Quantcast
Channel: Articoli
Viewing all articles
Browse latest Browse all 340557

IL GENERONE DEGENERATO - LA SÒLA DEL MADOFF ALLA MATRICIANA SVELA L’IMPOVERIMENTO ECONOMICO E CULTURALE DELLA RAZZA PARIOLA, INFESTATA DA BROKER SGANGHERATI E ARRIVISTI SENZA SCRUPOLI, IN UN CORTOCIRCUITO META-CINEMATOGRAFICO IN CUI I VANZINA SUBISCONO UNA MANDRAKATA COME NEL LORO FILM SEQUEL DI “FEBBRE DA CAVALLO”, E NORI CORBUCCI VIENE FREGATA DAI “RAGAZZI DEI PARIOLI” RACCONTATI DAL DEFUNTO MARITO SERGIO…

$
0
0

Francesco Persili per "il Riformista"

Razza pariola. Non c'è nessuna scalata, stavolta, solo una stangata ai danni di clienti vip e gente comune. Al centro della tela non capitani coraggiosi ma la stirpe rampante ed eletta della Roma bene che imbarca su un volo di fantasia per un paradiso fiscale sogni di benessere e promesse di felicità.

Gianfranco Lande

Qualcosa di molto simile a una catena di sant'Antonio di azioni, obbligazioni e liquidità che finisce lontano dai controlli legali e precipita in un gorgo di raggiri, bugie, improbabili e impossibili piani di rientro. Nella muta verità di un telefono che squilla a vuoto scorrono i titoli di coda della grande truffa capitolina. Uno schema Madoff alla amatriciana in cui emerge la sagoma del trafficone Gianfranco Lande e la leggerezza del pariolino Giampy, genius loci e cavallo di Troia di una messinscena finanziaria che ha gabbato imprenditori, attrici, politici, registi, stilisti, architetti, professori, ex calciatori.

SABINA GUZZANTI

Tra le vittime Sabina Guzzanti, che prima l'ha presa a ridere, ma dopo si è beccata anche la rampogna della canea internettara sul suo blog. Fregata e mazziata. Come David Riondino, che l'ha buttata, invece, sul metafisico: «Mi rispondevano sempre che il denaro fermentava e cresceva sereno, come le opere buone. Ah l'impalpabilità del denaro: appare e scompare all ́improvviso, come il silenzio di Dio».

DAVID RIONDINO

Nel porto delle nebbie di una vicenda che si muove tra piazza don Minzoni e il bar Euclide, tra Porsche in doppia fila e polli da spennare, emerge il tratto sgomitante di una cricca di rentiers sgangherati, affaristi ingordi, broker impuniti, arrivisti senza scrupoli. La saga dei furbetti dei Parioli sembra una pagina strappata al romanzo di Piperno, Con le Peggiori intenzioni, con arrampicatori sociali disposti a tutto e il nonno Bepy che perde i suoi risparmi, nella trama disordinata e grottesca di una commedia umana che ha come sfondo il Parnaso e piazza delle Muse. Più che una dinasty familiare sembra la sceneggiatura di un remake.

La Mandrakata, con tanto di citazione dell'originale Febbre da Cavallo. C'è, infatti, chi è andato, addirittura, a farsi giustizia sotto casa, e pare che siano volati anche due schiaffoni, come nemmeno «il Ventresca» con «il Pomata», nel film di Steno. Un copione più vero del vero, che va oltre ogni immaginazione, e, in un cortocircuito metacinematografico, coinvolge anche il figlio del regista, lo sceneggiatore Enrico Vanzina, che si è lasciato convincere dalle allettanti promesse del bancomat della felicità.

Alessandro Piperno

Dammi i tuoi soldi, non chiedermi niente, il ritornello è sempre quello, e prevede ricavi garantiti. Tranquillo. E certo che tranquillo, come si dice a Roma, ha fatto una brutta fine, la stessa fine del denaro. Puff, sparito. Si rammarica Vanzina: «Come a Monopoli, soldi di carta». Una favola amara, certo. Per ogni ignaro Pinocchio, sempre loro due, il gatto e la volpe che avrebbero trasformato il quartiere bene di Roma in un campo dei miracoli, un salvadanaio a cielo aperto.

Tu metti i soldi, noi li facciamo fruttare. Chi vuol esser milionario? Senza l'aiuto da casa, la formula magica ce l'hanno loro: investimento sicuro, guadagno facile. La moltiplicazione non riesce, il paradiso all'improvviso si trasforma in un inferno. Per le vittime, che vedono il loro patrimonio trasformato in una tigre di carta, e per Lande e i suoi ex soci che dopo aver agitato un turbinio di movimenti di denaro ed interessi, si incarogniscono a praticare uno scaricabarile poco commendevole, come si trattasse di una pochade, o di un cine-panettone: Natale ai Parioli, con Giampy a confondersi con lo spumeggiante Dav, lo svedese dei Parioli di Piperno, controfigura di Tom Cruise o, forse, imitazione di Christian De Sica: aitante, di buona famiglia, con tre cognomi, la battuta pronta, il bolide ruggente sotto il sedere. Genere la sera sgommavamo a piazza Euclide, mentre adesso è meglio girare alla larga.

smt19 vanzina brothers

La chiacchiera da bar e il gossip salottiero non fanno sconti e fanno più male di un ceffone. Naso arricciato e smorfia di disgusto, il pariolino doc rabbrividisce davanti agli squaletti sdentati della finanza creativa circonfusi da un aura di glamour posticcio e impastati di ribalderia, furbizia, arte di arrangiarsi, vanteria. Un goccio di ambizione in un oceano di arrivismo. Mors tua, vita mea, e vinca il peggiore. Un clamore esagerato che manda in corto il ron-ron di un quartiere in cui gli affari si sono sempre conclusi in silenzio, con un sorriso e una stretta di mano, su un balcone e nello spogliatoio di un circolo.

FEBBRE DA CAVALLO

Il disfacimento dei valori, e dell'orizzonte estetico, della borghesia novecentesca raccontata da Moravia, un ritorno al tempo dei Ragazzi dei Parioli, il film di Sergio Corbucci, la cui vedova Nori è tra le vittime della truffa, con la noia dei giovani rampolli che bighellonano sulle lambrette aspettando il tramonto su villa Borghese per iniziare le loro notti di baldoria e di bravate. Quegli avventurieri che desideravano farsi solo qualche bella ragazza hanno indurito la mascella e hanno messa la bandana dei predoni senza scrupoli.

NORI CORBUCCI

Come sono cambiati i Parioli, signora mia. La spensieratezza che ha il ricordo dello sferragliare del tram a piazza Ungheria, delle partite all'Assunzione, delle cene in qualche trattoria che sembra New York, fa lo stesso effetto nostalgia di quando si prendeva un cono dai «tre Frocetti» e partiva l'aneddoto sulla Dolce Vita: e quella sera Mastroianni, e Totò, che ha abitato a Monti Parioli, e Fellini, che non pagava mai in contanti.

Un flash, e tornano le ragazze in Barbour, il motorino SH, le famiglie che andavano a pranzo insieme la domenica, via Fauro, il teatro Parioli, Maurizio Costanzo, l'allora diessina Giovanna Melandri che distribuisce volantini anche ai ragazzini con la croce celtica tatuata. E, sempre, il sabato al Piper. La libertà e la voglia di futuro di almeno tre generazioni. Il sigillo di una storia che porta imprenditori, liberi professionisti e cinematografari a scegliere il quartiere incastonato tra il Lungotevere, la Salaria e il centro come buen retiro per viverci o per lavorare, e che spinge Barbara Palombelli a considerarlo parte di quella Roma «di cui vale la pena».

MAURIZIO COSTANZO - copyright Pizzi

Ma cosa rimane oggi di quello che è stato per anni considerato il salotto dell'establishment? A parte qualche scheggia delle storie da Roma nord di Federico Moccia, gli incidenti tra Niki e Alex, gli incontri fra Step e il Negro, le cravatte che, come le griffe, dicono delle persone più di quanto non facciano i loro discorsi, i soliti figli di papà con il cachemire d'ordinanza e ninfette sbarazzine che un po' fanno rimpiangere, e un po' no, le altezzose ragazze con la gonna scozzese sotto il ginocchio.

lapresse federico fellini

Yuppies fuori tempo massimo dal mocassino gagliardo e il Rolex Daytona in bella vista. Un lusso pret a porter: vedere e farsi vedere, parlare e farsi sparlare dietro. Più che essere, sembrare alla moda. E dirsi avanti: al tempo e agli altri. Non la rassicurante ricchezza dell'avere ma l'ebbrezza di rischiare, tra scorciatoie e furbate, per averne sempre e di più. La moglie e l'amante, le regole e le eccezioni, e, perfino, qualche vittima della truffa che rischia di essere indagata per riciclaggio. Tutto si mescola e si confonde: il nobile di alto lignaggio e il cafone arricchito.

pz13 mastroianni

Un cotè che vorrebbe essere high society ma è generone romano, un filo pataccaro e perennemente abbronzato. Tende i muscoli e stira le rughe, vorrebbe avere il sole in tasca, ma per ora si fa tre lampade a settimana. Tutto, anche l'aperitivo, diventa un rito di misurazione dell'ego, una gimkana tra «cool, chic, upper class» spruzzati nell'happy hour pieno di bollicine e carte che strisciano.

Il rombo delle Porsche viene messo in discussione dal ronzio delle macchinine dei bimbi-minchia che vincono la noia con le bravate e si vedono già broker nella City. Sono i pariolini di domani, tendenza Giampy. La nuova razza pariola che non ha niente da chiedere perché può avere tutto. Tutto tranne il gelato dei tre Frocetti, la prima volta che hanno passato Children al Piper, e il sorriso di quella ragazza, quando il problema era l'odore del Barbour e non certo quello dei soldi. I ricordi - quelli almeno - danno rendimenti certi.

 


Viewing all articles
Browse latest Browse all 340557

Trending Articles