1 - «IN 700 CI CHIESERO LO SCUDO FISCALE COSÌ IL MECCANISMO SI È INCEPPATO»
Lavinia Di Gianvito e Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"
«La maggior parte dei clienti è stata remunerata sia nel capitale che negli interessi, a volte con cifre esageratamente più alte del capitale iniziale... » . È il 26 marzo scorso. Davanti al giudice Simonetta D'Alessandro parla Raffaella Raspi, 48 anni, la fidanzata di Gianfranco Lande ormai conosciuto come il «Madoff dei Parioli» .
Anche lei è stata arrestata insieme ai titolari e ai promotori delle società utilizzate per la truffa: Roberto Torregiani, Giampiero Castellacci de Villanova e suo fratello Andrea Raspi. Anche lei- come gli altri- cerca di minimizzare il proprio ruolo. Ma di fronte a contestazioni specifiche non può negare.
E agli investigatori della Guardia di finanza che li hanno smascherati offre spunti anche sull'attività degli investitori, rivelando un passaggio chiave per gli accertamenti relativi all'ipotesi di riciclaggio: «Molti di loro, quando si è trattato di valutare l'ipotesi di accedere allo scudo fiscale ci hanno detto: "Io non le dico come e perché ho questi denari"» .
«ROVINATI DALLO "SCUDO"»
L'inchiesta condotta dal pubblico ministero Luca Tescaroli è ormai in una fase cruciale.
Perché nei nuovi elenchi di clienti esaminati proprio in queste ore dagli specialisti del Nucleo valutario ci sono i nomi di almeno cinquecento persone, moltissimi professionisti e imprenditori, che attraverso il meccanismo messo in piedi da Lande e dai suoi soci avevano come obiettivo l'occultamento dei fondi all'estero.
E infatti adesso bisognerà capire anche che ruolo abbia avuto la società di revisione Deloitte, che - come conferma Raspi- «era il nostro controllore esterno, faceva da tramite tra la società e le autorità di vigilanza» .
Così l'indagata racconta l'evoluzione della vicenda: «Nei primi anni c'è stata una gestione abbastanza trasparente e cristallina, cioè i clienti investivano dei fondi liquidi che venivano tramutati in titoli e poi, nel tempo, riliquidati e restituiti ai clienti. Via via credo che il meccanismo sia diventato estremamente diffuso, ha dilagato moltissimo» .
Tre anni fa le cose però cominciano ad andare male. Afferma Raspi: «Nel 2008 è un problema importante, perché essendoci stata una contrazione degli investimenti, un problema a livello generale di risparmi e di movimento economico deficitario, questa macchina che funzionava evidentemente deve essere sfuggita di mano, sicuramente a Torregiani che evidentemente aveva un problema gestionale» .
Paolo GuzzantiMa il vero disastro, almeno a sentire la donna, viene provocato dallo scudo fiscale: «Nel 2009, quando si è profilata l'idea del decreto sullo scudo, io e mio fratello ci siamo resi negativi perché riguardava sei, settecento clienti, e la nostra struttura non era pronta a far fronte ad una massa così grande, in così breve tempo.
Il secondo punto era che i titoli in mano a questi clienti erano di difficile negoziabilità: fondi offshore, non quotati. Magari nel 2004 non sarebbe stata la stessa cosa, ma nel 2009 era così... Invece il fatto che Torregiani dicesse "Scudate perché così finalmente recuperate i vostri soldi e state tranquilli" che cosa ha fatto? Ha fatto sì che questi clienti abbiano scudato entro dicembre e dal primo gennaio, in massa, richiesto tutta la liquidità possibile» .
LE «OMISSIONI» DELLA CARISPAQ
Nella truffa da 300 milioni la maggior parte del denaro sarebbe transitata su un conto della Carispaq aperto fin dal ' 94, quando Lande e soci hanno iniziato a investire i soldi di nobili, professionisti e vip.
«Per il periodo compreso dal 2006 al 2008 - si legge in un'informativa del Nucleo valutario- risultano 415 movimenti di capitale per diversi milioni di euro, e precisamente per l'anno 2006 euro 16.009.693,00 con natura "denaro importato in precedenza", per l'anno 2007 euro 17.747.020,00 con natura "finanziaria"e per l'anno 2008 euro 13.939.156,00 con natura "finanziaria"ed euro 725.080,00 con natura "corrente mercantile"» .
SABINA GUZZANTIDunque i broker finiti in carcere usavano il conto della Carispaq per diversi scopi ma, stando ai risultati dell'inchiesta, la banca non avrebbe mai fatto le segnalazioni previste dalle norme antiriciclaggio. Neppure quando i promotori hanno versato cifre a molti zeri. L'informativa del 10 dicembre 2009 prende le mosse dalla denuncia di Paola V., che inutilmente avrebbe tentato di recuperare 152 mila euro investiti. Torregiani gliene avrebbe offerti soltanto diecimila aggiungendo: «Prendere o lasciare» . Ricevuta la denuncia, la Guardia di finanza ha cominciato a interrogare le banche dati.
È emerso che il broker (tra i suoi clienti Samantha De Grenet) era stato cancellato dall'albo dei promotori di via Nazionale «dal 1 ° dicembre 1999 con delibera numero 12226 per omesso pagamento » . E si è ricostruito che tra il 2001 e il 2008 Torregiani ha siglato nove compravendite di immobili e azioni. In particolare, il 28 dicembre 2001 il broker ha acquistato un fabbricato da 64.567 euro insieme a Lande e una costruzione commerciale da 2.582 euro. Il 7 marzo 2003 ha speso 204 euro in azioni e il successivo 9 dicembre 70 mila euro per un immobile.
DAVID RIONDINOIl 5 giugno 2004 ha comprato un altro fabbricato da 10.300 euro, il 12 maggio 2006 ancora azioni per settemila euro e il 4 giugno 2007 un'altra costruzione commerciale del valore di 55.058 euro. Il 25 febbraio 2008 Torregiani ha stipulato un preliminare per l'acquisto di un immobile di cui non è indicato il valore, mentre meno di un mese dopo, il 12 marzo, ha firmato un contratto di locazione finanziaria di fabbricato per 60 mila euro.
Negli stessi sette anni, aggiunge l'informativa, «risultano 28 movimenti di capitale di import ed export con Svizzera, Gran Bretagna e Francia» . A Torregiani, come agli altri promotori arrestati, sono stati sequestrati immobili e conti correnti.
Ma ora il Nucleo valutario ha individuato altri beni e anche di questi la Procura ha chiesto il sequestro. Alcuni però sono all'estero e perciò, per bloccarli, saranno necessarie diverse rogatorie. Come per la casa a Londra di Lande oppure per due fabbricati di Torregiani: un appartamento a Parigi («Da 30 metri quadri» , precisano gli avvocati Riccardo Olivo e Nicola Apa) e una multiproprietà a Sharm El Sheik. I sigilli potrebbero scattare anche domani, quando il Tribunale del riesame discuterà i ricorsi dei difensori contro le misure cautelari.
2 - ECCO I PRIMI NOMI CRIPTATI DAL MADOFF DEI PARIOLI -NELLA RETE BANCHIERI, POLITICI ED ESPONENTI DELLE FORZE DELL´ORDINE - LO SCENEGGIATORE ENRICO VANZINA: "GLI AVEVO AFFIDATO I RISPARMI DI UNA VITA DI MIO PADRE STENO"
Federica Angeli e Francesco Viviano per "la Repubblica"
Ecco i nomi scottanti della lista super segreta del Madoff dei Parioli. Il primo dei 500, ovvero quei clienti che la guardia di finanza sta cercando di decriptare, è «Aless.x». L´ultimo è «Zoe.x»; in mezzo ci sono «Ben.x» e «Ciol.x». Nomi in codice, clienti che dovevano rimanere coperti dal segreto. Investitori "eccellenti" che hanno deciso di non fare lo scudo fiscale quando Lande & co. hanno proposto il passaggio dalla società fantasma Eim a quella consobizzata Egp. Gli uomini della polizia valutaria della Finanza romana stanno lavorando da giorni a questo elenco di nomi che Gianfranco Lande, la mente del raggiro, ha memorizzato nel suo computer personale.
Massimo Ranieri phMarinoPaoloniI "cinquecento" fanno parte di un pacchetto clienti di 1.678 persone. Non 1.200, come si era detto in un primo momento, ma quasi mille e settecento persone. Tra questi, oltre a vip, calciatori e notabili romani, che hanno affidato i loro soldi al mago della truffa capitolina - «Erano i soldi di mio padre Steno», ha dichiarato Enrico Vanzina - spuntano nomi "grossi". Banchieri, politici di spessore, uomini delle forze dell´ordine. E poi un personaggio chiave, di cui fino a oggi nessuno aveva ipotizzato l´esistenza.
Un big dell´alta finanza internazionale. Uno che in passato ha aiutato la gang dei Parioli a mettere in piedi la grande giostra mangia soldi e ha consentito operazioni velocissime di apertura e di chiusura dei conti esteri. Uno che oggi, Gianfranco Lande sta coprendo e di cui, nei vari interrogatori, non ha mai parlato.
Inquietante al riguardo una scoperta contenuta in un documento redatto da Gianluca Brancadoro (il consulente cui la procura e Bankitalia hanno affidato il compito di mettere ordine negli affari bancari del Madoff dei Parioli) e depositato lo scorso lunedì in procura. Nel lavoro eseguito dal consulente della procura si legge di conti, prospetti informativi e depositari decodificati da file super segreti di Lande.
Un passaggio risulta essere fondamentale ed è ora al vaglio degli inquirenti. Quello in cui si parla del "Depositario Crest". «Il file - è scritto nel documento - contiene i saldi alla fine di ciascun mese sul depositario Crest Euroclear per il periodo 31/12/2008-28/02/2011, suddivisi per codice del Conto deposito/ Cliente / Codice titolo e descrizione, relativi a circa n. 120 conti deposito, identificati da un codice alfanumerico di 5 caratteri maiuscoli, collegati ad altrettanti nominativi Clienti e ad un conto "pool" intestato alla Egp».
BARBARA PALOMBELLII conti deposito evidenziano una consistenza titoli che rimane invariata, in genere, per alcuni mesi, trascorsi i quali il deposito risulta improvvisamente azzerato. Di più: il file non evidenzia da quale intermediario o depositario risultano provenire gli strumenti finanziari e non evidenzia i beneficiari dei successivi trasferimenti dei singoli titoli o della liquidità proveniente dalla vendita di quei titoli.
Un mistero. I soldi ci sono per un certo periodo e poi improvvisamente se ne perde traccia. Si parla di decine di milioni di euro, nel documento redatto da Brancadoro, spariti senza una traccia. Ed è qui che entrerebbe in scena, secondo le ipotesi degli inquirenti, il ruolo dell´alto finanziere, qualcuno in grado di fare spostamenti senza che nessuna ponga quesiti, qualcuno in grado di aggirare ostacoli burocratici. E quel qualcuno è molto più in alto della gang dei Parioli.
3- MA QUI MANCA IL PESCE PILOTA...
Barbara Palombelli per "Il Foglio"
Nel romanzo criminale romano manca qualcuno. E il giallo dei Parioli non è la solita storiella dei risparmi svaniti: accanto, dietro, sopra e sotto c'è molto altro. I livelli sono tanti e sono collegati dal dio denaro (che in tempi di crisi puzza meno che in tempi di vacche grasse). Non è una certezza, è una sensazione. Ogni iniziativa speculativa ha i suoi "testimonial" (parola orribile ma quanto mai adeguata al caso in questione, visto che finiranno in aula molti vip).
E dunque, così come il vero Madoff poteva vantare nomi come Eli Wiesel fra i suoi sottoscrittori e dunque accreditarsi presso la comunità ebraica mondiale come un benefattore, anche qui deve esserci un Nome. Liste e listerelle - è sempre una questione, drammatica, di elenchi - sono state certamente sbianchettate. Almeno fino ad oggi, quei cognomi non corrispondono a coraggiosi e / o intrepidi speculatori. Si tratta spesso di borghesi e aristocratici piuttosto indolenti, non giovanissimi, molto preoccupati di crearsi una rendita per la meritata e imminente quarta età.
Non credo che senza un pesce pilota al di sopra di ogni sospetto avrebbero smosso i loro capitali per destinarli al gruppetto che ora è sotto inchiesta. Nei prossimi giorni sapremo anche - lo spero per i truffati - dove sono finiti i soldi scomparsi, al netto di case e barche comunque rivendibili e recuperabili. Nel romanzo criminale romano, in compenso, è arrivato il morto.
Una sparatoria nel tranquillo quartiere Delle Vittorie, a pochi metri dalla Rai, dai carabinieri, dai vigili del fuoco, significa molto. Chi sgarra paga: il messaggio, chiarissimo, viene mandato con forza. Non devono esserci dubbi. In queste ore le banche stanno richiedendo indietro fidi e prestiti: commercio e imprese sono sfiniti dalla recessione.
FIORENZA SARZANINIE' il momento d'oro per ricomprare, a prezzi scontatissimi, immobili e negozi. Girando per la città, non c'è bisogno di un detective per vedere insegne storiche cedere il passo a sigle sconosciute quanto scintillanti. Chi vende sa chi compra, chiude un occhio e incassa. Un po' di nero, molte cassette di sicurezza straripano di contanti, e via. In città i soldi lavano tutto: bastano, come dimostrano i furbetti pariolini, una bella casa, una barca giusta, belle macchine. Il biglietto d'ingresso in società è accessibile.
La differenza con le altre città, è che nella capitale il malaffare fa stare bene tutti: dal malato terminale, ottimo per intestarsi auto, testimoniare, firmare fissati bollati in Borsa, all'indigente che dorme in macchina, fino all'avvocaticchio che riceve al parco sulla panchina. L'arcipelago democratico fondato sul passaggio di cash - ora formalmente vietato dalle norme severe del Tesoro e dunque ancora più ambito e prezioso - è trasversale alle classi sociali.
Qui risiede la sua forza speciale: la speranza romanissima di "svoltà" per avere una vita migliore unisce nella sfida illegale l'alta aristocrazia e il parcheggiatore abusivo, il divo tv e il bancarellaro di strada. Ce n'è un po' per tutti, nel vuoto morale della politica e della amministrazione. Come dice Max Giusti, grande comico cittadino, "siamo passati dalla Banda alla Banca della Magliana".