Giacomo Amadori per "Panorama"
Gianfranco LandePer molti è già la frode del decennio. I giornali hanno riempito pagine con gli elenchi e le foto di presunti truffati, più o meno famosi. Trascurando, forse, la questione centrale: come sia stato possibile che un ex funzionario di banca (Gianfranco Lande), un suo ex collega supersportivo (Roberto Torregiani) e un aristocratico romano (Gian Piero Castellacci de Villanova), tutti dal 24 marzo finiti a Regina Coeli per associazione per delinquere e altri reati, abbiano potuto esercitare per almeno due decenni in modo abusivo l'attività di intermediazione finanziaria nel cuore di Roma senza che nessuno se ne accorgesse.
Basta davvero un elegante ufficio di rappresentanza (gli arrestati ne avevano quattro) con targhe dorate sulla porta per evitare i sospetti dei risparmiatori? Forse questa storia, vip a parte, ci racconta come il sistema globale non abbia gli anticorpi per difendersi da chi promette rapidi arricchimenti in cambio di rischi non calcolati. Secondo l'accusa, Lande ha potuto creare una struttura ambiziosa, anche se abusiva.
Infatti il guru dei Parioli, dopo l'esperienza in San Paolo-Imi Invest, nei primi anni 90 inaugura i suoi prodotti competitivi: offre rendite superiori ai concorrenti e, almeno in parte, mantiene le promesse. Il motivo è semplice: il gruppo raccoglie fondi soprattutto attraverso una rete di 26 società dall'intestazione simile (la sigla più gettonata è Eim, European investments management), quasi tutte ubicate all'estero, anche in paesi offshore.
Queste scatole esotiche non sono registrate negli albi delle nostre autorità di controllo, una scelta che per anni ha permesso di dribblare i controlli della vigilanza e di agire al di fuori delle regole, che hanno un costo, ma sono una garanzia per gli investitori. Qui, invece, si vola ad alta quota senza il paracadute. Ora i presunti truffati si fanno coraggio su internet, ben sapendo che la dura legge del 2005 sul risparmio (conseguenza dei crac Parmalat e Cirio) non restituirà loro il maltolto e che non esiste un fondo di garanzia per i clienti di società abusive.
Intanto gli uomini del nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza stanno cercando di salvare il salvabile e attendono le risposte alle rogatorie, indirizzate nei paradisi fiscali dove Lande e soci avevano costituito fondi chiusi in cui sarebbero raccolte azioni e obbligazioni per quasi 140 milioni di euro: bisognerà vedere se contengano ancora soldi o se il presunto tesoretto sia di... carta straccia.
Dopo avere risolto questo dilemma, i magistrati di Roma, coordinati dal procuratore aggiunto Nello Rossi, potrebbero valutare ipotesi di riciclaggio e di evasione fiscale. Il gioco, in realtà, viene scoperto già nel 2009, grazie a un esposto. Quello della signora Paola V., che non riesce a riavere indietro i soldi che aveva affidato a Torregiani.
Da un anno è iniziata la crisi economica internazionale e i miracolosi rendimenti della Eim e del gruppo Dharma, con base in viale di Villa Grazioli, la preoccupano. Grazie a Paola V. parte la valanga. Sulle piste della presunta associazione per delinquere si lanciano i segugi delle Fiamme gialle. Nei computer finisce l'elenco delle tre diverse Eim: la buccia di banana su cui cadono gli attuali arrestati è la mancata iscrizione all'albo della Consob (la Commissione nazionale per le società e la borsa) e delle parallele autorità finanziarie estere.
SABINA GUZZANTILa pistola fumante: l'abusivismo è un reato che prevede una pena sino a 8 anni, ben superiore ai 3 previsti per la truffa. La procura apre un fascicolo contro la presunta «banda del buco». I militari controllano sull'anagrafe tributaria i movimenti della Eim inc. che ha un conto corrente in Italia, attraverso il quale una quantità enorme di denaro vola oltre confine. Vengono effettuati accertamenti bancari per verificare se l'attività sia rivolta al pubblico: decine di bonifici lo confermano.
A questo punto i finanzieri identificano i primi clienti e li convocano come testimoni. Un viavai di persone qualunque e di vip, d'impiegati e di politici, preoccupati di avere perso i risparmi. La truffa inizia a emergere dalla nebbia degli schermi societari. Gli investigatori compulsano su internet le banche dati delle camere di commercio estere, della Companies house britannica, della Zefix svizzera, della Legilux lussemburghese.
Si ricostruisce un reticolo di società che parte dal Lussemburgo (Dharma holdings), passa per la Francia (Européenne de gestion privée, la Egp iscritta alla Camera di commercio di Parigi) e la Gran Bretagna (Eim), ma opera nel microcosmo dei Parioli di Roma, dove ha quasi tutti i suoi clienti. E proprio qui c'è il rischio di un effetto domino, visto che in un altro circolo esclusivo ha recentemente fatto decine di vittime un broker la cui società, la Orconsult, è appena finita in liquidazione coatta.
LA GUZZANTINA CATERINANel gennaio 2010 su internet viene lanciato il primo sos: Pietro Di Prato, in un forum dell'Aduc, associazione di difesa dei consumatori, racconta la disavventura di un amico che ha investito con la Dharma holdings: «La scorsa settimana ha chiesto di avere indietro il capitale, ma gli è stato risposto di attendere fino ad aprile e che nel frattempo non riceverà più gli interessi». La Dharma holdings replica con una lunga precisazione. Per qualche mese il web tace, ma gli investigatori scoprono altre irregolarità.
Per esempio che gli investitori, in cambio dei loro soldi, non firmano alcun contratto: ricevono solo fotocopie dei propri assegni, estratti conto su carta non intestata; a volte siglano complessi documenti in lingua inglese che autorizzano Lande e soci a investire nei derivati d'Oltremanica, i prodotti più rischiosi. E nessuno, al contrario di quel che prevede la direttiva comunitaria Mifid, chiede ai risparmiatori la loro propensione al rischio.
In fondo, molti degli interlocutori sono persone con esperienza: commercialisti (persino un consulente del tribunale), avvocati, manager. Lande li convince tutti e i soldi vengono investiti nei suoi fondi chiusi non liquidabili, prodotti finanziari che studia in maniera maniacale.
Spesso si trovano in paradisi fiscali segnalati nelle liste nere della comunità internazionale. Piccole Tortuga, dove non esiste la parola impossibile. E con la crisi finanziaria internazionale del 2008, per l'accusa, quei fondi diventano buchi neri: 75 milioni di euro, raccolti da Lande e compagni, sono convertiti in azioni, 55 finiscono alle Isole Vergini britanniche (52 solo nel Blu water fund), 11,5 alle Bahamas (10 nello Eim Bahamas Eurofund). Otto milioni e mezzo prendono la strada del Belgio. Le obbligazioni, invece, inghiottono altri 63 milioni. Il fondo EuxBB 0,05, un'altra creatura di Lande, entra nei portafogli dei clienti con 35 milioni di euro di bond. Altri 10 milioni diventano titoli Dharma.
Paolo GuzzantiLa banda, secondo gli inquirenti, a questo punto smette di essere una finanziaria (seppure abusiva) e inizia a «vendere il Colosseo» con una specie di catena di Sant'Antonio: i risparmi degli ultimi arrivati (cui vengono fatti sottoscrivere pacchi di obbligazioni Dharma) servono a liquidare gli investitori più preoccupati. Lande e i suoi non li avvertono delle difficoltà e anzi li rassicurano sino all'ultimo.
Per uscire dall'impasse, le varie Eim (il braccio illegale della holding) provano a trasferire i clienti alla Egp, società riconosciuta dalla Consob, e propongono ai malcapitati di avvalersi dello scudo fiscale: secondo gli specialisti delle Fiamme gialle, è l'ultimo gioco delle tre carte per rimandare ancora la restituzione dei denari.
Tra i clienti, in pochi rifiutano la proposta visto che l'importante è riavere i soldi. Per chi indaga, però, la maggioranza dei sottoscrittori Eim era in buona fede e non aveva bisogno di regolarizzare la propria posizione con il fisco, avendo investito i soldi in Italia. Al contrario, bisognerà capire se ci sia qualcun altro che ha approfittato della «invisibilità» delle Eim per far sparire i propri averi dall'Italia e farli poi rientrare legalmente con lo scudo.
ParioliL'inchiesta decolla nell'autunno 2010: i finanzieri perquisiscono gli uffici dei sospettati, mentre 36 persone sporgono denuncia. I giornali iniziano a occuparsi di Egp: a fine anno viene nominato un commissario liquidatore in Francia, nel gennaio 2011 in Italia (ha appena dichiarato l'insolvenza della società). Lande resta a lavorare a un piano di ristrutturazione. Sino all'arresto dei membri della banda, il 24 marzo scorso. Ora i loro piani potrebbero essere svelati dalle tre «gole profonde», legate agli inquisiti, che stanno collaborando con chi indaga.
Ma le disavventure giudiziarie del gruppo non sembrano rasserenare i vecchi clienti, anche perché i loro nomi sono finiti su quotidiani e tv. Su internet, Jonny riassume così il pensiero di tutti: «Inizio a ricevere telefonate del tipo: "Sei tu o non sei tu?". Non solo questi truffatori ci hanno rovinato la vita, ma adesso ci si mettono anche i giornali a darci il colpo di grazia».
I documenti che provano l'iscrizione di EGP
Sito della Consob - Comunicati, interventi e convegni
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