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CERCASI FINI DISPERATAMENTE (PRIMA CHE UN BOCCHINO LO SPAZZI VIA COME UN BERTINOTTI) - LA SCELTA FLI DI SOSTENERE IL PDL LETTIERI A NAPOLI E IL NAUFRAGIO DELL’ACCORDO FASCIOCOMUNISTA A LATINA, SBRICIOLANO I GRANATA-TIERI DI GIANBOCCHINO - “IN FLI SI SCONTRANO QUELLI CHE VOGLIONO CAVALCARE L’ANTIBERLUSCONISMO DI DESTRA E QUELLI CHE, INVECE, VOGLIONO RESTARE AGGANCIATI AL VECCHIO ELETTORATO” - E LA DESTRA VA IN BAMBOLA...

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GIANFRANCO FINI

Peppino Caldarola per "il Riformista"

"Da un estremo all'altro", ha scritto ieri su queste colonne Alessandro Campi stigmatizzando l'attitudine di Futuro e Libertà di passare «dal massimo dell'avventurismo politico-ideologico al massimo dello zelo e della prudenza». Campi era sorpreso dal rifiuto dei leader finiani di accettare la proposta "fasciocomunista" del fantasmagorico Antonio Pennacchi che si era impegnato a guidare una Santa alleanza dal Fli al Pd per strappare Latina ai berlusconiani.

caldarola giuseppe

Non avevamo, noi e Campi, ancora visto niente, perché ieri abbiamo letto l'ultima giravolta della scombiccherata pattuglia che segue il presidente della Camera. A Napoli il suo maggior esponente, l'eurodeputato Enzo Rivellini, dopo aver sostenuto la candidatura dell'esponente centrista Pasquino per la carica di sindaco, ha all'improvviso annunciato il cambiamento di fronte dichiarando di uscire dalla coalizione con Udc, Api e Mpa per sostenere il candidato del PdL Lettieri.

Bocchino lo ha severamente censurato mentre Adolfo Urso, titolare di Farefuturo dopo l'estromissione dei pasdaran finiani, lo ha compreso e incoraggiato. Sempre Urso ieri, sul sito della fondazione, ha redarguito Flavia Perina e Fabio Granata per la partecipazione alla manifestazione antiberlusconiana dopo il voto sul caso Ruby mentre Filippo Rossi ha esaltato la mescolanza delle bandiere di Fli con le bandiere rosse. Tutto accade in un solo partito e praticamente nelle stesse ore.

ITALO BOCCHINO

Probabilmente siamo di fronte a qualcosa di più profondo che il semplice ondeggiamento fra posizioni radicali e orientamenti conservatori. Secondo questo schema dentro Futuro e Libertà si scontrano coloro che vogliono cavalcare l'antiberlusconismo di destra e quelli che invece vogliono restare agganciati al vecchio elettorato. La scelta napoletana, avallata da alcuni esponenti di primo piano di Fli, invece rivela una spaccatura più profonda che mette in discussione la stessa esistenza del nuovo partito.

Il candidato Lettieri è infatti sostenuto dal centro-destra partenopeo ma soprattutto da Nicola Cosentino, il discusso ex sottosegretario accusato di collusione con la camorra che fu all'origine della presa di distanza di Fini dal suo vecchio partito, dell'attivismo antiberlusconiano di Bocchino e persino dei dubbi di Mara Carfagna prima che le cronache rosa spaccassero il suo sodalizio con l'irruente uomo-immagine del presidente della Camera.

FABIO GRANATA

Lo scontro napoletano è persino più paradossale dei dietrofront dei deputati finiani ritornati all'ovile in occasione del voto di fiducia perché Rivellini pretende addirittura di portare il simbolo dei fuoriusciti nell'accampamento che li ha scacciati. Comunque vada a finire la tammurriata finiana è evidente che le voci discordanti che accompagnano il ritmo incalzante del tamburo suonato dal premier indicano che la festa sta finendo e che dopo appena pochi mesi la rivolta guidata dal presidente della Camera si sta concludendo malamente.

Mentre alla Camera il presidente è esposto allo sberleffo dei suoi vecchi compagni di partito, il suo movimento sembra destinato al rapido esaurimento. Fini è accusato di essere andato troppo avanti o troppo poco, la sua comunità si è rivelata assai fragile se non è riuscita a selezionare una classe dirigente robusta sbandando fra giustizialismo e accodamento berlusconiano, lui stesso ha mostrato una scarsa lungimiranza preferendo restare al vertice dell'assemblea parlamentare invece di guidare la secessione.

ANTONIO PENNACCHI

La parabola di Fli, con la patetica drammatizzazione napoletana, ci consegna almeno due dati indiscutibili strettamente interconnessi. Il primo riguarda la rottura nel centro-destra che, se si sta concludendo con la vittoria dei berlusconiani, non può far velo al fatto che la grande lite fra i due confondatori del Pdl ha contribuito ad accelerare il calo dei consensi del premier.

Forse celebreremo fra qualche mese i funerali di Futuro e Libertà ma la sua nascita è stata lo spartiacque nella storia recente della destra italiana perché ha messo in discussione il suo carattere populista. Credo che molti critici dall'interno di Fini dovrebbero mostrare maggiore generosità verso questa dignitosa pagina di politica italiana.
Il secondo dato indiscutibile è che la frattura del mondo che sta attorno al premier non avverrà mai per linee interne, come in molti abbiamo creduto.

ALESSANDRO CAMPI EMANUELE AMMANUELE

In primo luogo perché la capacità di fuoco e di seduzione (leggi compravendita) del premier non ha precedenti nella storia italiana. Niente a che vedere con il trasformismo o con l'affacciarsi periodico dei voltagabbana. La "rupture" che può avviare Berlusconi verso il congedo non può, quindi, avvenire dall'interno se non si realizza un grande fatto emotivo che mette in crisi la sua leadership. La parabola dei finiani, al netto dell'opportunismo di alcuni suoi dirigenti e dei mal di pancia di altri, ha tolto possibilità all'idea di una successione "normale", cioè l'avvicendamento alla guida della destra di un'altra classe dirigente più moderata e responsabile.

E' la destra che va messa in discussione. Questo paese è diventato una potenza economica quando una grande forza interclassista ha rubato lo spazio alla destra. Con Berlusconi una nuova destra ha cercato di egemonizzare la società incuneandosi nelle sue fratture e fornendo la soluzione plebiscitaria che ha prodotto nuove fratture.

FLAVIA PERINA

Deve far riflettere, per un ragionamento sulla crisi italiana, il fatto che la crisi del berlusconismo si è approfondita con l'emergere di una rottura nel suo ceto politico, mentre resiste una società civile, fatta di imprese, di intellettuali, di vescovi, che restano attaccati al nuovo dominio. Sconfiggere questo blocco era impresa troppo grossa per le spalle di Bocchino e probabilmente anche di Fini.

URSO-BOCCHINO-GRANATA

Oggi dovrebbero concludere la loro esperienza forse sciogliendosi rapidamente in qualcosa di più grande di loro per non farsi irridere dopo la sconfitta. Una cosa mi pare chiara. La fine del berlusconismo non sarà un pranzo di gala, avrebbe detto un noto presidente asiatico, e non esistono scorciatoie come la diaspora finiana, il sogno del distacco leghista, l'illusione del tradimento tremontiano.

Nel bicentenario del tricolore il poeta Mario Luzi disse che l'Italia «è stata sempre vera e indubitabile nella tensione verso un sé da raggiungere; è stata una perpetua utopia o non è stata niente». Oggi non è niente, cercare «la perpetua utopia» e un «nuovo sé da raggiungere» è il compito storico dei nuovi democratici italiani.

 


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