1 - LANDE CONFESSA: "CI SONO 12 CONTI CIFRATI"...
Maria Elena Vincenzi per "la Repubblica"
Dodici conti cifrati e mascherati che non sono nelle famose liste. Depositati all´estero. Quelli top, i fiori all´occhiello da tenere nascosti ad "occhi indiscreti". Di cui ha fornito i riferimenti. E, per di più, l´ammissione di aver commesso operazioni illecite cosa che, però, i suoi clienti sapevano bene. Comincia a collaborare, Gianfranco Lande, il "Madoff dei Parioli", arrestato il 24 marzo scorso per una megatruffa da 170 milioni di euro ai danni di migliaia di investitori.
Lo ha fatto durante le sei ore di interrogatorio di mercoledì sera davanti al pubblico ministero Luca Tescaroli, titolare dell´indagine che ha portato in carcere lui, ritenuto la mente della truffa, e altri quattro indagati (Raffaella Raspi, Andrea Raspi, Roberto Torregiani e Giampiero Castellacci). Un´audizione fiume durante la quale gli è stato contestato anche il reato di riciclaggio, accusa per cui il broker è stato iscritto al registro degli indagati.
E potrebbe non essere l´unica: Lande rischia di essere incriminato anche per bancarotta se le istanze presentate contro la sua società, la Egp Italia, porteranno a una pronuncia di fallimento. Intanto, però, dopo l´associazione per delinquere di carattere transnazionale finalizzata ai reati di abusivismo finanziario, al compimento di reati di truffa e di appropriazione indebita, nei suoi confronti si procede anche per riciclaggio. È questo, per ora, il nuovo fronte delle indagini del nucleo valutario della Guardia di Finanza coordinate dal sostituto Tescaroli e dal procuratore aggiunto Nello Rossi.
Flavio CarboniUn´accusa generica che non avrebbe a che vedere solo con il legame tra il "Madoff dei Parioli" e il clan dei Piromalli che gli avrebbero affidato 14 milioni di euro da investire. Anche perché, gli eventuali legami con clan mafiosi sono ancora al vaglio degli inquirenti e tutti da verificare. Così come sotto la lente dei magistrati sono presunti rapporti con la P3: Tescaroli gli ha chiesto del suo legame con Flavio Carboni e Marcello Dell´Utri.
Sei ore in cui l´argomento portante sono stati i business delle sue società. Una di queste era la Vector Aerospace Llp che, nel 2008, assicurò la tedesca Eads per i rischi di una penale (pari al 5 per cento) su un contratto che questa aveva stipulato con il governo austriaco per la fornitura di caccia. Un affare enorme, da 14 miliardi di euro, per il quale la società tedesca doveva tutelarsi. E per farlo scelse proprio Lande. A metterli in contatto, ha spiegato il broker, fu un dirigente di Finmeccanica: la Eads è infatti una consorziata di Alenia Aeronautica, a sua volta satellite del gruppo di piazza Montegrappa. Vicenda che fece incassare al "Madoff dei Parioli" il premio assicurativo.
È prevista per oggi, intanto, l´udienza del tribunale del Riesame per decidere sui sequestri del materiale dei cinque indagati. Mentre è fissato per il 14 aprile l´esame, da parte del Tribunale della libertà, della revoca dell´ordinanza di custodia cautelare in carcere per Lande, richiesta dai suoi difensori Salvatore Sciullo e Susanna Carraro. In quell´occasione il finanziere rivendicherà che i fondi gestiti da lui erano sottoposti al controllo degli organi di vigilanza e che esisteva un piano di ristrutturazione finalizzato, nel lungo termine, a restituire le somme di danaro, come ha spiegato ieri agli inquirenti.
2- LA FINANZA STA SETACCIANDO L´ALTRA LISTA: IN MOLTI AVREBBERO RINUNCIATO ALLO SCUDO FISCALE PAGANDO LE TASSE ATTRAVERSO LA EIM Federica Angeli per "la Repubblica"
DELL UTRILa lista dei 500 investitori di Lande, ovvero l´elenco dei clienti Eim che non hanno usufruito dello scuso fiscale, sembra essere ancora più inquietante dei 733 in cui sono apparsi nomi di vip, notabili romani e calciatori. In questo lungo elenco di "vittime", ancora tutto da setacciare dagli uomini del nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza, più che nomi di personaggi noti, a destare sospetti sono le cifre degli investimenti.
Accanto infatti a una miriade di piccoli creditori sparsi in tutta Italia - quaranta in Puglia, altri in Campania, numerosi anche in regioni del nord - ci sono nominativi di chi alla Eim ha affidato trenta milioni di euro. Prestanome legati alla criminalità organizzata? Amici di cosche mafiose? E´ presto per dirlo, spiegano gli inquirenti. L´analisi degli "appunti" che Gianfranco Lande, il Madoff dei Parioli, ha trascritto sul suo computer e che ora è in mano alla magistratura, è all´inizio. Tutta da decifrare, collegare, comprendere.
Ma è da questa lista di 500 che si ricostruirà il patrimonio del re della truffa e dei suoi soci. Chi ha scelto di non fare lo scudo fiscale e di non passare quindi alla nuova società Egp avrà avuto i suoi "buoni motivi", fanno capire gli investigatori. Anche se, precisano, ogni singola posizione, ogni singolo individuo presente in quella lista ha sicuramente una storia diversa dall´altro.
Lì dentro c´è il piccolo investitore che ha consegnato nelle mani della gang del raggiro cinquantamila euro e che magari non ha usufruito dello scudo perché ha pagato le tasse attraverso la dichiarazione di consistenza della Eim, e chi invece voleva, in accordo con Gianfranco Lande, continuare a tenere nascosti quegli investimenti da capogiro finalizzati chissà a quale affare.
SABINA GUZZANTIE, a testimonianza di questo distinguo, è degno di nota un episodio accaduto il 23 agosto del 2010. Quando Lande è stato vittima di un´aggressione. Quaranta piccoli risparmiatori, arrivati con due pullman dalla Puglia, hanno deciso di occupare la palazzina anni Venti. Erano le 11 del mattino.
Il Madoff capitolino era già nel suo ufficio quando una delle segretarie, voce colma di imbarazzo, ha avvisato il boss che, al piano terra, quaranta persone chiedevano un colloquio con lui. «Falli aspettare giù, non farli salire. Prima o poi se ne andranno». Previsione sbagliata: esasperati da mesi di bugie, infuriati per aver investito e mai più rivisto chi trenta chi cinquantamila euro, risparmi di una vita, i quaranta hanno occupato l´intero palazzo. Dal seminterrato fino ai corridoi del terzo piano. «Senza i nostri soldi, da qui non ci muoviamo». E così è stato.
L´intervento di due volanti della polizia è servito a poco: l´esercito dei piccoli risparmiatori è uscito dal palazzo, ma non si è mosso dall´entrata. Fino a mezzanotte, quando Lande, per poter lasciare l´edificio e tornare a casa, ha deciso di ricevere due rappresentanti del gruppo. Quindi ha staccato 40 assegni - tutti rigorosamente scoperti e poi andati protestati - con gli importi dovuti. Prima di andarsene però uno di loro lo ha schiaffeggiato, applaudito dal resto del gruppo.
DAVID RIONDINO
3 - EGP NON ERA NEMMENO QUOTATA IN BORSA: UN PORTAFOGLIO GONFIATO SVELÒ IL RAGGIRO
Anna Maria Liguori per "la Repubblica" - Roma
È stata la Consob ad alzare il coperchio sul pasticciaccio della Egp, società di diritto francese costituita in Francia da alcuni italiani, "casa madre" della truffa del Madoff dei Parioli. Una storia che parte alla fine del 2009 e che lungo il dodici mesi del 2010 porta al baratro finanziario i suoi clienti.
I fatti sono chiari. Essendo la Egp una società francese è ovviamente sottoposta alla vigilanza dell´autorità nazionale, l´Amf, equivalente della Consob italiana. In base ad una normativa comunitaria, una società che è autorizzata ad operare nella Ue non deve chiedere ulteriori autorizzazioni nei singoli Paesi ma deve semplicemente notificarlo all´autorità competente della nazione in cui opera.
Quindi la Egp, forte dell´autorizzazione francese, ha potuto notificare alla Consob l´apertura di una succursale italiana: era il 2004. La succursale fino al 2009 raccoglie circa 50 clienti, per un totale di "massa amministrata" di circa 18 milioni di euro. Ma la Consob attiva i propri strumenti di controllo e lo fa attraverso l´unico adempimento che la succursale della Egp deve all´Italia, attraverso cioè il rapporto annuale sull´attività dell´anno precedente: nel rapporto, consegnato all´inizio del 2010 alla Consob, viene specificato che se nel 2009 la succursale ha avuto al suo attivo solo 50 clienti ma che per il 2010 ci si aspettava un aumento sostanziale di clienti, circa 800.
CLAUDIA RUSPOLITanto è bastato. La Consob decide di approfondire e trova gravi irregolarità: tra queste emerge che nel portafoglio c´erano titoli della società Dharma Holding Lusserburg che è la capogruppo di Egp. La Dharma non è quotata in borsa, il che significa che le obbligazioni emesse dalla società sono "illiquide", cioè nel momento in cui il possessore decide di venderle difficilmente troverà un acquirente. La Egp aveva venduto titoli di una società non quotata ed era la "controllante" della Egp cosa in contrasto con la normativa italiana. La Consob avverte l´autorità francese.
La Amf decide il commissariamento cautelare della "controllante" francese. Subito dopo la Consob chiede il commissariamento della succursale italiana, informa la procura di Roma e la Guardia di finanza. Il resto è noto.
E anche la Banca d´Italia chiarisce: «La Egp è la succursale di una Sim di diritto francese vigilata dalle autorità francesi. La Banca d´Italia non ha alcuna competenza o responsabilità di vigilanza. Le autorità francesi hanno nominato un amministratore provvisorio. La Banca d´Italia ha collaborato per favorire la ricerca di soluzioni sulla base di un accordo di assistenza tecnica richiesto dalle autorità francesi. A seguito della revoca dell´autorizzazione ad operare disposta dalla Banca di Francia, è stato possibile promuovere la liquidazione coatta amministrativa della succursale italiana».
A proposito di Orconsult e dei trenta milioni spariti le azioni delle Fin.Pet.Spa risultano date fiduciariamente da terzi alla Finnat Fiduciaria Spa fino al 14 febbraio 2011. Non risultano azioni di questa società intestata alla Finnat Fiduciaria né è mai esistito un rapporto di natura proprietaria o gestionale tra la Fi.Pet.Spa e Banca Finnat Euramerica Spa.