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1- INFOGNATO IN QUATTRO PROCESSI BERLUSCONI, MESSO IN UN ANGOLO GIANNI LETTA (DA BERTOLASO ALLA P4), IL VERO DOMINUS DEL POTERE è UN \"SENZA PARTITO\": GIULIETTO 2- CON LA NOVITà CHE IL SULTANO DI HARD-CORE E L’EMINENZA AZZURRINA NON SONO PIù IN GRADO DI REAGIRE. SE TOCCANO TREMENTINO, L’ITALIA FINISCE COME IL PORTOGALLO 3- SULLA CACCIATA A CALCI IN CULO DEL BANCHIERE DI RIFERIMENTO DI SILVIO & GIANNI (NEL ’93, INSIEME COL CRAXIANO NESI DI BNL SALVò BERLUSCONI DAL FALLIMENTO), SOLO IL PLACET DI GIULIETTO AVREBBE CONVINTO ANCHE I SOCI PIÙ RECALCITRANTI ALLA SFIDUCIA 4- IL VELOCE RIPOSIZIONAMENTO DI CALTAGIRONE E PALENZONA, FINO A IERI GERONZINI DOC 5- E ORA SI LUBRIFICANO LE ARMI PER LA BATTAGLIA FINALE IN AGENDA IL PROSSIMO OTTOBRE, CON LA SCADENZA DEL PATTO DI SINDACATO DI MEDIOBANCA IN CUI I SOCI BERLUSCONES E FRANCESI (BOLLORÉ E GROUPAMA) GIOCANO UN RUOLO PESANTISSIMO...

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Giuseppe Milano per "il Riformista"

TREMONTI profilo

Cesare Geronzi si è dimesso da presidente di Generali. L'epilogo dello scontro all'interno del consiglio di amministrazione del Leone si è concluso come nessuno aveva ipotizzato. Sul tavolo ora ci sono due incognite: la prima sulle dinamiche che hanno portato alla caduta di Geronzi, mentre la seconda riguarda i possibili effetti che questo avrà (e ne avrà) sugli equilibri finanziari italiani. Secondo le prime ricostruzioni a caldo, il placet alla sfiducia del presidente che avrebbe convinto anche i più recalcitranti - sarebbe arrivato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti.

CESARE GERONZI

Tremonti avrebbe fatto trapelare, in occasione dei suoi incontri settimanali con i banchieri, il suo disappunto per la gestione geronziana delle Generali. Un fastidio acuito dalla conseguenze strategiche della vicenda dell'intervista fantasma data al Financial Times e prima ritirata e poi abbondantemente ritrattata in cui Geronzi annunciava la possibilità che la compagnia del Leone potesse andare in soccorso delle banche, qualora gli aumenti di capitale necessari per adeguarsi ai parametri di Basilea III dovessero essere parzialmente non accettati dal mercato.

Da un punto di vista degli equilibri interni, spiega una fonte finanziaria, la mancata rampogna alle furiose critiche che Vincent Bolloré ha riservato all'amministratore delegato delle Generali, Giovanni Perissinotto, ha convinto anche i più cauti detrattori di Geronzi che l'ex numero uno del Leone non fosse più in grado, o forse non volesse, mettere la mordacchia, o comunque incanalare in ambiti più ragionevoli i malumori dei soci francesi.

Generali

E questo genera non pochi timori in vista della scadenza, il prossimo ottobre, del patto di sindacato di Mediobanca in cui i soci francesi (oltre a Bolloré c'è anche Groupama) giocano un ruolo pesantissimo. Prima delle invettive di Bolloré per la vicenda Ppr - Vincenzo Maranghi, il duo Renato Pagliaro/Alberto Nagel e poi Cesare Geronzi, avevano garantito il rispetto delle regole da parte dei francesi.

Alcuni osservatori fanno notare come il silenzio tetragono di Francesco Gaetano Caltagirone, uno dei grandi elettori geronziani, avrebbe dovuto indurre riflessioni più attente sullo spostamento degli equilibri strategici all'interno delle Generali.

VINCENT BOLLORE

Caltagirone, dicono fonti bancarie, non ha voltato le spalle a Geronzi, ma - allo stesso tempo - non ha neanche mosso un dito, e il suo peso, in favore dell'ex presidente. Questo ha contribuito non poco a rasserenare gli animi di quanti preparavano il ribaltone. Ha stupito meno l'endorsement anti-geronziano di Effeti - che coagula i vicentini di Ferak e la Fondazione Crt - e della famiglia Boroli-Drago, che controlla De Agostini. Effeti da sempre sostiene il management delle Generali.

perissinotto giovanni

Qualcuno fa notare come l'anima Crt sia andata nelle fila degli anti-geronziani con molta leggerezza. E questo qualcuno se lo spiega con un ruolo di maggior potere di Fabrizio Palenzona che della Fondazione Crt è storica espressione. C'è qualcuno, fra i soci delle Generali, cui non dispiacerebbe che a succedere a Geronzi fosse lo stesso Palenzona (si fa il nome anche del presidente di Assogestioni, ed ex ministro del Tesoro, Domenico Siniscalco).

vincenzo maranghi 001 lap

Per quanto riguarda De Agostini gli osservatori più attenti ricordano come questi avessero accolto con sostanzia- le freddezza Geronzi, nonostante fossero stati fra i più feroci critici di Perissinotto sotto la gestione Bernheim. Su ciò che accadrà gli scenari sono molteplici. Gli azionisti filo-geronziani di Mediobanca e Generali annunciano strali nei confronti di Alberto Nagel e di Giovanni Perissinotto, considerati i congiurati da parte del fronte geronziano.

Nagel, tra l'altro, ha i soci francesi fortemente presenti nel patto di sindacato di Mediobanca, che è in scadenza a fine anno. Oggi azzardare scenari è complicato. Quello che è certo è che Tremonti ha due nuovi scudieri. Nel senso che fino a quando i due rimarranno in scia al capo del Tesoro, spiegano fonti romane, si potranno considerare al riparo. Ma se l'asse con Tremonti, e quindi lo scudo del ministro, dovesse venire meno o indebolirsi ci potrebbero essere rischi concreti di ritorsioni.

Alberto Nagel e Renato Pagliaro

Resta enorme il tema degli appetiti francesi soprattutto su parte della galassia Ligresti. A oggi tutta la filiera che da Premafin passa a Fonsai e arriva a Milano Assicurazioni è blindata e garantita dall'universo bancario, con Unicredit in testa. Il decreto anti-scalate impedisce mosse a sorpresa su obiettivi sensibili. Ma è impensabile che Bolloré e soci possano togliere il disturbo senza prima avere dato battaglia o senza avere ottenuto delle contropartite degne di nota.

Fabrizio Palenzona

E tutti guardano con apprensione al nodo che lega Mediobanca e Generali, senza dimenticare che Bolloré possiede anche il 5 per cento di Premafin, comprato prima che le mire dei francesi di Groupama sul gruppo Ligresti venissero stoppate da Consob. Bolloré oltre a essere vice-presidente e azionista delle Generali, è nel socio di Mediobanca con una quota del 5 per cento e fa parte, insieme ai francesi di Groupama, del "gruppo C" dei soci sindacati di Piazzetta Cuccia che apportano al patto il 10 per cento del capitale.

FOTOGRAFI IN PIAZZETTA CUCCIA

È chiaro che questa coabitazione forzata non possa durare se non regna un'enorme armonia tra tutte le parti coinvolte che sono portatrici di interessi mai tanto diametralmente opposti. E nessuno degli attori in questo momento sul campo ha né lo standing, né l'esperienza, né le conoscenze per potere anche solo pensare di accennare questa mediazione.

CDA GENERALI

Fra quanti conoscono Cesare Geronzi le dimissioni dalla presidenza delle Generali sono state un evento altamente choccante. Nessuno vuole sbilanciarsi su cosa possa fare in futuro. Ma chi lo conosce sa che, al pari di un banchiere centrale, non ha interesse a coprire incarichi che siano secondari al suo cursus honorum. E in Italia poche responsabilità sono più appaganti della presidenza delle Generali o di Mediobanca.

 

 


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