A un certo punto, dall'isola di Cavallo arrivò un medico che gli mise una flebo. Ci disse che Dirk doveva essere trasportato con la massima urgenza in ospedale. Poi qualcuno disse: "Forza, non possiamo più aspettare! Mettiamolo sulla barca più veloce e portiamolo a Porto Vecchio, in Corsica". Un'altra persona contestò: "No, ha promesso di mandarci un elicottero per risparmiare tempo, con l'elicottero si fa prima!".

Intanto, qualcuno era andato a chiamare il proprietario dello yacht più veloce fra i tre. Si chiamava Paolo Poma. Prese lui la decisione: "Ora basta, ci ha mentito! Non ha senso aspettare ancora l'elicottero, sono già passate due ore. Si parte immediatamente per l'ospedale".

 


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