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poteri marci - LA BATTAGLIA ORA SI SPOSTA A MEDIOBANCA: RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI A DEFENESTRARE IL GERONZINO BOLLORè DA PIAZZETTA CUCCIA? - E come reagirà lo schieramento dei berlusconiani presenti in forze nel consiglio e nel patto della più blasonata delle banche italiane? - fuori geronzi con la benedizione di Tremonti e il tradimento di Palenzona - la santadeché da cesarone...

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Vittorio Malagutti per "il Fatto quotidiano"

geronzi

"Tutto bene, sono ancora vicepresidente", sussurra frettolosamente Vicent Bolloré al capannello di giornalisti in attesa al termine del consiglio delle Generali che ha defenestrato Cesare Geronzi. Per adesso è davvero così: l'uomo d'affari francese che nel 2002 entrò sfondando la porta nel salotto buono della finanza italiana non perde il suo posto a Trieste.

Tarak Ben Ammar si volta

Non lo perde nonostante il sostegno da sempre generosamente offerto a Geronzi. E nonostante la clamorosa astensione di un mese fa sul bilancio 2010 delle Generali. Questo fatto inaudito nelle austere stanze della compagnia triestina ha finito per innescare il regolamento di conti di ieri. Bolloré però sa benissimo che l'uscita di scena di Geronzi segna soltanto la fine del primo tempo di una partita ancora lunga e potenzialmente ricca di colpi di scena.

perissinotto giovanni

Il campo di gioco per questo confronto decisivo per gli assetti di potere del capitalismo nazionale sarà il prossimo rinnovo del patto di sindacato di Mediobanca, primo azionista di Generali con una quota del 13,4 per cento. L'accordo scade a fine anno, ma le disdette vanno inviate entro settembre. Storicamente, nulla di ciò che accade a Trieste resta senza conseguenze nella banca che fu di Enrico Cuccia.

ALESSANDRO PROFUMO

E viceversa. Nel 2003 l'attacco in Borsa a Mediobanca condotto da Bolloré con il sodale berlusconiano Tarak Ben Ammar spinse Geronzi (allora Capitalia) e Alessandro Profumo (alla testa di Unicredit) a dare la scalata a Generali con il risultato di mettere in difficoltà l'erede di Cuccia, Vincenzo Maranghi, che alla fine si dimise.

Generali

Quel ribaltone chiuse un'epoca. E a distanza di otto anni i due principali protagonisti di quello che fu considerato una sorta di colpo di stato, appoggiato dall'allora governatore di Bankitalia Antonio Fazio, sono entrambi usciti di scena. Prima Profumo, adesso Geronzi. In Mediobanca restano i francesi: Bolloré con il 5 per cento e l'assicurazione Groupama con il 4,9 di cui l'1,83 per cento non legato al patto di sindacato.

La presenza dei gruppi transalpini appare sempre più ingombrante dopo che Giulio Tremonti ha alzato i toni della sua crociata a difesa dell'italianità minacciata da Parigi. Groupama il mese scorso è stata costretta a rinunciare all'ingresso in forze nella Fondiaria dei Ligresti dopo lo stop imposto dalla Consob presieduta dal tremontiano Giuseppe Vegas.

Salvatore Ligresti

E proprio Tremonti, reduce da un incontro nei giorni scorsi con l'amministratore delegato di Generali, Giovanni Perissinotto, ha seguito con benevola attenzione le manovre anti Geronzi. Così, adesso, pochi tra gli analisti sono disposti a scommettere che una volta placata la tempesta a Trieste, in Mediobanca tutto resti come prima. Ci si chiede per esempio come reagirà lo schieramento dei berlusconiani presenti in forze nel consiglio e nel patto della più blasonata delle banche italiane.

MARINA BERLUSCONI IN ROSA

Fuori causa Salvatore Ligresti messo sotto tutela, causa debiti, da Unicredit, il premier possiede il 2 per cento (1 per cento conferito al patto) tramite Fininvest. L'amico Ennio Doris con Mediolanum, conta su un altro 3,4 per cento e in consiglio di amministrazione troviamo, insieme a Marina Berlusconi anche il solito Tarak Ben Ammar. La sorprendente visita resa ieri sera dal sottosegretario Daniela Santanchè a Geronzi intento a preparare le valigie vorrebbe far intendere che i berlusconiani non hanno mollato quello che da almeno una quindicina di anni è il loro banchiere di riferimento.

Ennio Doris - Copyright Pizzi

Poi ci sono le dichiarate ambizioni di Fabrizio Palenzona, l'uomo forte di Unicredit che nella sua recente intervista al Corriere della Sera ha voluto ricordare che Unicredit è il primo azionista di Mediobanca a sua volta socia di riferimento in Generali. Nell'era Profumo c'erano altre priorità e il banchiere uscito di scena a settembre si era ritagliato un ruolo sempre meno incisivo in questi giochi di potere. Con Palenzona si cambia musica.

Il corpulento ex politico democristiano di Tortona è arrivato a evocare un asse tra grandi soci come il gruppo Caltagirone e la Fondazione Torinese Crt (dove Palenzona propone e dispone) per dare nuova stabilità agli assetti delle Generali. Nelle settimane scorse proprio la Crt socia di un gruppo di investitori veneti nella holding Effeti ha svolto un ruolo non secondario nelle manovre che hanno portato alle dimissioni di Geronzi.

Fabrizio Palenzona

E uno dei consiglieri della compagnia di Trieste che ha promosso la mozione di revoca al presidente altri non è che Angelo Miglietta, rampante segretario generale della stessa Crt. Ecco perchè molti vedono proprio Palenzona, che ormai da molti anni siede nel consigli di Mediobanca, pronto a candidarsi come il garante di equilibri nuovi.

Sono ormai lontani i tempi in cui Tremonti tuonava contro le fondazioni. Adesso i soldi di questi enti un tempo defintiti autoreferenziali e dominati dalla politica, servono per finanziare gli aumenti di capitale di istituti del calibro di Intesa. Non solo. Se ci sarà bisogno di un intervento per stabilizzare Mediobanca e favorire l'uscita dei francesi capitanati dal geronziano Bollorè, ecco che la discesa in campo delle fondazioni, con la benedizione di Tremonti, potrebbe alla fine rivelarsi decisiva. Coronando le ambizioni di Palenzona, nuovo banchiere di sistema. Nuovo Geronzi.

 


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