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UN BENIGNI CI SEPPELLIRA’ - ALLA’ BIENNALE DELLA DEMOCRAZIA’, ROBERTACCIO HA LE MUNIZIONI BAGNATE (TROPPO DANTE FA MALE?) - BATTUTINE DEL TIPO: “IL MUSEO EGIZIO È L’UNICO POSTO DOVE NON SI RISCHIA DI INCONTRARLO, PERCHÉ CON L’EGITTO HA AVUTO UNA STRANA STORIA...” - LA MEJO: “HA DETTO DI AVER PAGATO RUBY PERCHE’ NON SI PROSTITUISSE? SAREBBE COME MANDARE UNA TORTA A FERRARA PER CONVINCERLO A DIMAGRIRE” - COMUNQUE TIRA PIU’ DI UN BERSANI QUALUNQUE…

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Paolo Mastrolilli per "la Stampa"

benigni

Democrazia? Roba da ridere, se in Italia non ci fosse da piangere. Nel Purgatorio di Roberto Benigni, che si presenta al Palaolimpico Isozaki di Torino per celebrare la «Biennale Democrazia», e sorprenderla con la sua interpretazionedel VI Canto.

Questa è la cosa più importante organizzata in Italia. Come è difficile da pronunciare questo nome: demo, democra... demorazia...».

Vuole fare un omaggio all'Unità d'Italia, Benigni, nella città che l'ha inventata. Ma l'attualità lo rapisce e lo porta via: «Hanno fatto presidente delle Generali Galateri di Genola, un torinese. Pensate che in Francia lo hanno nominato pure cavaliere. Ma non potremmo fare uno scambio, e mandargli un nostro cavaliere bello e pronto?».

SILVIO BERLUSCONI

Berlusconi, ovvio, che se fosse qui tratterebbe Torino come Lampedusa: «Volevo mostrare il mio affetto per la città, allora mi sono buttato su Internet e ho trovato una villa bellissima, Palazzo Madama.

L'ho comprata, ci ho fatto vicino un campo da golf, e poi ho preso anche un palazzo là vicino per aprirci il Casino Royal». Ma subito ci ripensa, Benigni: «Non l'ho pagata, questa villa, perché in vita mia non ho mai pagato una villa! L'ho sempre conquistate col fascino, sennò che gusto c'è?». Gli è piaciuto anche il Museo Egizio, «ma quello è l'unico posto dove non si rischia di incontrare Berlusconi, perché con l'Egitto ha avuto una strana storia...».

GABRIELE GALATERIv

Ecco, siamo partiti con la democrazia, e siamo finiti a Ruby: «Avete visto l'inizio del processo? La prima udienza è durata sette minuti, e rischia di essere la più lunga». Eppure si è arrabbiato, Berlusconi, vedendo uno slogan offensivo nel tribunale: «La giustizia è uguale per tutti? Chi è quel comunista che l'ha scritto?». Mentre Benigni parla, la Camera sta facendo tardi per approvare il processo breve, «una legge per Berlusconi. Ma i deputati stanno votando una legge per liberare se stessi da lì: prendono mille euro per restare fino a sera, cinquemila per fare notte».

ruby

L'unica speranza, per Benigni, è che alla fine Berlusconi si imbrogli, fra i mille guai che deve tenere a bada: «Lei la notte del 25 marzo stava corrompendo l'avvocato Mills? No, stavo facendo l'amore con Ruby, anzi con l'autista di Mubarak, anzi...». Altrimenti dovrà continuare a sostenere le sue improbabili difese: «Ha dato a Ruby 45.000 euro per farsi la depilazione laser? Non sapevo che una ceretta costasse così tanto! L'ha pagata per non prostituirsi? Sarebbe come mandare una torta a Ferrara per convincerlo a dimagrire!».

Anche la crisi immigrazione preoccupa Benigni: «Maroni vuole uscire dall'Europa, ma questo governo rischia di farci cacciare da tutti i continenti». Il ministro degli Esteri Frattini aveva rassicurato Berlusconi sulla Libia, giurando che «la conosco tutta, fiordo per fiordo». Ma la crisi è scoppiata lo stesso, gli immigrati arrivano, e adesso sarebbe bello se gli altri Paesi si prendessero «alcune delle persone pericolose che sono in Italia: per esempio La Russa in Africa Equatoriale, Frattini in Portogallo, Cicchitto in Germania».

ROBERTO MARONI

Per rinfrancare l'Italia affranta, Benigni rispolvera una versione aggiornata della sua canzone dedicata a Berlusconi, È tutto mio. Stavolta il premier vuole all'Olgettina pure Rosy Bindi, e pretende di comprarsi anche Dio, «sarebbe a dire che compro me stesso». Del Purgatorio, dove si va per espiare le proprie colpe, non c'è traccia nei pensieri del premier: «È un concetto troppo difficile». Perciò Benigni passa a leggere il VI Canto, quello più politico, che parla di un'Italia d'altri tempi ridotta a bordello: «E qui la parola è stata interpretata in vari modi, ma significa proprio quello che dice: bordello».

«La prima ragione per scrivere la Commedia - dice Roberto - era la politica». Dante si lamenta perché l'Italia non è più «donna di province», ossia dominatrice, ma bordello «dove ci si concede a chi paga». Dante si rode dentro perché la terra di Giustiniano, patria del diritto, ha dimenticato i princìpi più basilari: «Che nostalgia!».

Terza Serata Sanremo Benigni

Si arrabbia perché gli uomini di Chiesa, invece di essere persone devote e lasciare a Cesare la sella, pretendono di governare: «Cose barbare - avverte Benigni - che accadevano solo nel Medioevo». Dante si rattrista per la sua Firenze, dove qualunque ricco parvenu diventa un leader, dove gente che nessuno ha mai cercato pretende di guidare la città, sobbarcandosi a questo sacrificio per il bene dei suoi cittadini: «Quante volte abbiamo sentito queste cose? La politica non è il mio mestiere, ma mi sacrifico!». Così la cosa pubblica diventa come un malato, che si rigira nel letto e cambia posizione, sperando di non sentire più il dolore. Ma invano. Premonizioni? Previsioni? Profezie? «Proiettili sparati nel futuro», dice Benigni.

BENIGNI A SANREMO

Dentro e fuori del Palaolimpico c'è un pubblico che farebbe la sua figura in qualunque talk show televisivo di quelli che fanno imbestialire Berlusconi. Renato Zanoli, per dirne una, è venuto a distribuire volantini che invitano a votare «Sì, contro il nucleare» al referendum di giugno. «È anche una questione di democrazia, come decidiamo di produrre la nostra energia, e in giro c'è una enorme ignoranza pilotata». «Ahi serva Italia, di dolore ostello...».

Terza Serata Sanremo Benigni

Ha qualche speranza in più Massimiliano Abbruzzese, 39 anni, laurea in Scienze Politiche, specializzazione in Scienze dell'amministrazione, master in Analisi delle politiche pubbliche, professione precario: «Lavoro come co.co. co al Consiglio regionale piemontese. Scrivo progetti di legge per il gruppo dell'Italia dei Valori, ma non ho la tessera». È venuto qui a esporre uno striscione che dice: «Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta».

Lui spera di uscire dal purgatorio, approfittando anche dell'ironia di Benigni: «Questa non è la Biennale della democrazia? Allora spero che qualcuno ci stia a sentire, perché chi è sensibile alla difesa della democrazia dovrebbe avere a cuore anche il lavoro, che non c'è». «E se licito m'è, o sommo Giove che fosti in terra per noi crucifisso, son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?».

 


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