Alessandro Pasini per il "Corriere della Sera"
Jose_MourinhoRide Madrid, in fondo a 120 minuti di football vero, non bellissimo ma teso, corso, giocato, picchiato e sudato da due grandi squadre. Ride Ronaldo, che decide al 103' con il suo 42° gol stagionale, uno stacco di testa fenomenale su splendido cross di Di Maria. E ride Mourinho, che vince la sua 13ª finale (su 18), conquista il suo primo titolo con il Real ma soprattutto dimostra ancora una volta la possibilità dell'impossibile, sconfiggendo i Maestri riconosciuti da tutti ma non da lui.
José lo fa alla sua maniera, con una mossa che è uno sberleffo sia al Barça che agli ortodossi madridisti: c'è uno stopper a centrocampo, d'accordo, ma dov'è la vergogna se poi trionfi con merito, riporti a casa una Coppa che il Real non vedeva da 18 anni e, dopo l' 1-1 di sabato nella Liga, incrini definitivamente le certezze di Guardiola e soci alla vigilia della grande semifinale di Champions?
guardiolaLo 0-5 di novembre al Camp Nou è lontano e al Mestalla ieri nessuno dei 25mila in maglia bianca si è vergognato di invocare Mou mentre i giocatori in campo lo lanciavano in aria. Forse, come accadde con l'Inter («I tifosi nerazzurri saranno felici per me», dirà José alla fine), sarà dalla Coppa nazionale che le Merengues prenderanno lo slancio per traguardi più grandi.
Di certo ieri qualcosa di nuovo e grande è apparso nel calcio d'Europa, e c'è da pensare che non si fermerà. La vittoria del Real è figlia di un copione previsto. Mourinho, supremo guastatore dei sogni altrui, incarica i suoi di smontare la Filarmonica blaugrana pezzo per pezzo: scordare i violini, distruggere i violoncelli, rubare la bacchetta al direttore d'orchestra, trasformare la sinfonia catalana in una cacofonia punk che faccia perdere la cabeza ai Maestri e ribalti la Storia. Per questo José esclude i tre centravanti della rosa (Higuain, Benzema e Adebayor), schiera Ronaldo punta e piazza ancora Pepe in mediana a ringhiare su persone, fili d'erba, malleoli, tutto.
real madrid 0001Guardiola non fa un plissé e forse è questa scarsa flessibilità a punirlo. Ma il 4-3-3 è una fede che non ammette deroghe, e se poi Puyol non è al meglio ecco che il suo posto in difesa lo prende Mascherano, un centrocampista. Lo scontro di calcio, filosofia e politica (i catalani fischiano l'inno spagnolo, i madridisti lo cantano sventolando la bandiera nazionale) inizia presto. E, tra falli e fallacci che aizzano un'arena-bolgia e che l'arbitro Undiano Mallenco faticherà a gestire fino alla fine, il Real entra meglio in partita. Si gioca a strappi, stacchi isterici da videoclip in cui il Barça, scollegato e nervoso, gioca contronatura, persino col lancio lungo.
Mentre Villa e Arbeloa quasi fanno a pugni, il Real punge (due chance per Ronaldo) e il Barça resta incartato come il pesce al mercato: Messi ha una folla intorno, le fasce sono blindate da Ozil, Di Maria e raddoppianti vari, Iniesta e Xavi devono telefonarsi per trovarsi. Trova invece il palo Pepe (44'), straripante di testa su cross ancora di Ozil.
Mourinho in trionfoUn tempo del Barça senza tiri non si era mai visto e allora nella ripresa i blaugrana cambiano faccia, favoriti anche dal fatto fisiologico che pure i pitbull prima o poi rifiatano. Iniesta e Alves spingono, Messi mette la modalità videogame e al 24' manda in gol Pedro: giustamente annullato per offside.
Mou toglie Ozil per Adebayor, ma i protagonisti diventano i portieri: Casillas ferma Messi, Pedro e Iniesta; Pinto, portiere di Coppa, dimostra che a 35 anni si può ancora volare, stoppa Di Maria e manda il match ai supplementari. Il Real, senza braccino al momento del dunque, li affronta con più lucidità e coraggio, segnando, respingendo gli ultimi scoordinati attacchi blaugrana (Piqué all'arrembaggio come con l'Inter), sfiorando il raddoppio (Adebayor e Ronaldo) e poi trionfando, dimostrando alla fine che il sangue di Mou si è già fuso con quello blanco.