1 - CINA GIRO DI VITE SUI DISSIDENTI IN CARCERE L'ARCHITETTO DELL'OLIMPIADE...
Ilaria Maria Sala per "la Stampa"
Ai Weiwei è uno dei più conosciuti artisti contemporanei cinesi. Porta la sua firma anche lo stadio olimpico di Pechino, il celeberrimo «Nido d'uccello». Ma la sua celebrità è sembrata interessare poco alla polizia cinese, che ieri mattina lo ha bloccato mentre partiva per Hong Kong: prima lo ha trattenuto all'aeroporto, impedendogli di imbarcarsi, e poi lo ha condotto in questura. Da allora non si hanno più sue notizie. Ma lo studio dell'artista, il Caochangdi , alla periferia di Pechino, rimane circondato dalla polizia.
STADIO NIDO DuCCELLONell'ambito dell'operazione è stata fermata anche sua moglie, Lu Qing, assieme a diversi suoi assistenti. Circa trenta computer che erano nello studio, con i loro dischi rigidi, sono stati sequestrati dalla polizia.
Non è la prima volta che questa star internazionale dell'arte contemporanea cinese, fortemente critica nei confronti del governo, si trova nei guai con le autorità: dopo il terremoto del Sichuan, nel 2008, Ai diede il via a un progetto artistico incentrato sugli zaini degli scolari morti nel sisma, raccoglieva nomi e immagini documentarie per cercare di capire come mai tante scuole fossero crollate, uccidendo centinaia di bambini, mentre gli edifici governativi della regione erano rimasti in piedi (le autorità locali furono accusate di corruzione e di aver intascato fondi pubblici costruendo le scuole con materiali scadenti).
YANG HENGJUNIl suo attivismo a favore delle vittime del terremoto del Sichuan gli valse l'ira delle autorità locali, che lo rinchiusero in un albergo dove venne malmenato: le conseguenze delle percosse lo costrinsero a un'operazione di urgenza, in Germania, a causa di un ematoma cranico. L'operazione e la convalescenza furono trasformate da Ai, grande utilizzatore del Web e di Twitter, in una performance multimediale postata su Internet.
LIU XIAOBOLo scorso novembre, Ai venne bloccato all'aeroporto mentre stava recandosi in Corea del Sud, quando le autorità cinesi cercavano di impedire al maggior numero possibile di noti attivisti di lasciare il Paese per recarsi in Norvegia, alla cerimonia di assegnazione del Premio Nobel per la Pace al dissidente cinese - condannato a undici anni di prigione - Liu Xiaobo.
La detenzione di Ai giunge dopo circa sei settimane di un pesante giro di vite repressivo in tutto il Paese, che ha portato a numerosi arresti di attivisti, dissidenti, avvocati, e semplici utilizzatori di Internet e dei sistemi di microblogging come Twitter e Weibo (il Twitter cinese) che hanno messo online commenti giudicati inaccettabili dalle autorità. Alcuni di loro sono a tutti gli effetti «desaparecidos», e, secondo gruppi per la difesa dei diritti umani, a rischio di tortura.
HU JIALe cause di quest'inasprirsi del clima politico non sono state rese note, ma in parte hanno coinciso con degli appelli, lanciati tramite Internet, affinché la Cina seguisse l'esempio della Tunisia, dell'Egitto, e di altri Paesi dell'Africa del Nord in rivolta e chiedesse maggior democrazia. Le proteste di questa «rivoluzione dei gelsomini», mai avvenuta, sono però state soffocate sul nascere da una massiccia presenza poliziesca nei luoghi previsti per gli assembramenti. Secondo Nicholas Bequelin, ricercatore di Human Rights Watch sulla Cina, si tratterebbe anche di una «specie di riaggiustamento, da parte delle autorità cinesi, per riportare nei ranghi una popolazione ormai usa a un livello di libertà di espressione e comunicazione ben superiori a ciò che il sistema politico reputa accettabile».
In particolare su Internet, infatti, malgrado i numerosi filtri di censura imposti dalle autorità nazionali, molti utilizzatori esperti sanno come «scavalcare il muro» censorio per accedere liberamente a informazioni nazionali e internazionali. Tutte le persone detenute negli ultimi tempi, infatti, hanno in comune l'appartenenza a comunità online attive e molto dirette nell'esprimere opinioni politiche anti-governative.
Hu Jintao2 - "PECHINO HA IL TERRORE DEL CONTAGIO ARABO". L'EX CONSIGLIERE DI BUSH SENIOR, PAAL: REALE IL RISCHIO DI PROTESTE...
Maurizio Molinari per "la Stampa"
L' arresto di Ai Weiwei svela il timore di Pechino di essere contagiata dalle rivolte in corso nel mondo arabo»: così Douglas Paal, ex titolare dell'Asia nel Consiglio di Sicurezza nazionale del presidente George H. W. Bush e attuale vicepresidente della Fondazione Carnegie, legge la stretta cinese contro il dissenso.
Perché hanno arrestato Ai Weiwei?
«Il regime è intimorito dalle rivolte nel mondo arabo. Da settimane stanno operando in maniera sistematica, arrestano dissidenti, artisti, studenti. Qualsiasi persona che ritengono possa originare una minaccia viene fermata o minacciata».
Quale pericolo porta Ai Weiwei al regime comunista?
«È un libero pensatore, una voce molto conosciuta in Cina e nel mondo. Deve la sua notorietà non solo allo stadio costruito a Pechino per le Olimpiadi ma a numerose opere assai conosciute. È possibile che abbiano visto in lui un vettore di dissenso fra l'opposizione interna in Cina e quanto sta accadendo all'estero».
A cosa si riferisce?
«Alle rivolte arabe».
Pechino ne teme il contagio?
«Sì, molto».
Ma il mondo arabo è molto distante e diverso dalla Cina. Da dove nasce tale timore?
«È un mistero ma questa è la realtà. Chi studia e osserva la Cina si sta interrogando su questa paura cinese di contagio. In effetti sulla carta si tratta di due mondi distanti, differenti, che si conoscono poco e si parlano ancora meno. Ma forse la chiave di questo mistero è in qualcosa che il regime cinese ha osservato ed a noi sfugge».
A cosa pensa?
«Sono due le aree di dissenso che preoccupano di più le autorità cinesi: i giovani e i disoccupati. È possibile che esistano dei fermenti di protesta al di sotto del radar degli osservatori occidentali. Magari sono state le immagini via Web giunte dal Nord Africa o dal Bahrein a spingere qualche gruppo a mobilitarsi. D'altra parte Ai Weiwei è molto attivo su Internet, se non erro su Twitter ha decine di migliaia di seguaci.
Non possiamo escludere che Pechino stia tentando di disinnescare il meccanismo che ha portato in Tunisia ed Egitto a mobilitare le piazze ovvero la convergenza fra l'uso di Internet da parte dei giovani e lo scontento delle masse dei senza lavoro. Potrebbero essere arrivati alla conclusione che il pericolo di proteste è molto reale».
DOUGLAS PAALCosa può fare l'Occidente di fronte alla repressione del dissenso in Cina?
«L'Occidente, a cominciare dagli Stati Uniti, è troppo distratto da quanto sta avvenendo nel mondo arabo. Non ha tempo né desiderio di guardare alla Cina ma è un grave errore».