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ANDATE A LAVORARE! - IL “CORRIERE” ATTACCA LA CAMUSSO, APPOGGIA RENZI E L’APERTURA DEI NEGOZI IL PRIMO MAGGIO: “L’ECONOMIA È FERMA, E IL MONDO NON CI CONSENTIRÀ DI TRASTULLARCI CON I NOSTRI RITI, I PONTI, LA TINTARELLA, IL BLOCCO ESTIVO DELL’ECONOMIA” - RISPONDE IL SEGRETARIO CGIL, “È PROPRIO L’IDEOLOGIA DEL MERCATO CHE CI HA PORTATO NELLA CRISI. LO SHOPPING NON È UN SERVIZIO ESSENZIALE, NON TUTTO È MONETIZZABILE, LA FESTA DEI LAVORATORI NON SI PUÒ COMPRARE”…

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1 - FESTE E WEEKEND: LA TRINCEA DELLA CGIL
Dario Di Vico per il "Corriere della Sera" del 24 aprile 2011

SUSANNA CAMUSSO

Ponti lunghi, ferie natalizie da 15 giorni, al mare in agosto, weekend intoccabili. A questi dogmi si aggiunge la querelle sul sacrilegio di aprire i negozi il Primo Maggio a Firenze, Roma e Milano. Il mondo non ci consentirà ancora per molto di trastullarci con i nostri riti.

Quando ci vogliamo far belli, tutti almeno una volta abbiamo pronunciato la fatidica frase: «Dopo questa crisi niente sarà più come prima» . Nei fatti, però, l'opinione pubblica italiana non si è ancora resa conto che occorre discontinuità, che la competizione economica globale non consente più rendite di posizione. Noi come Paese cresciamo poco, abbiamo un tasso spaventoso di disoccupazione giovanile ma vogliamo che tutto resti come prima: i nostri ponti lunghi, le ferie natalizie che durino almeno 15 giorni, vogliamo andare tutti al mare tra fine luglio-fine agosto e naturalmente siamo disposti a morire in nome della sacralità del weekend.

Se qualcuno osa mettere in discussione questi dogmi dell'italian way of life siamo pronti a urlare che «non ci farete mai diventare come i cinesi» , che il profitto non può passare sopra i nostri sacri valori religiosi o politico-culturali che siano. Insomma, appena qualcuno ci chiede di cambiare i nostri comportamenti, anche solo in parte, siamo pronti a insorgere. L'happy hour non si tocca, è la nostra trincea. Viviamo la modernità solo come un'accumulazione di vantaggi.

renzi matteo

È tanto radicato questo sentimento di conservazione nella società italiana che persino le grandi organizzazioni ne sono state contagiate. Provate ad avanzare dopo la metà di aprile un progetto o una modifica significativa di un modus operandi, vi verrà immediatamente risposto che conviene aspettare settembre. Rinviare oltre le colonne d'Ercole delle ferie estive, quando tutta l'Italia si ferma per la tintarella. Ma si può andare avanti così? Si possono difendere strenuamente i nostri privilegi sapendo, tra l'altro, che saremo l'ultima generazione a usufruirne?

Si può aprire una querelle politica sul sacrilegio di aprire i negozi per i turisti il Primo Maggio a Firenze, Roma e Milano? È evidente che il mondo non ci consentirà ancora per molto di trastullarci con i nostri riti. Come raccontano i lavoratori a partita Iva, gli invisibili, per loro già è così. Il lavoro, quando c'è, è un flusso che va gestito con sapienza. Nessuna occasione può essere sprecata e nessuna rigidità si giustifica a priori. Francamente dispiace che quasi sempre alla testa delle battaglie della conservazione ci sia la Cgil. La polemica del segretario generale Susanna Camusso contro il sindaco di Firenze Matteo Renzi (purtroppo) ne è solo una conferma.

DARIO DI VICO CON PENNA TRICOLORE

Un sindacato può e deve negoziare al meglio il risarcimento economico e normativo del lavoro festivo ma non può inventare su due piedi un «nuovo modello di consumi» . Lasci fare ai partiti, ce ne sono già tanti a sinistra. Piuttosto dovrebbe aiutare tutti noi a non considerare più il commercio come la Cenerentola dell'economia. Viviamo nell'epoca del capitalismo delle reti e chi possiede un buon network distributivo ha più chance di superare la Grande Crisi.

Un commercio che abbia idee e sappia innovare serve a valle per vendere i prodotti italiani e a monte per salvare i posti di lavoro. Scusate se è poco. Siccome conosco l'obiezione che viene proposta a riflessioni di questo tipo, risponderò in anticipo. Scaglionare le ferie, lavorare durante il weekend usufruendo di riposi compensativi, ridurre i ponti non vuol dire «rinunciare alle conquiste del Novecento» ma creare più occasioni di lavoro per i nostri giovani.

Volete un esempio? Venti giorni fa gli operai dello stabilimento di acque minerali di San Pellegrino Terme, in provincia di Bergamo, hanno sottoscritto un accordo con l'azienda sul ricorso al lavoro domenicale per i prossimi 4 anni. In cambio hanno strappato investimenti per 30 milioni di euro e l'assunzione a tempo indeterminato di 33 giovani. Il Primo Maggio li chiamerei sul palco per ringraziarli.

domenica-aperto


2 - NO AI NEGOZI APERTI IL PRIMO MAGGIO - CGIL DÉMODÉ? I VALORI NON SI MONETIZZANO...
Lettera di Susanna Camusso, Segretario generale Cgil, al "
Corriere della Sera"

Se avessimo avuto bisogno di una dimostrazione ulteriore della qualità del dibattito pubblico italiano, la «querelle» sull'apertura dei negozi il Primo maggio ne è prova scolastica. Ci permettiamo di suggerire a Di Vico che nell'articolo di domenica 24 aprile si è cimentato nell'opera, per lui abituale, di collocare la Cgil a capo della conservazione, che le ragioni di chi lavora ed i valori insiti in alcune date meriterebbero da parte di tutti di essere prese sul serio.

La nostra non è disattenzione alla globalizzazione, è attenzione a non farsi travolgere dall'ideologia del mercato che, appunto, ci ha portato nella crisi. Dopo la crisi speriamo che nulla sarà più come prima. Sentiamo, però, forti venti di restaurazione. In Italia, comunque, le cose sono già cambiate. Basta riflettere sulla divisione, sulla paralisi, sulla non crescita. Eppure ogni giorno si attribuisce ai lavoratori il «dovere» della discontinuità. E la festa del lavoro (che pure si celebra nel mondo) diventa un simbolo, come già successo poco tempo fa con la festa dell'Unità d'Italia.

shopping_roma

Ma davvero crediamo che le sorti dell'economia, del cambiamento, dipendano dall'apertura dei negozi il Primo maggio, mentre, per esempio, sul fisco si può rinviare da una campagna elettorale all'altra? Davvero è moderno negare la festa del lavoro, in altri casi il 25 aprile, come se fossero giorni qualunque? Dobbiamo immaginare che presto anche il Natale diverrà un attentato all'economia? O il trattamento è riservato solo alle feste laiche? Non crediamo che ragionare di consumi sia riservato ai partiti, se non altro perché dal nostro osservatorio ne vediamo la diminuzione e abbiamo ragione di sospettare che non avvenga per la mancata apertura dei negozi.

Per questo pensiamo sia sbagliato spostare la tassazione sull'Iva, che inoltre nega ragioni di giustizia fiscale di cui ci sarebbe gran bisogno. Possiamo ricordare che lo «shopping» non è un servizio di pubblica utilità, nemmeno, per quei turisti che, abituati a viaggiare, sanno bene che in ogni luogo del mondo ci sono orari e chiusure e non per questo rinunciano a visitare città d'arte o a frequentare celebrazioni. Potremmo citare molti accordi sull'utilizzo di impianti ed investimenti, sono il fare quotidiano, sono accordi appunto, non ordinanze, con il rispetto delle condizioni dei lavoratori, con i riposi e le festività.

È quanto abbiamo sempre proposto anche nel commercio, perché si eviterebbe l'effetto Cenerentola, rispettando e valorizzando il lavoro. In questo settore, fatto di nastri orari, part time non richiesto, frammentazione, che rende fragile il lavoro, tante, troppe commesse si definiscono invisibili. Non servirebbe, allora, un'attenzione di tutti, uno sforzo collettivo, per definire regole rispettose, più che crociate per cancellare la festa del lavoro? Infine, sappiamo che sarà ritenuto retrò, ma farsi sfiorare dal pensiero che non tutto è monetizzabile, che non tutto si può comprare, non sarebbe un bel segno per questo Paese? Consolidare dei valori, dei segni di identità del lavoro non farebbe bene a tutti?

Concerto primo maggio roma


3 - RISPOSTA DI DARIO DI VICO, DEL "CORRIERE DELLA SERA"

Guglielmo Epifani, per ammettere di aver sbagliato ai tempi del negoziato con Montezemolo sulla riforma contrattuale, ha impiegato sei anni (2004-2010). Sarei stato un folle a pretendere che nel caso di Susanna Camusso, e la stravagante campagna della Filcams sulla «festa non si vende» , i tempi dell'autocritica si potessero accorciare. La Cgil, come tutte le grandi organizzazioni, ha il suo metabolismo e a un osservatore esterno non resta che aspettare.

Intanto però posso rassicurare Camusso che nessuno vuole cancellare la Festa del lavoro, per l'indiscutibile valore simbolico e poi perché in Italia le festività è più facile aggiungerle che tagliarle. Esaurite le polemiche di giornata, però sarebbe bene che partisse una riflessione strategica sulla grande distribuzione, sulla necessità che vada all'estero, che si raccordi più strettamente con le esigenze dell'industria italiana e che dia nuovi posti di lavoro.

Questa è la discussione che ci piacerebbe ascoltare e se Camusso contribuisse - rinunciando a qualche luogo comune largamente presente nella sua lettera - saremmo i primi ad esserne felici. La Cgil, del resto, dovrebbe sapere che se gli scaffali restano pieni le fabbriche si svuotano.

 


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