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1- DOPO IL TERREMOTO PROVOCATO DENTRO LE GENERALI CON IL RIFIUTO A FIRMARE IL BILANCIO 2010, BOLLORÈ SARÀ IN CONDIZIONE DI FARE L’AGO DELLA BILANCIA NEGLI ASSETTI FUTURI DI MEDIOBANCA? AL BIONDO BRETONE LE MUNIZIONI NON MANCANO Né LA VOGLIA DI AUMENTARE LA SUA QUOTA DEL 5% PER RENDERE LA VITA DIFFICILE AI RAGAZZI DI MILANO (NAGEL, PAGLIARO) E A QUELLI DI TRIESTE (PERISSINOTTO, AGRUSTI) 2- L’ULTIMA SMARGIASSATA DELLO \"STRANIERO\" MARPIONNE AGLI OPERAI DELLA BERTONE 3- LO SCARPARO LASCIA LA PRESIDENZA DEL GRUPPO TOD’S AL FRATELLINO ANDREA. D’ORA IN AVANTI SI DEDICHERÀ “A TENERE CONTATTI IN TUTTO IL MONDO” (CHE FA, AGNELLI?) 4- COMUNICAZIONE E FATTURAZIONE: SE ZOPPIS ESCE DALL’ABI, GIULIANA PAOLETTI AVREBBE OTTENUTO IL RINNOVO DEL CONTRATTO DI CONSULENZA SUPERIORE AL MILIONE €

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marchionne saluta a pugno chiuso

1 - L'ULTIMA SMARGIASSATA DI MARPIONNE
Gli inquilini del palazzo di piazza Vittorio a Torino che si trova davanti al Po dicono che per tutta la notte Sergio Marpionne ha ascoltato a pieno volume musica classica e la celebre canzone di Bobby McFerrin, "Don't worry, be happy".

EMMA MARCEGAGLIA

Non si tratta di nevrosi, ma del passatempo preferito del manager dal pullover sgualcito che ha informatizzato la sua casa torinese a due passi da quella di Galateri di Genola, Domenico Siniscalco e del sindaco Chiamparino. Ieri sera però il capo di Chrysler-Fiat non sembrava felice ed era in preda a quella solitudine che secondo il filosofo Schopenhauer accompagna la sorte degli spiriti grandi e che il grande ballerino Nureyev attribuiva a chi vola in alto.

BONANNI

Di questo stato d'animo aveva parlato domenica Emma Marcegaglia lamentando "la solitudine in cui il governo ha lasciato le imprese" e ieri Marpionne ha aggiunto di essere rimasto solo nella battaglia per Pomigliano e Mirafiori. Queste parole le ha pronunciate insieme all'ennesimo ultimatum ai lavoratori e ai sindacati dell'azienda Bertone, una firma storica del design automobilistico che ha le sue origini nel 1912 e che nel luglio 2009, dopo una tremenda crisi tra gli eredi, è stata rilevata dalla Fiat.

Luigi Angeletti - Copyright Pizzi

Non è la prima volta che l'italo-canadese lancia messaggi inquietanti; basti pensare a quando nell'ottobre scorso nello studio di Fabio Fazio disse che "senza l'Italia il Lingotto farebbe meglio" e in altre occasioni aggiunse: "considero veramente osceno il trattamento della Fiat in questo Paese".

Paolo Romani

Così, dopo fiumi di complimenti e un oceano di agiografie (come quella di Gianni Riotta che scrisse sul "Sole 24 Ore" "con una spallata Marchionne ha aperto la porta del presente") lo smemorando figlio del carabiniere Concezio piccona un altro tassello del made in Italy.

C'è qualcosa di ingiusto nell'ultimatum di questo "straniero" che dopo aver spiazzato le istituzioni, ha spaccato il sindacato, capovolto il confronto sulle regole del lavoro, diviso imprenditori e politici, facendo vedere all'orizzonte lo specchietto di quella Fabbrica Italia da 20 miliardi dalla quale sottrae i simboli della creatività e dell'eccellenza.

Maurizio Sacconi

C'è da chiedersi che cosa ne pensino i sindacalisti Bonanni e Angeletti che si sono prostrati davanti a Sergio il Grande, mentre è inutile girare la stessa domanda a ministri come Paolo Romani e Maurizio Sacconi che hanno fatto tappetino davanti al manager che nel 2007 citava nei suoi discorsi Nietzsche e diceva "le grandi imprese dovrebbero togliersi il cappello dell'arroganza".

cm21 alberto tripi marco staderini

L'unica cosa certa rimane la volontà di trasferire oltreAtlantico sempre di più le attività della Fiat e della capitale dell'automobile. L'ennesima conferma è arrivata questa mattina alle 8,48 con un flash dell'agenzia Radiocor che annuncia l'incremento della Fiat in Chrysler di un altro 5%.

Per gli economisti, che se ne fregano della solitudine, questa si chiama semplicemente "delocalizzazione", un processo che trasferisce altrove le attività delle aziende a danno dell'occupazione. Tra di loro c'è comunque chi comincia a pensare che nel medio e lungo termine la delocalizzazione non sia un grande business e lo pensa anche qualche imprenditore solitario che non si aspetta un aiuto dal governo.

DIEGO DELLA VALLE CON FRATELLINO

L'ultimo esempio è arrivato nei giorni scorsi dalla società dei call center di Alberto e Marco Tripi che ha introdotto nel proprio statuto una clausola rivoluzionaria secondo la quale l'azienda si vincola a non delocalizzare se questa scelta dovesse compromettere i livelli occupazionali in Italia.
Forse il manager dal pullover sgualcito e la Marcegaglia farebbero bene a ragionare su questi piccoli esempi di italianità piuttosto che perdersi nella solitudine.

Clemente Mastella

2 - LO SCARPARO LASCIA LA PRESIDENZA DEL GRUPPO TOD'S: D'ORA IN AVANTI SI DEDICHERÀ "A TENERE CONTATTI IN TUTTO IL MONDO"
Dieguito Della Valle se ne va e lascia la presidenza del Gruppo Tod's.
La notizia può apparire clamorosa, ma bisogna leggere bene l'intervista concessa al quotidiano spagnolo "El Pais" e ripresa oggi dal quotidiano "MF" dell'amico Paolo Panerai. In realtà sul giornale di Madrid, che pochi giorni fa ironizzava sulla sponsorizzazione del Colosseo dove i falsi centurioni avrebbero dovuto indossare le scarpette a pallini (zapatillas), lo scarparo marchigiano annuncia la sua volontà di passare la mano nella guida del Gruppo al fratello Andrea, più giovane di quasi 15 anni.

bollore article

"Confermo che nei prossimi mesi sarà lui ad assumere il controllo anche se naturalmente sarò sempre vicino al Gruppo e a mio fratello con le mie idee e i miei consigli". La decisione del giovane anziano arriva a sorpresa, ma non è da interpretare come un riflesso condizionato della battaglia contro gli arzilli vecchietti della finanza italiana. Certo, quando il giornale spagnolo gli chiede che cos'è il potere, Dieguito dà una risposta che ricorda da vicino quel capitalismo relazionale che ai suoi occhi è stato il grande peccato di Cesarone Geronzi.

L'imprenditore di Casette d'Ete dice infatti che d'ora in avanti si dedicherà "a tenere contatti in tutto il mondo", ma a scanso di equivoco riconferma la sua volontà di allargare il piccolo impero negli Stati Uniti dove nel maggio 2009 ha messo i piedi nei magazzini Saks della Quinta Strada, e in altre operazioni finanziarie "che faccio per dare sempre più forza al mio Gruppo e alla capofila Tod's".

ind38 antoiner bernheim

Il passo indietro avverrà prima dell'estate quando in genere Dieguito porta sulla barca lo statista-mozzo di Ceppaloni, Clemente Mastella, che lo aiuta a capire dove va la politica. E comunque la sua decisione non dovrebbe compromettere i compensi che l'azienda gli ha riconosciuto l'anno scorso. Secondo il giornalista Gianni Dragoni, un vero maniaco che sa spulciare i bilanci delle società, lo scarparo ha ricevuto una busta paga di 3 milioni lordi dei quali 2,1 come bonus (3,83 volte il compenso dell'anno precedente).

A questi bisogna aggiungere i gettoni di presenza come consigliere di Generali (133mila euro), Rcs (30mila) e Marcolin (20mila), l'azienda degli occhiali dove detiene una quota del 20% pari a quella del suo amico di merenda Luigino Abete.

Alberto Nagel e Renato Pagliaro

3 - DOPO IL TERREMOTO PROVOCATO DENTRO LE GENERALI CON IL RIFIUTO A FIRMARE IL BILANCIO 2010, BOLLORÈ SARÀ IN CONDIZIONE DI FARE L'AGO DELLA BILANCIA NEGLI ASSETTI FUTURI DI MEDIOBANCA, DOVE SI TROVA SEDUTO ACCANTO A QUEL TARAK BEN AMMAR CHE SEMBRA AVER PERSO IMPROVVISAMENTE LA LINGUA.
I fotografi sono appostati ancora una volta davanti all'ingresso di Mediobanca in Piazzetta Cuccia, e per l'ennesima volta cercheranno di strappare un'immagine dei consiglieri che oggi si riuniscono per fare il punto sulle ultime vicende.
Prima del consiglio di amministrazione si riunirà il Comitato esecutivo composto da 9 membri tra cui Vincent Bollorè, il finanziere franco-bretone che con le sue sortite maldestre ha fatto crollare il salotto delle Generali.

C'è molta attesa per le decisioni che il miliardario francese prenderà in vista del rimescolamento del patto di sindacato che governa la merchant bank milanese. Il suo arrivo a Piazzetta Cuccia è stato preceduto dalla penosa polemica nei confronti del suo vecchio padre putativo Antoine Bernheim che non si stanca di rivendicare i meriti per i successi della Compagnia di Trieste durante i lunghi anni della sua gestione.

perissinotto giovanni


Ieri in un'intervista al quotidiano "Les Echos" l'ottuagenario Bernheim ha rivelato che il "figlio" Bollorè gli ha tagliato l'utilizzo dell'aereo, un segno di ingratitudine profonda da parte di un uomo che ha costruito il suo impero grazie al più arzillo vecchietto della finanza europea. Questa però è una polemica che francamente lascia il tempo che trova; molto più importante è capire se dopo il terremoto provocato dentro le Generali con il rifiuto a firmare il bilancio 2010, Bollorè sarà in condizione di fare l'ago della bilancia negli assetti futuri di Mediobanca, dove si trova seduto accanto a quel Tarak Ben Ammar che sembra aver perso improvvisamente la lingua.

E qui va registrato che girano strane voci sui quattrini che il biondo bretone potrebbe buttare sul piatto. Qualcuno dice che la sua fortuna calcolata in 2,9 miliardi (11esima nelle classifiche francesi) comincia a scricchiolare, ma per Dagospia che è andata a spulciare nei bilanci di Financiére de l'Odet, attraverso la quale Bollorè controlla con il 67,1% le sue attività in giro per il mondo, queste voci hanno un sapore soltanto malevolo. Il gruppo fondato nel 1822 da Bollorè ha avuto un momento di crisi, ma nel 2010 ha aumentato il giro d'affari del 17% portandolo vicino ai 7 miliardi.

GIULIANO ZOPPIS

A mettere fieno in cascina sono il petrolio, i trasporti, la logistica e la pubblicità che Bollorè gestisce attraverso il colosso Havas che sperava di mettere le mani sui 40 milioni di budget di advertising delle Generali (un business probabilmente compromesso).
Come si vede al biondo bretone le munizioni non mancano e non gli manca nemmeno la voglia di aumentare la sua quota del 5% nel cosiddetto salotto di Mediobanca per rendere la vita difficile ai ragazzi di Milano (Nagel, Pagliaro) e a quelli di Trieste (Perissinotto, Agrusti).

Giuliana Paoletti

4 - COMUNICAZIONE: ZOPPIS ESCE DALL'ABI, GIULIANA PAOLETTI FA TOMBOLA: AVREBBE OTTENUTO IL RINNOVO DEL CONTRATTO DI CONSULENZA SUPERIORE AL MILIONE DI EURO
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che nel piccolo mondo della Comunicazione si parla di un uomo e di una donna che stanno per fare le valigie.
Il primo è Giuliano Zoppis, l'ex-vicedirettore dell'Ansa che cura le relazioni esterne dell'Abi. Da quando il boccoluto Mussari ha avocato la gestione della comunicazione, la funzione di Zoppis è stata rimessa in discussione e la sua uscita sembra imminente.

La donna di cui si parla è invece Giuliana Paoletti, titolare dell'agenzia ImageBuilding che dai tempi di Alessandro Profumo è consulente di Unicredit. Secondo "Finanza&Mercati" (il quotidiano di Coppola vivacizzato dall'arrivo del nuovo direttore Gianni Gambarotta) la Paoletti avrebbe ottenuto il rinnovo del contratto di consulenza superiore al milione di euro. Una cifra che fa discutere l'intero mondo dei disgraziati addetti alla comunicazione".

 


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