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FORZA GHEDDAFI! - IL MAESTRO DI SCI FRATTINI PROCEDE NELLA SUA ELABORATA STRATEGIA DIPLOMATICA: ANDARE A TASTONI - L’ULTIMA è IL “DIBATTITO SULL’AUTODIFESA DELLE OPPOSIZIONI” - INTANTO GLI USA AVVERTONO CHE I RIBELLI NON SONO IN GRADO DI SCACCIARE IL RAIS DA SOLI - E MENTRE LA NATO PER SBAGLIO AMMAZZA ANCHE GLI INSORTI A BENGASI GRIDANO VIVA L’ITALIA (CHISSà PERCHé) - LONDRA ACCELERA: NUOVI CACCIA PER I RAID E L’INVITO AI PAESI ARABI A SOSTENERE LA RIVOLTA…

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1. FRATTINI, APRIRE DIBATTITO SU AUTODIFESA OPPOSIZIONI...
(ANSA)
- "Si deve aprire un dibattito sull'autodifesa delle opposizioni" in Libia dove "alcuni Paesi hanno detto di sì e stanno fornendo le armi, altri hanno dei dubbi". Lo dice il Ministro degli Esteri, Franco Frattini, conversando con i giornalisti in Transatlantico. "Io stesso credo che sia un tema da affrontare tutti insieme ma che, come estrema ratio, non si può escluderé, ha aggiunto il ministro, sottolineando l'assurdità di dover assistere ai carri armati che sparano sui civili "perché questo non vuol dire proteggere i civili". "Però - ha concluso - non possiamo neanche bombardare i carri nelle città perché c'é il rischio di colpire i civili".

FRANCO FRATTINI

2. USA, FORZE RIBELLI NON IN GRADO DI CACCIARE GHEDDAFI
(ANSA)
- Le forze ribelli in Libia non hanno molte probabilità di togliere il potere a Muammar Gheddafi. Lo ha detto oggi al Congresso il generale Carter Ham. comandante dello US Africa Command. Secondo il generale in Libia "si è delineata una situazione di stallo tra le due forze opposte".


3. FRANCIA, QUESTIONE E' 'CONDIZIONI PARTENZA GHEDDAFI'
(ANSA)
- Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, ha dichiarato oggi durante un'audizione in Senato che la questione che si pone oggi in Libia è "sapere a quali condizioni Gheddafi se ne andrà".

libia r

"La questione che si pone oggi - ha detto Juppé - è sapere in quali condizioni Gheddafi se ne andrà e non in che modo potrà tenere il potere". Quanto ai risultati dell'operazione internazionale in Libia, il ministro degli Esteri ha affermato che "oltre alla protezione delle popolazioni civili, su Bengasi in particolare, abbiamo già destabilizzato Gheddafi". Il leader libico "é screditato - aggiunge il capo del Quai d'Orsay - l'uso della forza contro il suo popolo esige che se ne vada", ma ci sono divergenze con altri paesi europei sulle modalità per ottenere questo obiettivo: "Alcuni fra i nostri partner - dice Juppé - ritengono che la sanzioni siano sufficienti. E su questo punto c'é una divergenza".

4. RSF, SCOMPARSI QUATTRO GIORNALISTI STRANIERI
(ANSA-AFP)
- Quattro giornalisti stranieri (due statunitensi, un sudafricano e uno spagnolo, si è corretta l'agenzia Afp) sono scomparsi in Libia: lo denuncia l'associazione Reporters Sans Frontieres (Rsf).

Guerra in Libiae

"L'organizzazione (Rsf) ha appreso da fonte sicura della sparizione di quattro giornalisti nell'est del Paese dal 4 aprile scorso. Si tratterebbe di un giornalista sudafricano, di due colleghi americani e di uno spagnolo" La preoccupazione è forte per la sorte di questi quattro giornalisti", ha scritto l'organizzazione in un comunicato diffuso a Parigi. Rsf ha anche protestato contro il mancato rinnovo dei visti libici per 26 giornalisti stranieri che erano stati "invitati" dal regime di Muammar Gheddafi. Mancato rinnovo che l'associazione internazionale per la difesa della libertà di stampa assimila a una "espulsione".

5. BBC, ALMENO 13 INSORTI UCCISI IN RAID NATO...
(ANSA)
- Almeno 13 insorti sono rimasti uccisi in raid Nato che hanno colpito la periferia di Ajdabiya. Lo riferiscono fonti ospedaliere citate dalla Bbc.

Guerra in Libiac

L'inviato della Bbc Wyre Davies ha raccontato di caos alla periferia di Ajdabiya, con gli insorti che battevano in ritirata e raccontavano di essere stati colpiti dai raid della Nato. Uno dei ribelli ha detto di aver visto almeno quattro missili atterrare nei pressi di postazioni di insorti. Molte persone sono rimaste uccise e molte altre sono rimaste ferite, ha aggiunto.

6. NATO APRE INCHIESTA SU VITTIME FUOCO AMICO A BREGA...
(ANSA)
- La Nato ha aperto un'inchiesta per accertare le modalità del raid condotto nei pressi della città portuale petrolifera di Brega, nell'est della Libia, dove sono morte almeno cinque persone, fra cui due insorti. Secondo un comunicato dell'Alleanza, l'inchiesta punta a chiarire i dettagli specifici dell'incidente, per verificare le responsabilità. E' la seconda volta in meno di una settimana che i ribelli lamentano caduti da parte del "fuoco amico" dei raid della Nato.

Guerra in Libia e

7. EUFOR POTREBBE ATTIVARSI PER EMERGENZA MISURATA...
(ANSA)
- Eufor-Libia, la missione militare europea a carattere umanitario, la cui guida è stata affidata all'Italia, potrebbe essere attivata per fare fronte all'emergenza umanitaria a Misurata, la città libica sotto assedio da oltre 40 giorni. Lo hanno indicato a Bruxelles fonti diplomatiche, precisando che l'avvio della missione è "condizionato" alla richiesta dell'Ocha, l'ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell'Onu.

8. LONDRA ACCELERA, NUOVI CACCIA PER RAID. AI PAESI ARABI, ASSUMETE PRIVATI PER ADDESTRARE RIBELLI...
Mattia Bernardo Bagnoli per l'ANSA
- La Gran Bretagna di David Cameron va in pressing, sia dal punto di vista militare che da quello diplomatico. La Raf, infatti, sta convertendo quattro caccia Typhoon alle operazioni aria-terra, così da poter aumentare la propria capacità di fuoco sugli obiettivi militari del rais, mentre, allo stesso tempo, il governo chiederà alle nazioni arabe che sostengono la coalizione di occuparsi dell'addestramento degli insorti.

Guerra in Libia

Magari delegando il compito ad agenzie private che si avvalgono dei servigi di ex Sas o di altre forze speciali occidentali - tutto insomma pur di evitare lo stallo fra lealisti e ribelli. Secondo fonti interne al Gabinetto, citate dal Guardian, uno dei paesi che potrebbe rendersi disponibile ad addestrare i ribelli in prima persona è la Giordania. "Hanno i migliori ufficiali e probabilmente il miglior esercito della regione", ha spiegato la fonte. L'operazione non sarà però breve: ci potrebbe volere infatti almeno un mese per portare gli insorti al punto di saper gestire una manovra offensiva capace di scalfire le truppe fedeli a Gheddafi.

Guerra in Libia

"I ribelli - ha proseguito la fonte - non stanno avanzando. Si limitano a guidare i mezzi in fondo alla strada poi, quando vedono le armi, fanno inversione e tornano indietro". Il senso è chiaro: finché i rivoluzionari non mostreranno di saper fare meglio la guerra è molto difficile che i raid aerei da soli potranno essere sufficienti a scalzare da Tripoli la famiglia Gheddafi. Ecco quindi l'idea delle società di sicurezza private ingaggiate da paesi arabi - in questo caso Qatar o Emirati Arabi Uniti - come metodo per non violare la risoluzione Onu e allo stesso tempo non urtare la sensibilità delle popolazioni mediorientali. Il tempo però stringe. Secondo Londra, infatti, il cessate il fuoco presto si renderà inevitabile: a quel punto si guarderà alla cartina della Libia e si tireranno le somme.

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E i ribelli non sembrano capaci di far pendere l'ago della bilancia molto oltre. Eppure anche a Bengasi i nervi iniziano a farsi tesi. Abdel-Fattah Younis, capo delle operazioni militari degli insorti, ha ad esempio criticato la lentezza a intervenire della Nato e i pochi progressi fatti a Misurata. Che la dipartita degli Usa dal fronte inizi a farsi sentire? Sia come sia - e la Nato su questo punto respinge le critiche al mittente - la Gran Bretagna ha di fatto raccolto il testimone dei cugini d'oltre oceano.

Guerra in Libia

Coi quattro Typhoon convertiti all'azione diretta la Raf ha infatti a Gioia del Colle 16 velivoli pronti alla guerra su 20 - i restanti hanno ora compiti di polizia dei cieli, ovvero far rispettare la no-fly zone. Che poi è esattamente ciò che fanno la maggior parte dei 'volenterosi'. Oltre a Francia e Regno Unito, sostiene il Guardian, solo Danimarca, Canada e Norvegia hanno deciso di prendere parte ai bombardamenti. Le operazioni belliche si stanno per altro complicando. "I nostri avversari stanno imparando", ha detto un'altra gola profonda del governo. "Il regime ora sta usando camion simili a quelli dei ribelli e posiziona i suoi tank vicino a edifici civili: distruggerli significa correre un grosso rischio".

Guerra in Libia

9. MANIFESTAZIONE A BENGASI,'GRAZIE ITALIA'...
Stefano de Paolis per l'ANSA
- "Grazie Italia", e ancora, come in uno stadio: "Italia, olé": decine di persone a Bengasi hanno espresso oggi così, a gran voce e ripetutamente, la loro riconoscenza a Roma per aver deciso di riconoscere quale interlocutore politico il Consiglio Nazionale provvisorio libico, ovvero il braccio politico della Rivoluzione del 17 febbraio 2011.

obama clinton

E hanno deciso di farlo davanti ad un luogo altamente simbolico: il consolato italiano nel centro della città, devastato il 17 febbraio 2006 nel corso di una manifestazione per protestare contro l'allora ministro Roberto Calderoli che aveva mostrato in diretta tv una maglietta con le vignette che raffiguravano il Profeta Maometto. In quei giorni, quelle vignette avevano già infiammato l'intero mondo islamico, innescando proteste e violenze in molte capitali e città. Anche nella stessa Bengasi, quel giorno morirono 14 persone, quando le forze di sicurezza aprirono il fuoco per disperdere i manifestanti.

"Sono vittime del regime criminale di Gheddafi", ha detto oggi Mohammad Saleh, 65 anni, padre di una di quelle vittime, Murad, che aveva 22 anni. Ora Mohammad non ha alcun senso di rancore verso l'Italia, anzi: "A Roma c'é il miglior governo del mondo, assieme a quello di Parigi, perché hanno riconosciuto il Consiglio Nazionale", afferma parlando con calma quasi a voce bassa, mentre alle sue spalle i manifestanti si accalcano nello sventolare bandiere italiane e libiche dell'era pre-Gheddafi.

L'avvocato Ali Awad, portavoce del comitato delle vittime di quella sciagurata giornata, afferma che "l'Italia ha preso la decisione giusta, nel sostenere la nostra rivoluzione, e siamo certi che in futuro avrà relazioni con la Libia di certo migliori di quelle che ha avuto con Gheddafi".

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Ed è anche per esprimere questa convinzione in modo concreto, che il suo comitato, dice, ha deciso di promuovere un'iniziativa popolare di raccolta di fondi per restaurare il consolato italiano, che da allora è stato chiuso e abbandonato. Guido de Sanctis, un funzionario della Farnesina a Bengasi, si dice sorpreso e felice di questa iniziativa, e di questo calore, ma realisticamente nota che per restaurare l'edificio - due piani, in pietra, costruito negli anni '30 - sono necessarie almeno diverse centinaia di migliaia di euro. Ma in fondo questo e' un fattore secondario, perché, nota, "quello che conta è che noi vogliamo continuare a lavorare al meglio in Libia e loro dimostrano di essere felici di accoglierci".

 


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