Quantcast
Channel: Articoli
Viewing all 340557 articles
Browse latest View live

SOLDI IN FUGA: L’HEDGE FUND PAULSON A PORTO RICO?

$
0
0

Marcella Persola per http://www.advisoronline.it/

john paulson PORTO RICO jpeg

Pagare laute tasse diciamolo francamente non piace a nessuno. E ha fatto clamore che l'attore Gerard Depardieu e il miliardario Bernard Arnault (presidente della LVMH) abbiano fatto entrambi domanda di nazionalità belga, dopo che il presidente francese Francois Hollande dichiarò che intendeva introdurre una tassazione del 75% sui milionari.

A quanto pare però gli "ex miliardari francesi" sarebbero in buona compagnia. E' notizia di oggi, infatti, che John Paulson, il magnate degli hedge fund, new yorkese doc sia in procinto di lasciare la città per dirigersi verso Porto Rico. La motivazione? La volontà di pagare meno tasse.

john paulson

Così come riporta Bloomberg, infatti, già più di una decina di facoltosi americani avrebbero tratto vantaggi della legislazione del Porto Rico che consente ai nuovi residenti di non pagare tasse locali o tasse federali sul capital gains USA. E Paulson sembrerebbe motivato ad aggiungersi a questi.

mappa di porto rico

La legislazione puertoricana prevede infatti che ogni capital gain accumulato dopo il trasferimento della persona è tax free. Dividendi e redditi di interessi pagati dalle compagnie americane sono soggette alle tasse federali, ma non sono tassate localmente. In aggiunta i nuovi residenti possono beneficiare di un'altra legge che tassa i redditi da business guadagnati in Porto Rico al 4%. Questa legge potrebbe essere potenzialmente applicata alle commissioni guadagnate dagli hedge fund attraverso una società di servizi residente nel paese con clienti USA.

 


PER SALVARSI DALLA GALERA, IL BANANA MIRA SUL COLLE

$
0
0

a cura di colin ward e critical mess (Special Guest: Pippo il patriota)

BERLUSCONI CON GLI OCCHI CHIUSI

1. IL CAINANO NELL'ANGOLO
Ieri ha messo a segno un buon punto, il Banana-Polifemo: ha ottenuto sette giorni di malattia e lo slittamento del processo Ruby. Poi ci penseranno i legittimi impedimenti parlamentari a dargli una mano per far slittare anche il processo Mediaset. Ma il vero incubo è una possibile richiesta d'arresto da Napoli per l'affaire De Gregorio. Quella sarebbe una bomba e allora bisogna dire la propria sul prossimo capo dello Stato, assolutamente. Perché? Perché ne serve uno che non abbia problemi a fare Berlusconi senatore a vita. Il Mago Dalemix, per esempio? O Giuliano Amato? Di certo non uno come Mortadellone Prodi.

SILVIO BERLUSCONI A OCCHI CHIUSI jpeg

Passiamo ai giornaloni. "Marcia del Pdl sul tribunale. I parlamentari a Milano: vogliono eliminare Berlusconi, appello al Colle. E arriva il sì all'impedimento". "Il blitz preoccupa Napolitano, oggi gli azzurri al Quirinale. Il capo dello Stato teme uno scontro istituzionale pericoloso e nefasto" (Messaggero, pp. 1 e 7). "Il blitz del Pdl al Trbunale di Milano. E i medici danno ragione a Berlusconi. Caso Ruby: visita fiscale, sì all'impedimento. Napoli: ‘giudizio immediato'".

PROTESTA PDL DAVANTI AL TRIBUNALE DI MILANO PRO BERLUSCONI

"Lo sfogo del Cavaliere: basta con le cautele, vogliono arrestarmi. La richiesta di garanzie al Quirinale (Corriere, pp. 12 e 15). Il retroscena della Stampa, "Situazione troppo tesa. Napolitano preoccupato. Timori per il possibile ‘Aventino' in vista delle consultazioni" (p. 5). In attesa di udienza il Giornale: "Sos per la democrazia, il Colle apre al Pdl. Stallo politico e toghe, Napolitano preoccupato oggi riceve Alfano. Il segretario: ‘Ci affidiamo a lui" (p. 7). Manco fosse la Madonna.

PDL BERLUSCONI TRIBUNALE MILANO

Su Repubblica, Eziolo Mauro scrive che si è trattato di una marcia "antirepubblicana ed eversiva" e critica Re Giorgio Banalitano: "Ci aspettavamo che Napolitano non ricevesse al Colle chi dopo aver chiesto udienza al Quirinale trascina il Parlamento in piazza. Ma dal capo dello Stato, Alfano e Berlusconi impareranno che il Quirinale non è un quarto grado di giudizio" (p. 1).

PRESTIGIACOMO SANTANCHE PELINO GIAMMANCO RAVETTO AL TRIBUNALE DI MILANO PRO BERLUSCONI

La Stampa affida a Massimo Gramellini il compito di ironizzare su "150 parlamentari, eletti per ridurre le tasse ai lavoratori e restituire l'Imu ai pensionati, che invece marciano compatti sotto un tribunale della Repubblica (...) Si fa presto a dire Sudamerica. Certe cose non succedono più neppure lì". Protesta il Cetriolo Quotidiano: "Il Pdl occupa il tribunale. Tacciono Pd e Quirinale" (p. 1). In effetti, ieri, chi guardava le agenzie aveva la sensazione che i piddini fossero stati tutti rapiti.

Intervento di Massimo Dalema

2. QUIRINAL PARTY
Ma tutte le energie dei partiti e dei poteri marci sono concentrate sul dopo-Banalitano e il Corriere oggi lo scrive chiaramente: "Ora la partita vera è per il Quirinale. Parisi: Prodi candidato più accreditato. Tutto si gioca sulla giustizia. D'Alema, altro nome in campo: ‘No agli arroccamenti antistorici delle toghe" (p. 19). Sul Messaggero, "Prodi, D'Alema, Amato: tris per il Quirinale. Per evitare la candidatura forte del Professore, Berlusconi medita di proporre capo dello Stato il presidente del Copasir. Ancora stallo per le presidenze delle Camere. Parte del Pd si ribella all'ipotesi di lasciare Montecitorio ai grillini" (p. 9).

ROMANO PRODI

Idem su Repubblica: "Quirinale, la carta anti-Prodi di Silvio. Possibile offerta al Pd: D'Alema o Amato per evitare il Professore. Il Giornale ne ha fatto l'elogio: Massimo l'unico a non ostracizzare il Cavaliere" (p. 10). Del resto l'elezione di un presidente della Repubblica è di per se stessa il massimo dell'inciucio.

3. TOTO-GRANDE MERINGA
Si chiude il portone della Sistina e i nostri giornali già contano i pacchetti di voti come fossero le elezioni in Campania. Per il Corriere, "Scola ha già cinquanta voti. Corsa con Dolan e Scherer. Se non ci sarà un eletto entro giovedì, spazio agli outsider" (p. 6). Per la Repubblica degli Illuminati, "Via agli scrutini, Scola parte da 40 voti. Caccia agli indecisi per chiudere la partita. Stasera la prima fumata. Se l'impasse non si sbloccasse in sei-otto votazioni, salirebbero le quotazioni degli outsider Dolan e Ouellet" (p. 15). Oh, ma sanno tutto, eh? Come prima delle ultime elezioni.

Giuliano Amato

4. ULTIME DAL MONTE DEI PACCHI DI SIENA
"Caso Mps, Baldassarri e i 20 milioni da Nomura. Nel mirino dei pm il ‘guadagno smisurato' del manager del Monte. L'ex capo area presentò l'affare come un ‘regalo' della banca giapponese agli italiani" (Messaggero, p. 14). "Monte Paschi, ‘contratto capestro'. L'accusa dell'Istituto alla banca Nomura nella causa per danni. Gli ex vertici Mussari e Vigni avrebbero operato a scapito di Mps nell'operazione Alexandria" (Corriere, p. 23). Va avanti "lenta ma sicura" la maxi-inchiesta di Siena. Si fa tempo a rivotare, che staremo ancora a leggere "Siena, nel mirino...".

Angelino Alfano

5. NON FA SOSTA LA SUPPOSTA
"Sette milioni di italiani verso la soglia di povertà. Discesa del Pil, meno 1%. L'Istat: difficoltà per spese alimentari e riscaldamento" (Corriere, p. 28). "Recessione, crolla del 5% il potere di acquisto. 6,7 milioni di italiani in forte difficoltà" (Repubblica, p. 13). "Energia in crisi, le centrali si fermano. Da Enel ad A2a, utility costrette a ridurre il personale e ‘congelare' la produzione" (Repubblica, p. 26).

Come vedete si tratta di temi tutti molto al centro del dibattito politico di questi giorni.

Giorgio Napolitano

6. CHAPEAU!
Sergio Rizzo va a guardare nei rifiuti e trova un bell'appalto gestito aumma aumma. "L'appalto d'oro (e segreto) per tracciare i rifiuti. Stanziati 147 milioni senza gara e col sospetto di costi gonfiati. L'incarico affidato a Selex, azienda di Finmeccanica. L'ente per la digitalizzazione della Pa: importi fuori mercato" (Corriere, p. 19). Piove sempre su Sfig-meccanica, di questi tempi.

7. MA FACCE RIDE!
La Stampa (p. 4) pubblica una grande foto dell'Avvocato di panna montata per pubblicizzare la mostra "Le auto dell'Avvocato", a Torino. Prossima mostra, "Il tesoro dell'Avvocato", tra Ginevra, Liechtenstein e Lussemburgo.

 

 

PER CHI FA AFFARI IN INDIA SARÀ GRAN ROTTURA DI MARÒ

$
0
0

Daniele Martini per "Il Fatto Quotidiano"

MARIO MONTI E TERZI DI SANTAGATA A NEW YORK jpeg

Dalla Piaggio alla Fiat, dall'Eni alla Merloni elettrodomestici, dal gruppo Luxottica degli occhiali alla Perfetti, quelli delle caramelle e dei chewing gum, dalla Chicco dei prodotti per i bambini alla Zegna degli abiti e dei tessuti, sarà più difficile da oggi, è facile immaginarlo, la vita per tutte le circa 400 aziende italiane presenti in India. E non solo per la Finmeccanica, che nel grande paese asiatico si era già compromessa la reputazione per via della brutta storia dei 12 elicotteri Agusta con tangenti incorporate. Un affare da oltre 500 milioni, di fatto saltato per l'irritazione del governo indiano.

MARIO MONTI GIULIO TERZI DI SANTAGATA

Perché se è vero che gli affari sono affari, è anche vero che è impresa assai ardua mantenerli su binari rodati quando a guastarli sopraggiungono fatti destabilizzanti. E questo dei marò italiani sottratti alla giustizia indiana è proprio uno di quegli sgarbi internazionali da manuale, gravidi di conseguenze imprevedibili e potenzialmente sgradevoli, capaci di raffreddare rapporti a prova di bomba.

IL MINISTRO TERZI A KOCHI CON I DUE MARO

La presenza italiana in India è ormai un dato storico, costruita in oltre mezzo secolo di relazioni cordiali, corroborata da circa 3 miliardi di euro di esportazioni e 4 di importazioni (dati Ice relativi ai primi 10 mesi del 2012). Fiat e Piaggio sono le antesignane della presenza italiana in quel mondo e vogliono dire soprattutto motorizzazione di massa a buon mercato, con prodotti affidabili, a cominciare dalla Vespa e dai suoi derivati, tipo Ape e simili.

Da quel primo nucleo è partito un fiume di iniziative commerciali e industriali che si estrinsecano in imprese sussidiarie possedute dalla casa madre italiana, joint ventures, uffici di rappresentanza, società di diritto indiano fondate da italiani. Le nostre imprese in India si addensano intorno ai poli di Delhi-Gurgaon-Noida e di Mumbai-Pune; altri due poli importanti si trovano a Chennai e Bangalore, mentre meno importante è quello di Calcutta nello stato del Bengala occidentale.

I DUE MARO LATORRE E GIRONE

Le società apripista sono ancora molto presenti nell'economia indiana. La Fiat auto ha intrecciato una joint venture con il colosso indiano del magnate Tata. La Piaggio continua a produrre veicoli a tre ruote nello stabilimento di Pune e ha inaugurato da poco una nuova fabbrica a Baramati per la Vespa. La Magneti Marelli (componenti auto) ha stabilimenti a Pune e New Dehli e avviato sei joint venture con altrettanti partner indiani.

Fauja Singh

Nel settore degli alimenti, la Perfetti ha conquistato addirittura il 40 per cento del mercato indiano, la Lavazza ha comprato la catena di coffee shop Barista e aperto di recente uno stabilimento per la tostatura del caffè a Porur-Chennai. La Ferrero ha 1.500 dipendenti a Pune mentre Bauli ha una fabbrica nel Bengala occidentale. L'Eni è attiva nell'ambito dell'esplorazione, Chicco sta aprendo negozi in tutta l'India, Luxottica ha uno stabilimento in Rajasthan.

1 ammiraglio giampaolo dipaola

Merloni è diventato il maggior produttore indiano di scaldabagni elettrici e in India produce anche articoli sanitari con il marchio Ariston e piccoli elettrodomestici Racold, esportati nel mondo. Molte le imprese italiane che stavano cominciando ad entrare nel mercato indiano o avevano in animo di allargarsi. A cominciare da Zegna, che aveva programmato di aprire entro il 2015 punti vendita in sei o sette città indiane. Per proseguire con società delle costruzioni e delle infrastrutture come Astaldi, Impregilo, Ferrovie, Autostrade. Che fine faranno i loro piani dopo il voltafaccia sui marò?

 

UN (SA)VILE INSABBIAMENTO - SCOTLAND YARD SAPEVA DA 50 ANNI CHE JIMMY SAVILE FOSSE UN MANIACO SESSUALE

$
0
0

Da "Corriere.it"

JIMMY SAVILE

Per 50 anni Scotland Yard ha di fatto ignorato tutte le denunce di abusi sessuali, la maggioranza su minori, contro il popolarissimo presentatore della Bbc, Jimmy Savile. È quanto emerge da un rapporto riservato degli «affari interni» della polizia britannica, Her Majesty's Inspectorate of Constabulary (HMIC), che ha anche lanciato l'allarme che quanto accaduto con Savile possa ripetersi di nuovo.

Jimmy Saville

L'Hmic ha scoperto che a partire dalla prima denuncia, nel 1964, negli archivi ci sono tracce di sole 5 indagini e di due prove contro Savile. Il presentatore radiotelevisivo, morto a 84 anni nell'ottobre 2011, ora è accusato di almeno 214 casi di violenze sessuali (inclusi 34 stupri o sei assalti sessuali. Secondo il rapporto, Scotland Yard non ha mai preso sul serio le accuse contro Savile, che così ha continuato indisturbato a perpetrare i suoi crimini per decenni, fin dal 1955.

JIMMY SAVILE

«DIMENTICHI QUANTO È ACCADUTO» - A una vittima di sesso maschile che provò a denunciare di essere stato stuprato nel 1963, la polizia rispose: «Dimentichi quanto è successo». Un altro ragazzo disse che la sua fidanzata aveva subito un'aggressione sessuale durante le registrazioni di «Top of the Pops», lo show musicale che ha reso famoso Savile. A lui un agente disse che poteva essere «arrestato per questo tipo di affermazioni».

JIMMY SAVILE

Il presentatore con l'immancabile sigaro, idolo di programmi per bambini, è stato anche un grande benefattore: ha corso circa 200 maratone per raccogliere fondi, racimolando decine di milioni di dollari in beneficenza soprattutto per cure mediche. Questo fatto spinse qualcuno a dargli le chiavi delle stanze di ospedale dove alcune vittime hanno raccontato di essere state abusate. Intanto Savile, per le sue opere filantropiche, veniva nominato cavaliere dalla Regina Elisabetta (nel 1971) e anche da Papa Giovanni Paolo II (Cavaliere dell'Ordine di San Gregorio Magno, nel 1990). Tra le prede del personaggio tv, il 63% erano donne, di cui il 18% sotto i 10 anni, e circa il 40% maschi, di cui il 10% minori di 10 anni. L'ultima aggressione risale a soli due anni prima della morte.

 

GIUSTIZIA MARCIA: CROLLA L’ACCUSA A OTTAVIANO DEL TURCO

$
0
0

Gian Marco Chiocci per "il Giornale"

Ottaviano Del Turco - Copyright Pizzi

La farsa è finita, datevi pace. A cinque anni dalle manette all'ex governatore abruzzese Ottaviano Del Turco e alla disarticolazione della sua giunta regionale di centrosinistra, la verità su quest'inchiesta senza stracci di prove viene fuori dall'esame della memory card della macchina fotografica con la quale il supertestimone Vincenzo Angelini e il suo autista certificarono - a loro dire - il passaggio delle mazzette direttamente a casa Del Turco.

Ottaviano Del Turco

Foto in verità poco visibili, in quanto nessuna delle persone riprese era riconoscibile. Foto che già allora non dimostravano nulla ma che alla procura servirono per ottenere gli arresti a riscontro di quanto l'imprenditore delle cliniche private Angelini aveva dichiarato a verbale insieme ad altri testimoni che con lui oggi potrebbero rischiare l'incriminazione per false dichiarazioni al pm prima, in tribunale poi.

Foto che analizzate in dibattimento dall'avvocato Caiazza, difensore di Del Turco, e mai in cinque anni dall'accusa, certificano come quelle «prove» definite «decisive» da un euforico procuratore capo Trifuoggi (insistiamo, nessun volto si riconosceva all'epoca) in realtà decisive sembrano esserlo a questo punto per l'innocenza di Del Turco.

L'analisi della numerazione progressiva delle immagini oscure, secondo quanto emerge dalla memoria informatica dell'apparecchio Panasonic, dimostra che le stesse sono state scattate non quel famoso 2 novembre 2007, nemmeno due giorni o una settimana prima, men che meno uno, due, tre mesi addietro, bensì a più di un anno di distanza, probabilmente a settembre 2006. Di fronte all'esposizione della consulenza tecnica difensiva redatta dal perito Giacomo Gloria, i pm, il consulente dell'accusa e financo il presidente del collegio sono rimasti visibilmente spiazzati.

Nicola Trifuoggi

La novità che manda all'aria un processo dalle fondamenta d'argilla, che non ha trovato un euro fuori posto agli imputati, con un supertestimone rinviato a giudizio per bancarotta a Chieti che già i carabinieri di Pescara volevano arrestare, è per certi versi definitiva. Perché? Seguiteci.

A verbale l'imprenditore Angelini racconta che dopo un anno e mezzo di incredibili vessazioni da parte degli amministratori della giunta Del Turco, con contestuale versamento di mazzette ai politici (6 milioni solo all'ex governatore) aveva confessato all'ignara e preoccupata moglie quanto gli andava accadendo. In aula la consorte ha confermato la versione del marito, aggiungendo che una volta venuta a conoscenza dell'«estorsione» (siamo ad ottobre 2007) lo aveva convinto a documentare il tutto.

Cosa che il marito farà di lì a poco, il 2 novembre 2007. L'autista e le due segretarie di Angelini, fornendo ulteriori dettagli specifici, avevano riscontrato quella doppia versione, e cioè che per il giorno dei morti del 2007 i soldi erano stati impacchettati e portati a casa di Del Turco a Collelongo. A domanda della difesa (che già sapeva di avere in mano la cronologia esatta delle foto nella macchinetta) i testimoni si erano dilungati nell'esposizione di circostanze riferibili solo a quel giorno di novembre del 2007, arrivando addirittura a compilare una dichiarazione scritta tre giorni dopo l'asserita dazione di denaro e giustificando il «ritardo» con le feste e il week end di mezzo.

Vincenzo Angelini

La foto di oltre un anno prima spacciata per «prova regina» del novembre 2007 rischia di costituire non solo la prova della falsità dell'accusa ma anche quella dei testimoni. Perché può accadere che un teste si sbagli, anche se è difficile confondere non un giorno, ma un anno per l'altro. Più difficile è che tutti e cinque cadano in errore dopo aver detto perché il giorno «incriminato» era sicuramente il 2 novembre 2007.

Ma c'è di più. Non bastasse la cronologia delle foto la difesa ha convocato il titolare dell'impresa edile che realizzò una serie di lavori nella clinica di Angelini, lavori ripresi da ogni angolatura in altre foto temporalmente successive a quelle delle tangenti. Il teste ha riferito di aver svolto quei lavori tra l'estate e il novembre 2006, come peraltro riscontrato da fatture e atti giudiziari estrapolati da altre inchieste, mentre un architetto nel confermare che i lavori si svolsero nel 2006 ha aggiunto di aver visto l'autista di Angelini scattare alcune foto con un macchinetta. Tutto torna.

Ottaviano Del Turco

Per Angelini il peggio, però, potrebbe arrivare con l'interrogatorio del perito dell'inchiesta di Chieti dove l'imprenditore è a processo per bancarotta (e dove sono state documentate spese milionarie a dir poco folli). Se l'esperto in contabilità finanziaria dovesse dimostrare che i soldi prelevati dal re delle cliniche sui conti delle sue società invece di terminare nelle tasche di Del Turco&Co. finivano nelle sue, allora bisognerebbe iniziare a porsi seriamente qualche domanda sul perché si è dato credito totale alle sue parole.

E perché si è indagato a senso unico, anche sui viaggi di Angelini a Collelongo e non su quelli di Del Turco nei giorni «incriminati», visto che sempre ieri in aula, gli autisti dell'ex governatore, riscontrando vecchi rapporti di servizio, hanno dimostrato che il governatore abruzzese non poteva fisicamente essere dove Angelini ha giurato fosse. Il presidente, sempre più esterrefatto, ha accolto la richiesta della difesa di chiedere alla società Telepass gli estratti dell'auto di servizio di Del Turco. Così, giusto per offrire una prova in più alla vergogna degli scatti post datati a imperitura memory card.

 

I QUATTRO DELL’AVE MARIA AL TAVOLO DEL CONCLAVE

$
0
0

Francesca Giansoldati per Il Messaggero

Cardinale ScolaVaticano d

Il cardinale di Santo Domingo Lopez Rodriguez scuotendo la testa, scruta da lontano il Cupolone, e a un sacerdote amico incontrato per strada affida la seguente considerazione: «Secondo me non ci siamo ancora sul nome, penso che vi siano ancora tante cose in sospeso».

Già, le cose in sospeso, come il fatto di avere un collegio elettorale frazionato in tanti piccoli gruppetti in movimento da dove filtrano visioni polarizzanti. Da una parte coloro che intravedono all'orizzonte i tratti di una Nuova Chiesa, decisamente meno istituzionalizzata di quanto non sia ora, e coloro che, invece, si spendono per lo status quo, la Vecchia Chiesa, coincidente con il centralismo romano.

Vaticano b IL CARDINALE BRASILIANO ODILO PEDRO SCHERER jpeg

I giorni dei dibattiti nell'Aula del Sinodo, in tutto dieci congregazioni generali per un totale di 160 interventi, sono serviti a mettere a fuoco le visioni di due vaste aree diversamente articolate dalle quali uscirà (prima di domenica) una sintesi elettorale, ovvero un Papa capace di rappresentare l'unità, infondere linfa nuova e nello stesso tempo garantire il cammino fatto finora. «Un po' come costruire una casa nuova su delle fondamenta pre-esistenti» sintetizza il sudafricano Fox Napier, facendo capire che il cambio va intrapreso sulla scia di Wojtyla e di Ratzinger. E' vero che la Chiesa è semper reformanda, ma c'è modo e modo di fare riforme.

GIOCHI APERTI
Le difficoltà non mancano. Intanto perché scarseggiano delle figure eminenti capaci di coagulare subito 77 voti (che non sono pochi). Di sicuro stasera, ha assicurato padre Lombardi, il comignolo sulla Sistina non sbufferà nuvole bianche. Si attende una scia di fumo nero come il carbone. Gli elettori tuttavia rassicurano (forse scaramanticamente) che entro giovedì verrà eletto il successore di Ratzinger.

MARC OUELLET jpegVaticano c

Entrano favoriti in quattro, Angelo Scola in pole position seguito da Odilo Scherer, Marc Ouellet e Sean Patrick O'Malley. Ognuno di loro ha dalla sua un curriculum di tutto rispetto ma al tempo stesso un fardello di riserve di vario genere. Scola, tra tutti, è l'italiano più conosciuto e ammirato. E' un teologo di rango, un filosofo, è stato rettore di una università e in questi anni ha realizzato un interessante percorso di dialogo con le altre religioni. Il mondo islamico (sciita e sunnita) così come le realtà ortodosse e protestanti lo considerano un interlocutore prezioso e affidabile.

Te Deum SEAN PATRICK O MALLEY

Ha fatto del dialogo un tratto distintivo del suo governo prima nella diocesi di Venezia e poi a Milano. Ha 72 anni, gode di buona salute, conosce le lingue e ha una visione davvero globale della Chiesa dove ormai più di due terzi dei cattolici vivono in America Latina, Africa e Asia. Lo sosterrebbero molti italiani, diversi africani ma anche tanti europei e sudamericani, circa una quarantina di voti.

A suo sfavore però potrebbero giocare negativamente i legami con Cl e un carattere un po' duro. Scherer, un brasiliano che ragiona come un tedesco, ha lavorato in curia per anni come collaboratore del cardinale Re. Ora a San Paolo governa una diocesi di 10 milioni di persone.

TIMOTHY DOLAN ARCIVESCOVO DI NEW YORK jpeg

E' rigoroso in dottrina ma aperturista sul fronte sociale. Si è scontrato diverse volte col governo per chiedere maggiori tutele per i poveri. C'è chi dice che in caso di stallo i suoi voti potrebbero confluire su Scola, ma questo è tutto da vedere. Ouellet, un ratzingeriano di ferro, è un amico personale di Benedetto XVI, uno dei pochi con il quale si confidava. Franco canadese, con pessime doti comunicative, ha mantenuto in questi anni un profilo un po' basso. Nonostante abbia un fratello condannato per pedofilia, i cardinali non ritengono che possa costituire un elemento deterrente per non votarlo.

Vaticano a

GLI USA
Infine ci son gli americani che per la prima volta sono seriamente in corsa per il papato con O'Malley e Dolan, entrambi figure capaci sia di gestione che di cuore allo stesso tempo. O'Malley, rispetto a Dolan, forse ha una percezione della globalità della Chiesa più marcata, avendo viaggiato il mondo a visitare le missioni dei cappuccini. A loro sfavore giocano gli effetti collaterali di un Papa americano sulle comunità cattoliche nei Paesi arabi. Domenica O'Malley ha pranzato con i carmelitani della chiesa in cui ha celebrato la messa, folgorandoli con il suo ottimismo e la semplicità. Ha fatto onore a un bel piatto di rigatoni col sugo e al coniglio con le olive. «Una persona umile e colta».

Piviale Pontificio

OUTSIDER
L'impressione generale, davanti a questo strano conclave, è che le sorprese non siano da escludere, specie se nei primi tre giorni non ci sarà la sospirata fumata bianca. In caso di stallo si fanno nomi di outsider come il messicano Robles Ortega (viene dato in ticket con Bertello segretario di Stato), l'austriaco Schoenborn e il filippino Tagle (ma ha solo 56 anni).

Il 21 marzo sarà però tutto finito dato che il cardinale Re (decano nella Sistina) ha confermato all'abate di Montecassino che sarà nell'abbazia per San Benedetto, una celebrazione importante alla quale prendono parte ambasciatori e personalità varie. Ormai è un mese che Ratzinger ha comunicato l'intenzione di rinunciare al governo della Chiesa. L'identikit che ha tracciato prima di ritirarsi a Castel Gandolfo è di un uomo santo, in forze e capace di governo. Ora la scelta passa ai 115 elettori e allo Spirito Santo.

 

ROMA PRESA PER IL CULO: SE QUESTO È UNO SCEICCO…

$
0
0

1- AS ROMA: CONTI PEGGIORANO, SERVE RICAPITALIZZAZIONE (SOLE 24 ORE)
(MF-DJ) - Nel primo semestre della stagione corrente, dal 1* luglio al 31 dicembre 2012, i conti del gruppo As Roma mostrano una perdita netta di 26,1 mln di euro, inferiore di 1,1 mln a quella dello stesso periodo del 2011.

QADDUMI

Lo scrive il "Sole 24 Ore" aggiungendo però che il patrimonio netto consolidato è negativo per 78,5 mln. Una situazione di forte squilibrio quella di Trigoria, come sottolinea anche la societá di revisione Bdo, peggiorata rispetto al 30 giugno 2012, quando il patrimonio netto era negativo per 52,46 mln. La societá, perciò, avrebbe bisogno di una
robusta ricapitalizzazione.


2- UNO SCEICCO DA MILLE EURO
Rosario Dimito per "Il Messaggero"

Il presunto sceicco della Roma è in mora con le banche di 4 mila euro. Non solo, ma nei primi giorni di gennaio ha chiesto alla filiale di Roma di un grosso istituto del nord, un'apertura di credito di 1.000 euro, non concessagli. Tutto questo evidententemente perchè dalle carte riservate in possesso di alcuni banchieri ai quali Adnan Adel Aref Qaddumi (o Quaddumi) si è rivolto, risulta che le sue proprietà sono solo sulla carta o quasi. Eppure secondo gli americani di James Pallotta, dalla due diligence effettuata emergono «disponibilità finanziarie idonee a effettuare questo tipo di operazioni».

JAMES PALLOTTA

Cioè a entrare nel capitale della As Roma SVP LLC, versando circa 50 milioni. Il termine è giovedì 14 marzo. Dopodomani. Ma sarà vero? Ecco l'amara realtà sull'arabo, come risulta dalla documentazione inedita in possesso dei banchieri. Anche di Unicredit che ha avuto a che fare con l'uomo d'affari nato a Nablus in Giordania il 9 marzo 1959: quindi sabato scorso ha compiuto 54 anni.

I MISTERI SUL NOME
Unicredit l'ha registrato perchè l'arabo deve aver bussato per aprire qualche rapporto di credito rimasto, però, senza seguito. Così come ha fatto una grossa popolare del nord che non gli ha concesso un'apertura di credito di appena 1.000 euro chiestagli ai primi dell'anno.

BALDINI

Il no al piccolo prestito probabilmente si spiega con la presenza dell'arabo nelle partite in sofferenza evidenziate dalla centrale rischi di Bankitalia, cioè il database che annota gli affidamenti fatti ai singoli clienti, da cui risulta che c'è un debito di 4 mila euro non restituito a qualche banca italiana. Ma i misteri sul pretendente della Roma non finiscono qui. Partiamo dal nome. Nelle carte a disposizione dei banchieri risulta che si chiama Adnan Adel Aref Qaddumi. Della coda del cognome «al Shtewi» non c'è traccia da nessuna parte.

er capitano FRANCESCO TOTTI foto mezzelani gmt

IL BILANCIO 2011
Così come in calce al bilancio 2011 (l'ultimo depositato) di Amyga oil & gas holding srl, società specializzata nell'assunzione di partecipazioni di controllo escluso holding di gruppi finanziari, c'è la sua firma, visto che ne è presidente e azionista di maggioranza (60%): Adnan Adel Aref Quaddumi, come si legge nella riproduzione in questa pagina. C'è di più, a rafforzare il cognome Quaddumi compare una postilla, da lui controfirmata, nella quale dichiara che il documento è autentico. Amyga oil & gas ha chiuso il bilancio 2011 con una perdita di 797 euro, a fronte di attivi pari a 9.239 e un patrimonio netto di 9.203.

PAOLO FIORENTINO

SOCIETÀ INATTIVE
Tra i conti d'ordine la sorpresa. «Tra gli impegni è allocata la posta di 1.605.714,51 euro - si legge - che deriva dalle iniziali singole attribuzioni che hanno origine dalla sottoscrizione di contratto preliminare di costituzione di apposita società di diritto saudita "Assir Hi Tech International Group for Commerce Industry and Contracting ltd". Il preliminare prevede la partecipazione futura al 54% del capitale sociale della newco da parte della nostra società, con versamento di iniziali 2 milioni di dollari».

Qaddumi possiede, inoltre, il 60% di Amyga srl, società inattiva, dall'oggetto sociale indefinito e presiede Fagnus, un'altra società non in attività. Infine è presidente di Technofin holding di Gallarate, anch'essa sulla carta. In Amyga srl ha un socio di minoranza, anche lui in contenzioso con il Creberg.

 

STAINO BOCCIA RENZI: CON LUI IL PD SARA’ LA NUOVA DC

$
0
0

Tommaso Ciriaco per "La Repubblica"

bobo staino

A mali estremi, estremi rimedi: «Bobo l'ho già fatto impiccare una volta. Però potrei sempre farlo resuscitare e farlo suicidare di nuovo...». Sergio Staino è triste, «molto triste» per il vicolo cieco nel quale si è cacciato il Pd. E non crede nella soluzione Renzi: «Con Matteo sarebbe una nuova Dc. E io abbandonerei il Pd. Lo vedo in un partito che sta al fianco del mio, ma non nel mio».

Molti considerano Renzi il futuro. Ma nel Pd è scontro.
«Si è mosso bene. E' stato leale. E infatti molti amici ora dicono: "Ho sbagliato, potevo votare Renzi". Certo, un po' sta lavorando ai fianchi Bersani. Ed è un gioco pericoloso».

CARRO ALLEGORICO MATTEO RENZI

Quindi il sindaco non può guidare la riscossa del Pd?
«Non credo. E' molto ancorato alla Curia e lo ispira Ichino. Gli sono amico, ma quando dice una cosa buona gli rispondo: "Interessante, peccato che non sei nel mio partito...". Io a quel punto vorrei una forza socialista europea. Abbandonando questo Pd che ci ha portato dove ci ha portato. Forse sono io che sono vecchio... ».

MATTEO RENZI CON LA MANO NELL'OCCHIO

Ora intanto come se ne esce? Un'alleanza con Grillo?
«Il governissimo sarebbe un suicidio totale. Un governo Bersani è la strada meno tragica. Il cuore mi vorrebbe fare gridare "vaffanculo ai grillini". Ma la ragione mi dice di no. Proverei comunque questa strada disperata, almeno per vedere se i militanti sono più saggi di Grillo.

Certo, bisogna essere un po' scemi per credergli. Capisco chi è incazzato, ma non è che chi ha votato Pd non era incazzato. Era incazzato con razionalità. I giovani sono così ciechi da non vedere la falsità di questo leader? La sua è una forma di protofascismo.».

RENZI E BERSANI PD

Resta la batosta. Bobo come l'ha presa?
«Peccato che l'ho già fatto suicidare quando il Pd partecipò alla spartizione per le authority. In quella vignetta diceva: "Prima che mi consegnino a Grillo, me ne vado da solo"».

renzi e bersani

Profetico.
«La maledizione è iniziata a causa di una superficialità totale. Più che incolpare il segretario, penso a quei personaggi che lo consigliano. Gli dicono "vestititi così", "fai così". Ecco, Bersani non era quello che conosciamo».

Il giaguaro?
«Si, il giaguaro. Con quelle cose lì poi finisci così. Dopo le primarie erano sicuri di vincere. Gasati. Il primo suicidio sono state le liste. Una cosa penosa. Io volevo primarie per tutti, poche deroghe. Invece così è mancato l'entusiasmo. Le sale non erano piene, niente piazza. Io, arrabbiato, comunque ho votato Pd».

 


FINCHÉ MORTE NON LI SEPARI - I GAY CHE SI SPOSANO SPESSO POI NON RIESCONO A DIVORZIARE

$
0
0

Massimo Vincenzi per "La Repubblica"

L'unica luce accesa di questo palazzone sulla Broadway, in un tardo sabato pomeriggio, è quella di Sherri Donovan, la titolare dell'omonimo studio, uno dei migliori nel campo delle separazioni tra coppie dello stesso sesso. L'ufficio è spazioso, moquette scura sui pavimenti, scrivanie di legno chiaro, semibuio in un tardo sabato pomeriggio.

Un ramo in crescita esponenziale, il miglior indicatore economico e sociale del nuovo fenomeno: i divorzi gay. Qualche tempo fa un blogger del Daily aveva scherzato acido: con la legalizzazione chi stapperà davvero lo champagne saranno gli avvocati.

Cinico forse, ma il dato è incontestabile e la donna, pur scuotendo la testa, spiega: «Negli ultimi mesi stiamo assistendo ad un vero e proprio boom, le statistiche sono ancora piccole e incomplete non trasmettono con la giusta potenza la portata di quello che sta accadendo: arriverà un'ondata. Le leggi che in alcuni Stati hanno legalizzato le unioni gay stanno avendo i primi effetti adesso, come con gli etero, dopo un tempo fisiologico è inevitabile che scatti l'ora anche dei divorzi. Ma non c'è molto da ridere, in questi casi la fine dell'amore non porta solo dolore ma enormi problemi legali ed economici». E politici.

DIVORZI GAY

Il cortocircuito è difficile da evitare. Il 26 e il 27 marzo la Suprema Corte americana è ad un bivio: per prima cosa deve decidere l'abolizione del Proposition 8, che in California ha messo al bando le unioni senza però cancellare quelle celebrate durante la "finestra" creando di fatto un mostro giuridico.

Ma soprattutto i giudici devono abrogare il Defense of Marriage Act (Doma), ovvero la legge federale approvata nel 1996 che definisce il matrimonio come sola unione tra uomo e donna. Due sentenze capaci di regalare alla storia un volto nuovo. Tanto che Obama non perde occasione per ribadire la sua posizione: «Quella norma va cancellata», dice il presidente che nel discorso di insediamento aveva messo ai primi posti la battaglia per i diritti «dei nostri fratelli e delle nostre sorelle gay».

DIVORZI GAY

E dopo di lui tocca a Bill Clinton sotto la cui presidenza fu varata: «L'avevamo fatta per evitare problemi maggiori ma adesso va cambiata».
Negli Stati Uniti sono oltre 140mila le coppie dello stesso sesso che hanno formalizzato secondo le diverse norme degli Stati la loro unione, di queste 50mila (per altre statistiche 70mila) si sono sposate. E ora arrivano i divorzi con una percentuale difficile da calcolare: oscilla tra l'1,1 e l'1,7% (a seconda delle ricerche). Ma ad accendere il dibattito è la rapida progressione.

Ora della cena, sempre sabato. Bancone zeppo di gente alla Westside Tavern, uno dei bar più frequentati di Chelsea, forse il quartiere più gayfriendly di Manhattan. Spunto del giorno, l'ultimo numero del New York Magazine che dedica al divorzio omosessuale il servizio di copertina.

La partita di basket universitario in tv non ferma la discussione: «È come se avessimo fatto una maratona e ad un passo dal traguardo ci dicessero: tornate indietro e correte dalla parte opposta. Così non va, così non otterremo mai niente», si scalda Steve, che due strade più giù gestisce una galleria d'arte con il suo compagno.

DIVORZI GAY

«Ma secondo me questo è un atteggiamento mentale e culturale sbagliato. Anzi le sofferenze e i danni economici sono la prova di quanto sia più che mai urgente l'approvazione definitiva dei matrimoni gay. Proprio i divorzi possono essere lo scalpello per aprire le strade ai diritti negati sin qui», osserva Sherri Donovan mentre legge l'e-mail di un suo cliente. «Le coppie omosessuali che divorziano sono costrette ad un valzer infernale tra le differenti norme e tutto si complica».

Quello che l'avvocato chiama «valzer infernale», altri suoi colleghi lo descrivono al
New York Magazine come «un sistema bizantino, figlio di due ordini di problemi: la differenza di leggi tra Stato e Stato e tra ogni singolo Stato e il governo federale». Migliaia e migliaia di dollari se ne vanno in pensioni, tasse, assicurazioni mediche (che qui sono spesso lo spartiacque tra povertà e ricchezza): tutte sottoscritte in comune tra i coniugi e svanite alla fine dell'amore.

E ancora case comprate assieme di cui si perdono tutti i diritti. Attività imprenditoriali in fumo, senza la possibilità di essere ascoltati da un giudice. Per non parlare dei figli, dove la situazione diventa drammatica. La metafora del treno che usa Susan Sommer, esperta della Lambda Legal, una delle più vecchie organizzazioni in difesa dei diritti civili, è un mantra di pessimismo, che però spiega bene la situazione: «Immaginate di essere una coppia omosessuale sposata a Washington, dove è legale. Immaginate ora di salire sull'Amtrak, la linea ferroviaria che porta a Boston.

La coppia di Sposi Alex Freyre e Jose Maria Di Bello MATRIMONI GAY

Prima fermata Maryland: sino al 2010 non eravate sposati, ora sì. Poi il Delaware: qui non siete sposati ma almeno vi riconoscono come unione civile, meglio di niente ma dipende da quali beni avete in comune. Via verso la Pennsylvania dove non siete niente, zero, e dove dunque è impossibile, dico impossibile, in caso di divorzio, vedere riconosciute le vostre ragioni.

Va meglio a New York, così come nel Connecticut. C'è il Rhode Island dove per il governo siete di nuovo sposati, ma i tribunali non sono disposti a farvi divorziare. Finalmente nel Massachussets: siete sposati, potete divorziare». I diritti vanno e vengono, con le vite che si strappano contro gli spigoli di questo labirinto. La situazione è come lo era 100 anni fa per le coppie etero che si trovavano spesso nell'impossibilità di separarsi: «Dove possono divorziare i gay?», si auto-domanda sul New York Times Tobias Barrington Wolff della facoltà di legge della Pennsylvania e la risposta è semplice: «Da nessuna parte».

E infatti la definizione più usata da molti è «siamo come dentro una gabbia». Le conseguenze possono essere disastrose. La storia di Margaret Moers Wenig è solo una delle tante. Sposata con un uomo capisce che invece preferisce le donne. Divorzia, incontra l'amore della sua vita (o quasi) e costruisce un'altra famiglia. L'illusione però dura poco e il passaggio dal sogno all'incubo è fatale: dopo la battaglia legale, lei ha visto svanire tutti i suoi fondi pensione: «Le leggi omofobe sull'argomento sono quasi un incentivo a tirare fuori il peggio di sé, come se fosse un'insensata caccia all'uguaglianza con gli etero», spiega al New York Magazine Allen Drexel, l'avvocato di Wenig.

MICHELE E MARCUS BACHMAN MATRIMONI GAY

Perché dopo il baratro economico, se ne apre uno altrettanto pericoloso: quello culturale. Come racconta all'Atlantic Wire un altro avvocato, Raoul Felder: «Antagonismo e rabbia in questi divorzi sono enormi, ben superiori a quello che si rileva nelle coppie etero. Il sistema abusa di queste persone, tratta i loro sentimenti senza alcuna cura. Tutte le separazioni sono dolorose ma queste portano il peso della storia sulle spalle. Molti di loro si rifiutano di stipulare accordi prematrimoniali, perché la separazione non può nemmeno essere prevista».

Il senso dei gay per la fine dell'amore diventa qualcosa di simile ad un fallimento epocale: «È come se avessimo una responsabilità in più verso la società, verso la nostra comunità», dice Wenig. E in Rete è cliccatissimo il racconto di uno scrittore e blogger di San Francisco, Randy Scott Hyde, dal titolo copiato da un famoso film di qualche anno fa: «Il mio grande grasso divorzio gay». Il tono in partenza è allegro: «Devo fare
coming out: non sul fatto che sono gay, quello molti di voi lo sanno già, ma sul fatto che ho divorziato».

La coppia di Sposi Alex Freyre e Jose Maria Di Bello La coppia di Sposi Alex Freyre e Jose Maria Di Bello

Poi l'atmosfera cambia: «Ho provato tanta vergogna e non citavo mai con nessuno la storia del mio matrimonio finito. Ho fatto del male al mio compagno, ma soprattutto ho danneggiato, pensavo, tutte quelle coppie stupende e coraggiose che hanno lottato e continuano a farlo per la nostra libertà. Poi mi sono detto: se gli etero si sposano e divorziano anche sei sette volte e sono sempre lì con il sorriso sulle labbra, perché noi non dobbiamo avere la possibilità di sbagliare? Dopo il diritto al matrimonio serve quello al divorzio».

Paola Concia con Alex e Jose Maria

Da qui l'attesa per le sentenze della Corte: «I giudici devono uniformare le leggi dei vari Stati e soprattutto devono abbattere il Doma, così sarà tutto più semplice: noi avvocati non dovremo più adottare complicati accorgimenti legali per far ottenere ai separati i giusti benefit federali, come pensioni e assicurazioni. Sarà una decisione epocale, un passo avanti storico nella lotta per la conquista dei diritti civili. Mi chiedo: come possiamo sprecare un'occasione così?», Sherri Donovan rassicura il suo cliente e spegne il computer. E milioni di americani incrociano le dita sperando di conoscere
la risposta giusta.

La coppia di Sposi Alex Freyre e Jose Maria Di Bello

 

BELLA LEGA! IN GALERA EX DELLA ‘’PADANIA’’ BORIANI

$
0
0
Leonardo Boriani

1. MAIL
Caro Dago,
in cella Leonardo Boriani, per corruzione e scandali sanità in Lombardia. E' un'indagine antimafia, con altri 6 arresti. L'ex direttore de La Padania, non tutti lo sanno, ma verrà ricordato anche per un'altra storia non tanto felice: la testata on-line Il Vostro. Un bellissimo esperimento, iniziato con i fiocchi e contro fiocchi e poi finito con 40 collaboratori non pagati che ancora aspettano di essere liquidati. Tra questi molti, moltissimi giovani presi in giro e sfruttati. Questa è l'editoria di oggi? Questi sono i "vecchi" che si spacciano di tutelare i giovani, dargli lavoro, e poi li prendo per i fondelli. Solo così si fanno i giornali?

2. LOMBAR-DIA: RETATA DELL'ANTIMAFIA NELLA SANITA'
Davide Carlucci per Repubblica.it

ROBERTO FORMIGONI AL PIRELLONE CON UNA DELLE SUE DIVISE

Tangenti in cambio di forniture per gli ospedali. Sono sette gli arresti eccellenti - eseguiti su richiesta del pm della Dda Claudio Gittardi - e venti gli indagati nell'operazione della Direzione investigativa antimafia di Milano scattata all'alba. Un blitz che colpisce al cuore il sistema della sanità lombarda.

In manette finiscono Massimo Guarischi, ex consigliere regionale di Forza Italia vicino all'ex governatore Roberto Formigoni, già condannato in via definitiva nel 2009 per corruzione negli appalti per il dopo alluvione; Leonardo Boriani, giornalista, ex direttore della Padania; tre imprenditori della famiglia Lo Presti di Cinisello Balsamo, titolari della società Hermex Italia, e Pierluigi Sbardolini, direttore amministrativo dell'ospedale Mellino Mellini di Chiari nonché ex direttore del San Paolo di Milano.

CARLO LUCCHINA

Ed è proprio da qui, dalle indagini per la morte sospetta di Pasquale Libri - il genero del boss della 'ndrangheta Rocco Musolino, funzionario del settore appalti intercettato con l'ex direttore della Asl di Pavia, Carlo Chiriaco, e poi precipitato dall'ottavo piano del nosocomio milanese per un suicidio dai contorni mai del tutto chiariti - che sono partite le indagini su un sistema di corruzione che va oltre la sfera di influenza delle cosche ed è tutto interno al mondo dei colletti bianchi e della politica lombarda.

La retata è stata coordinata dal colonnello della Dia Alfonso Di Vito. Tra gli indagati ci sono, oltre al direttore generale della Sanità Carlo Lucchina, numerosi altri manager pubblici degli ospedali di Chiari, di Cremona, di Valtellina e Valchiavenna (Sondrio) e dell'Istituto nazionale tumori. L'operazione comprende una cinquantina di perquisizioni, tra le quali una presso una finziaria con sede in Svizzera e che avviene tramite rogatoria internazionale.

 

RENZI VUOLE TRASFORMARE IL PD IN UNA “BAD COMPANY”: ECCO IL DOSSIER DELLE SPESE

$
0
0

1. ESCLUSIVO: IL DOSSIER SU ORGANIZZAZIONE E SPESE DEL PD IN MANO A RENZI

Il Segretario Nazionale ha un Capo Segreteria (Zoia Veronesi, le voci dicono 90.000 euro lordi l'anno) e 4 segretarie, già facenti parte del personale Pd (guadagnano tra i 1.200 e i 2.000).

Nello staff del Segretario come incarichi fiduciari sono assunti a tempo determinato il Portovace Stefano Di Traglia, (sui 4.000), il Capo Ufficio stampa Roberto Seghetti (credo sui 5.000 euro), il Vice capo ufficio stampa Chiara Muzzi.(2.500). A loro si aggiunge Paola Silvestri (pagata dal gruppo Pd al Senato).

renzi e bersani

Seghetti ha la responsabilità di guidare un ufficio stampa composto da 14 persone dipendenti a tempo indeterminato. (dai 1.500 ai 4.000)

Il vicesegretario Letta ha due collaboratori (ha 4 segretari assunti a tempo indeterminato dal pd dai 1500-4000).

BERSANI RENZI ballottaggio BIG

La presidente Rosy Bindi ha tre segretarie ( già assunte dal pd a tempo indeterminato dai 1600-1900). Ha una addetta stampa Chiara Rinaldini e un altro collaboratore pagato dalla vicepresidenza della camera.

I vicepresidenti sono Ivan Scalfarotto e Marina Sereni

La SEGRETERIA è composta da 12 persone, si tratta di un incarico politico retribuito con contratti a tempo determinato di circa 3.500 euro al mese, più l'alloggio per chi non è di Roma.

BERSANI RENZI

Il coordinatore della Segreteria è Maurizio Migliavacca, non retribuito in quanto parlamentare. Sotto di lui, Vanio Balzo (tempo indeterminato) , Alfredo D'Attorre e Alessandro Mazzoli (tempo determinato, circa 2.500)

Migliavacca ha due segretarie (sui 1.500-1.800)

Il Tesoriere Antonio Misiani (non retribuito in quanto deputato) è a capo dell'Amministrazione ( sei persone di cui due segretarie, 3 amministratrici e un dirigente.). Il dirigente è Trevisonno ( 5000 euro a tempo determinato, si occupa anche della gestione delle spese della festa democratica), le segretarie (1800-2000), gli amministrativi ( 1800- 2500).

ORGANIZZAZIONE.
Stumpo. (già funzionario Pd, assunto a tempo indeterminato, sui 6.000 euro) sotto di lui Elettra Pozzilli (coordinatrice dell'area organizzazione, assunta a tempo indeterminato guadagna sui 3000). Tore Corona: tesseramento ( t. ind sui 3000 e passa). Andrea de Maria ( funzionario Emilia Romagna). Eugenio Marino, responsabile degli italiani nel mondo ( t.ind 2.500). Marina Sale, ufficio circoli ( t. ind sui 2000) Ha tre segretarie (tra i 1500 e i 2000).

ROSI BINDI PIER LUIGI BERSANI

Enti locali, Davide Zoggia. ( 3.500, t. det., più alloggio). Lavorano per lui Peta, responsabile dei rapporti con gli amministratori ( t. ind 2.000). Silvana Giuffrè , funzionario ( t. ind sui 3000). Pacella ( assunto dall'Unione Province Italiane più contratto a progetto del Pd) e un altro funzionario con due segretarie che guadagnano dai 2000 ai 2500 a tempo ind.

MATTEO ORFINI

ECONOMIA
Fassina (3.500 t. det. senza alloggio) , sotto di lui dodici incarichi tematici, 3 dei quali retribuiti dal Pd. Il responsabile turismo Armando Cirillo (2.500 t.ind), Lucio Cafarelli (2.500 t. ind) , Valentino Filippetti (3.000 t.ind).

COMUNICAZIONE
Matteo Orfini (3.550 t.det no alloggio) . Lavorano per lui Domenico Petrolo - progetti culturali ( tempo ind 1800-2000). Francesco Verducci ( non più stipendiato in quanto parlamentare ma assunto a t.det come funzionario partito). Rita Borioni e Alessandra Untolini ( la seconda è assunta a t. det ,ma entrambe retribuite dal pd). Francesco Siciliano ( t. det 1500). Orfini Ha due segretarie ( 1500-1800).

FORMAZIONE
Anna maria Parente ( t. ind 3.500 no alloggio) . ha 4 persone che collaborano con lei. Di cui due assunte dal pd a t. ind ( 1500-1800) e due contratti a progetto.

SCUOLA
Francesca Puglisi (3.500 t.det più alloggio). Con le i lavora una dipendente pd a t. ind ( 1500-1700 ) e un collaboratore a progetto.

BINDI FASSINA BERSANI STEFANO FASSINA jpeg

TERZO SETTORE
Cecilia Carmassi ( t. det 3.500 più alloggio). Collabora con lei Gea Polidori ( funzionario a t. ind 3000)

TRASPORTI
Matteo Mauri ( 3.500 con alloggio t.det). con lui collabora un dipende del pd ( t. ind 2000) e un collaboratore a progetto. Ha una segretaria ( già dipendente pd 2000 t. ind)

DIRITTI CIVILI
Ettore Martinelli ( 3.500 td con alloggio)

UNIVERSITÀ E RICERCA
Marco Meloni ( non retribuito perché è consigliere regionale, ma ha un alloggio), con una segretaria già dipendente pd a t. ind.

AMBIENTE
Stella Bianchi (3.500 t. ind no alloggio) ha un collaboratore Giovanni Lattanzi. Ha dato 5 incarichi non retribuiti.

DONNE
Roberta Agostini (3500 t. det no alloggio) ha una segretaria già dipendente pd (t.ind) e una collaboratrice a progetto.

rosy bindi x

FESTE ED EVENTI
Responsabile feste Lino Paganelli ( funzionario t. ind 8000 circa) ha due segretarie ( t. ind 2.000)

COMUNICAZIONE E PROPAGANDA
Stefano di Traglia ha una segretaria ( t. ind già dipendente pd)
Daniela Gentile coordinatrice area (t. ind 3000) due dipendenti ( t. ind 1600-1900).

FORUM ICT
Paolo Gentiloni (non retribuito in quanto parlamentare) ha una segretaria ( non pagata dal pd) e ha una collaboratrice ( t. ind pd 2.500)

FORUM GIUSTIZIA
Andrea Orlando (non retribuito in quanto parlamentare) ha una addetta stampa ( già dipendente. Pd t. ind ).
L. Di Bartolomei ( t. ind funzionario 2000)

NICO STUMPO

FORUM RADIOTV
Rognoni ( no retribuito ma alloggio pagato) con lui Gianluca Lioni ( funzionario e responsabile di area ( t. ind 2500)

FORUM WELFARE
Beppe Fioroni ( non retribuito in quanto parlamentare) Ha una segretaria (dipendente pd t. ind 1400) ha un collaboratore Iannuzzi ( funzionario pd 2500).

FORUM CENTRO STUDI
Gianni Cuperlo ( non retribuito in quanto parlamentare) . Ha una segretaria ( dipendente pd t. ind ) e Vezzosi ( funzionario Pd t. ind 3000-4000)

FORUM IMMIGRAZIONE
Livia Turco ( finora non retribuita in quanto parlamentare). Ha un collaboratore Kalid Chouaki ( contratto a progetto e futuro parlamentare) e un funzionario marco Paciotti ( t. ind 2500)

Maurizio Migliavacca

FORUM ESTERI
Lapo Pistelli ( non retribuito in quanto parlamentare) con lui lavorano Filibeck (funzionario pd t. ind 2500) e Ulisse ( funzionaria Pd t. ind 3500).
Poi Raffaella Illice segreteria organizzativa ( t. ind 2000). Barabara Mola ( dipendente t. ind) capo segreteria Rossella Romano ( t. ind dipendente pd)
Nicola Manca ( pagato dal gruppo parlamentare pd camera)
Federica Mogherini ( parlamentare)
Ugo Papi e Bader (consulenza).

FORUM INFANZIA E ADOLESCENZA
Anna Serafini ( non retribuita, parlamentare) con lei collabora Lucia Fattori

FORUM LAVORO
Emilio Gabaglio

FORUM NUOVI LINGUAGGI
Pippo Civati ( non retribuito perché consigliere regionale)

FORUM PD RIFORMA DELLO STATO
Luciano Violante ( non retribuito perchè parlamentare)

PIERLUIGI BERSANI E CHIARA GELONI

FORUM POLITICHE AGRICOLE
Enzo Lavarra

FORUM AMBIENTE
Laura Puppato

FORUM POLITICHE ISTRUZIONE
Giovanni Bachelet ( non retribuito parlamentare)

FORUM POLITICHE FAMIGLIA
Treu ( non retribuito parlamentare)

FORUM RIFORMA PA
Oriano Giovanelli (non retribuito)

FORUM POLITICHE LOCALI
Claudio martini

LIVIA TURCO SORRIDENTE FOTO ANDREA ARRIGA

FORUM MEZZOGIORNO
Umberto ranieri

FORUM UNIVERSITÀ E SAPERI
Maria Chiara Carrozza (non retribuita)

FORUM ECONOMIA
Paolo guerrieri

SITO INTERNET
Resp Tiziana Ragni (giornalista pd t. ind 3.000-4.000)
Con lei lavorano 4 dipendenti del pd ( t. ind 1600-2000)

YOUDEM
I dipendenti di youdem sono stati assunti da una società a cui fa capo il pd. La società si chiama Eventi Italia e l'editore è Lino Paganelli.
Direttore Chiara Geloni ( t. det 90.000 lordi con contratto giornalistico art 1. Ha in più un contratto di collaborazione col pd. Circa 20.000 lordi)

Coordinatore di redazione Cagelli (2000 euro assunto a t. ind con contratto giornalistico Aeranti Corallo)

ANDREA ORLANDO

8 redattori ( 1450- 2000 assunti a t. ind con contratto giornalistico, in parte Articolo 1 in parte Aeranti Corallo)

Youdem si avvale di un collaboratore esterno Bucchi (2000 euro contratto a progetto)

Fanno riferimento a Youdem anche le tre società fornitrici: Mosaico per il montaggio, Rea per riprese e regia e Doll per il sito.

Il numero dei dipendenti dei dirigenti del partito si aggira sui 180.

2. RENZI: ABOLIRE IL FINANZIAMENTO NON SERVE A FAR PACE CON GRILLO MA CON GLI ITALIANI
Matteo Renzi su Facebook

Le polemiche interne al PD non hanno senso. Almeno, non adesso. Che io abbia proposto l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti non è una notizia: è proposta che abbiamo lanciato dalle primarie e dalla Leopolda. Non so se abolire il finanziamento serva a far pace con Grillo; sicuramente serve a far pace con gli italiani che hanno votato un referendum e che anche alle elezioni ci hanno dato un segnale.

Antonio Misian

Nessuno vuole "sabotare" il tentativo di Bersani, anzi. L'Italia ha bisogno di un Governo, prima possibile. Perché l'emergenza non è sapere chi farà il ministro, ma affrontare la situazione economica e la crisi occupazionale. Paradossalmente se Bersani accettasse di abolire il finanziamento ai partiti forse avrebbe qualche chance in più - non in meno - di farcela. Decida lui, comunque: a me non sta a cuore la discussione di corrente, ma sta a cuore l'Italia.

3. RENZI VUOLE SMANTELLARE LA "BAD COMPANY" DEL PD
Eduardo Di Blasi per "Il Fatto Quotidiano"

Adesso che Matteo Renzi è di nuovo in pista per prendersi la guida del centrosinistra e che l'incredibile successo del Movimento Cinque Stelle porta anche i vecchi "partiti organizzati" a dover fare i conti con il peso (e il costo) delle proprie strutture, il Partito democratico ha un nuovo problema. Il Corriere della Sera lo chiama "dossier Renzi", intendendo con questo uno studio, che circola tra i fedelissimi del sindaco di Firenze, sui costi dell'organizzazione politica nella quale lui stesso milita.

Uno studio, si deduce, per comprendere se quel partito potrebbe sopravvivere anche nel caso in cui la linea Renzi sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, risultasse alla fine vincente. Nello studio si fa cenno alla doppia natura del partito, che conta circa 190 dipendenti nella propria articolazione centrale e altri 110 assunti a vario titolo nei gruppi di Camera e Senato.

Si analizza lo staff della segreteria (con stipendi che variano dai 1500 e 5mila euro), quello della "Eventi Italia" la società di scopo che ha in conto anche YouDem, la web tv diretta da Chiara Geloni. Si spiega che al sito internet lavorano in cinque e che i funzionari assunti dalla segreteria e facenti parte dello staff di Enrico Letta, Maurizio Migliavacca, Rosy Bindi, Ivan Scalfarotto e Marina Sereni, sono diciassette. I dodici componenti della segreteria (esclusi gli eletti) riceverebbero 3500 euro mensili e la disponbilità di un appartamento per chi non è di Roma.

Scalfarotto

Tra i nomi di cui si dà conto nell'articolo del Corriere figurano quelli di Rosy Bindi e di Matteo Orfini, che non la prendono benissimo. Il secondo replica a stretto giro: "Tralascio per ora di dare giudizi sul fatto che si possa anche solo immaginare di fare attività di dossieraggio sui propri compagni di partito perchè sono certo che Matteo smentirà, ma così non fosse approfitto per rendergli più agevole il compito. Il mio contratto col Pd dura il tempo del mio incarico in segreteria.

Prima della segreteria Bersani ho fatto tanti lavori, nessuno dei quali retribuito dal Pd o dai partiti che lo hanno fondato. Il mio contratto prevede un compenso di circa 3300 euro mensili. Per la cronaca, prima di entrare in segreteria guadagnavo di più. Vivo a Roma, al Tufello (non certo un quartiere centrale) nella casa di proprietà della mia compagna. Ogni mattina vado a lavorare con la Metro b1 (no, non mi faccio rimborsare il biglietto)".

La vicepresidente della Camera minaccia querela e chiarisce: "Nessuno dei miei collaboratori, compresa la portavoce, è mai stato dipendente del Pd o di altri partiti. Ho sempre provveduto con le mie indennità e alcuni hanno fatto parte degli staff previsti dagli incarichi istituzionali" (da vicepresidente della Camera ndr.).

PIETRO GRASSO TRA BERSANI ED ENRICO LETTA

A rispondere, via Facebook, è anche il tesoriere Pd Antonio Misiani: "Sono diventato tesoriere a fine 2009, funzione che svolgo a titolo gratuito come tutti i parlamentari che hanno incarichi nel partito. Da allora, pur tra mille limiti, il Pd nazionale ha ridotto le proprie spese del 30 per cento. Il nostro organico è inferiore del 40 per cento rispetto a quello di DS e Margherita a fine 2007, quando i due partiti fondarono il Pd. Le retribuzioni dei dipendenti sono bloccate da anni e quelle delle figure tecniche apicali sono più basse dei corrispondenti livelli nel settore privato".

Conclude: "È sgradevole fare lotta politica a colpi di dossier, coinvolgendo anche la vita delle persone. Gli elettori del Pd ci chiedono trasparenza e responsabilità". Renzi non si sottrae allo scontro politico: "Non c'è nessuna attività di dossieraggio - afferma - se ci sono battaglie politiche, uno le fa dicendo in faccia quello che pensa".

ie11 bersani letta

Il "dossier Renzi" in verità, così come anticipato dai media, non dice molto di più di quello che si può ricavare dai bilanci dello stesso Pd e dai dati diffusi dalla Camera. È lo stesso Misiani, in calce alla relazione al bilancio 2011 ad affermare: "Alla data del 31 dicembre 2011 l'organico è così costituito". E contare: 17 giornalisti (un direttore, otto capi redattore, 1 vice caporedattore, 2 vice caposervizio e 6 redattori ordinari), 173 dipendenti (156 assunti a tempo indeterminato), sette collaboratori, una borsa di studio.

"Tra Ds e Margherita - spiega oggi - gli assunti erano 330". Fatto sta che il peso economico degli assunti del Pd pesa ogni anno per circa 12,5 milioni di euro sul bilancio. Cui vanno sommati i soldi pubblici che non escono direttamente dai bilanci del partito ma da quelli delle Camere. Solo per Montecitorio il gruppo ha ricevuto per ogni anno di legislatura la cifra di 9,5 milioni di euro. Un milione in più delle stime di Renzi.

 

 

CACCIA ALLO STREGA - UN PREMIO IN CONFLITTO D’INTERESSE

$
0
0

Raffaella De Santis per "La Repubblica"

clm08 emanuele trevi


«Basta così non può andare avanti, mi autosospendo». Emanuele Trevi lascia in polemica la giuria del Premio Strega e accusa meccanismi, criteri e metodi con cui vengono selezionati ogni anno prima la cinquina dei finalisti e poi il vincitore. L'anno scorso con il saggio Qualcosa di scritto (Ponte alle Grazie) Trevi era arrivato a due passi, anzi a due voti, dalla vittoria.

Lo superò, al termine di una serata combattutissima Inseparabili, il romanzo di Alessandro Piperno edito da Mondadori. Oggi, nei giorni in cui si vanno definendo le candidature ufficiali, lo scrittore, che dal 1994 fa parte della giuria dei 400 Amici della Domenica, decide di prendere le distanze.

Premio Strega ALESSANDRO PIPERNO RICEVE IL PREMIO jpeg

Come mai una decisione del genere proprio adesso, dopo tanti anni nella giuria?
«Mi sembra il momento migliore. Non mi piace un premio in cui il candidato è stabilito dalle case editrici, che scelgono da sole i loro cavalli di battaglia, e in cui molti giurati sono stipendiati dagli stessi editori che poi gli chiedono il voto. Il criterio va ribaltato: sono i giurati che debbono battersi per i libri in cui credono».

Lei però l'anno scorso ha partecipato con un suo libro. Non le sembra un po' strano criticare solo adesso il premio?
«No, queste cose le ho sempre dette, anche in passato. Vorrei un premio in cui possa finalmente vincere una casa editrice piccola come Quodlibet e un libro come quello di Paolo Albani, I mattoidi italiani. Allo Strega lavorano persone di grande intelligenza come Tullio De Mauro, Nora Alberti e Stefano Petrocchi, dunque mi rivolgo anche a loro: se non ora quando? È questa la fase giusta per attuare una rivoluzione».

NINFEO DI VALLE GIULIA PREMIO STREGA jpeg

Cosa vorrebbe cambiare?
«Prima di tutto ci vorrebbe una riqualificazione della giuria. Debbono essere i giurati a scegliere i libri e non le case editrici, che si muovono seguendo esclusivamente i principi del marketing.

LUNGA FILA AL BUFFET DEL PREMIO STREGA jpeg

Lo Strega dovrebbe seguire l'esempio delle classifiche di Pordenonelegge, guidate da criteri di qualità e non di mercato. Inoltre bisognerebbe rinunciare al voto segreto, per escludere qualsiasi sospetto di pacchetti di voti già assegnati. Infine, come già ho anticipato, dovrebbero essere tagliati fuori dalla giuria gli stipendiati dagli editori. A quel punto le stesse case editrici potrebbero forse finalmente iniziare a lavorare alla luce del sole».

Logo Premio Strega

Perché sfilarsi alla vigilia delle candidature?
«L'anno scorso essendo in gara non ho votato, dunque la continuità si era già interrotta. Sono tra gli Amici della Domenica dal 1994, ero il più giovane giurato d'Italia. Durante tutti questi anni ho cercato di assolvere il mio compito con onestà, premiando i libri migliori.

In realtà non mi sono mai sentito completamente a mio agio. Già in passato avrei voluto uscirne. Ero però molto legato a Anna Maria Rimoaldi, che riusciva ogni volta a trattenermi. Anche Cesare Garboli ha avuto su di me una grande influenza nello spingermi a rimanere. Ma adesso il fastidio è diventato non più tollerabile».

Si riferisce alle telefonate per chiedere i voti?
«Le telefonate sono pietose. Si arriva perfino alla maldicenza. Diciamo che le più innocenti sono quelle in cui ti dicono che il tuo voto è sprecato. Mi dà fastidio la maleducazione, nelle chiamate trapelano velate minacce».

Walter Siti

La scorsa edizione anche il suo editore avrà telefonato per chiedere voti in suo favore, non crede?
«Sì, e ora ci si aspetta un risarcimento, perché chi ha partecipato in prima persona è naturale che abbia accumulato dei debiti. Per questo come ulteriore regola vieterei a chi ha concorso alla gara di far parte della giuria. E poi, mi creda, è umiliante anche per lo scrittore vincere con i voti che l'editore ha racimolato telefonando ».

Può dirci però per chi avrebbe votato?
«Avrei scelto il romanzo di Walter Siti, Resistere non serve a niente. Tifo Siti, ma non lo voterò. Non prendo parte a un premio malato, che non risponde a un criterio culturale di qualità. Lo Strega va sottratto alla logica del mercato e al mondo del potere, dal quale finché possibile voglio vivere al riparo. Desidero che le cose che faccio mi assomiglino. E poi le cose belle sono disinteressate».

 

TOTO-PAPA: I BOOKMAKER PUNTANO SULLO SCOLA-PIATTI DI CL

$
0
0

1 - CHIESA. IL NUOVO PAPA? I BOOKMAKER PUNTANO SU SCOLA
(DIRE) - Italiano, con un'eta' compresa tra i 70 e i 75 anni, probabilmente anche lui decidera' prima o poi di rassegnare le dimissioni. E' l'identikit del prossimo Papa che tracciano i bookmaker internazionali (in Italia una scommessa del genere non e' consentita).

ANGELO SCOLA ANGELO SCOLA ARCIVESCOVO DI MILANO jpeg

Tutte le maggiori firme delle scommesse - ha segnalato Agimeg - hanno aperto le giocate su chi sara' il prossimo Papa, e concordemente eleggono Angelo Scola che stacca quote tra il 3 e il 4,50. A seguire i cardinali Turkson (tra 3-7) e Bertone (4,50-12,90). Piu' giu' nelle quote Ravasi (13-19), Sandri (19-30) e Bagnasco (13-34). Tra i nomi circolati nei giorni scorsi, quello di Marc Oullet (7,30-13). Le quotazioni del cardinale O'Malley sono scese molto nelle ultime ore, anche per l'elevato numero di giocate che ha attratto, e adesso da alcuni bookmaker viene dato ache a 12. Piu' basse le chance del filippino Tagle (da 17 in su) e dell'honduregno Maradiag

ODILO SHERER ODILO SHERER

2 - I MOVIMENTI DI SCOLA E IL CARISMA DI DOLAN
Giulio Anselmi per "La Repubblica"

Il pronostico netto della vigilia - Angelo Scola, ambrosiano - si stempera un poco nelle ore che precedono la chiusura nella Sistina: come i "ceci nella pentola" di cui parlava Giovanni XXIII, risalgono Sherer, Dolan e Ouellet. Soprattutto il primo. E anche un paio di cardinali francesi.

TIMOTHY DOLAN ARCIVESCOVO DI NEW YORK jpeg

Il "partito"di Scola non vorrebbe giocare subito la sua carta per non bruciarla. Anche se il francese Jean-Louis Tauran, quello a cui spetterà intonare l'Habemus papam, spiegava ieri che, con l'attuale sistema elettorale, non ha senso sprecare voti e tempo per candidati di bandiera. Ma parecchi italiani non si sono ancora rassegnati all'ipotesi milanese. Con le parole «la misericordia non è un colpo di spugna», Scola è sembrato ricollegarsi al ratzingeriano «carità, ma prima giustizia». Con la consueta prudenza, ha aggiunto: «il nuovo papa segua le orme dei predecessori».

MARC OUELLET jpeg

Questo è il punto: quali orme? E di chi? «Eleggere Scola vorrebbe dire consegnare la Chiesa ai movimenti, istituire accanto alle diocesi una Chiesa parallela», spiega un illustre teologo che ha appena raccolto, al riguardo, le preoccupazioni di una dozzina di cardinali. «Giovanni Paolo II dette ai movimenti molto spazio, che poi Benedetto cercò di ridurre».

Tauran

Ma Opus Dei, neo-catecumenali, focolarini, Comunione e liberazione, Sant'Egidio e perfino i Legionari di Cristo hanno ancora un grande potere. E, malgrado le differenze e le reciproche ostilità, si trovano allineati nel difenderlo.

Oltre a essere l'indimenticato "don Angelo" di Cl, il cardinale Scola è stato rettore dell'università Gregoriana e fondatore (con Ratzinger) della rivista teologica Communio, interprete di una visione "centrista" del Concilio; ha creato Oasis, dedicata al rapporto tra cristiani e musulmani, nel cui comitato promotore siedono sei porporati (cinque elettori); ha una rete di rapporti in tutta la Mitteleuropa e anche in America latina.

Cardinal Camillo Ruini - Copyright Pizzi

È, insomma, un candidato forte, accreditato dell'esperienza di governo maturata a Venezia e a Milano. Quanto basta per raccogliere una quarantina (per ora scarsa) di voti e per bloccare qualunque altra candidatura.

Voci diffuse parlano dell'affievolirsi dell'ostilità del cardinale Sodano, in cambio di un avvicendamento alla Segreteria di Stato che, a tempo debito, veda Bertone sostituito da un prelato non sgradto alla curia. «Scola», ha detto anche Ruini; ma Ruini; che conta, non vota. Alto, grande e grosso come quello di Scola sullo scenario del conclave si staglia anche il profilo di Dolan, capo del potente partito americano, carismatico, trascinatore.

CARDINALE ANGELO SODANO

Parecchi voti, almeno inizialmente, potrebbero convergere su di lui. Ma un anziano porporato gran conoscitore di tempi e modi ecclesiali, ancorchè escluso per la seconda volta dall'elezione, non ha dubbi: «Finirà come nel ‘95». Quando Martini, indicato come l'antagonista progressista, aderì rapidamente al gruppo di Ratzinger per evitare che la rinuncia del prelato bavarese spianasse la via a una soluzione italiana, da molti individuata in Ruini.

CARDINALE TARCISIO BERTONE

Di Scherer, e del suo, teoricamente perfetto, equilibrio pastoral-curiale, italianostraniero abbiamo già detto. Ma molti voti sono ancora a spasso. La storia è piena di papi usciti cardinali e di candidature elise a vicenda. Tutti fanno notare che dalle congregazioni è uscito il profilo di un papa trascinatore, capace di essere riferimento per una Chiesa stanca, pastore (anche se Enzo Bianchi, priore di Bose, ha messo in guardia contro gli schematismi di comodo: «Esercitare il ministero petrino sulla Chiesa universale non è come fare il vescovo di una diocesi»).

Le previsioni sono per un'elezione rapida. Ma se mercoledì sera fossimo fermi alle fumate nere si riaprirebbero i giochi. È ancora il momento della conoscenza, delle riflessioni, degli annusamenti. Calcoli umani, in attesa che domani, invocato dai conclavisti, cali su di loro lo Spirito Santo. «Speriamo faccia presto», salutò, lasciando Genova, il segretario del cardinale Siri, tre volte papabile. Ma erano altri tempi, ben lontani da Santa Marta, e nell'alloggiamento del povero monsignore mancava anche la presa per il rasoio elettrico.

 

BOSSI SI E’ ROTTO I MARONI: “DEVI DARE LE DIMISSIONI”

$
0
0

Rodolfo Sala per "La Repubblica"

BOSSI E MARONI AL CONGRESSO DELLA LEGA jpeg BENNY SU BOSSI CHE SPIA MARONI

Tutto come da copione, se non fosse per la zampata di Bossi. Il "federale" della Lega respinge all'unanimità le dimissioni da segretario presentate ieri da Bobo Maroni, il nuovo governatore della Lombardia (un solo voto contrario: il suo). Ma il vecchio leader ha idee diverse: «Uno che dice di voler presentare le dimissioni poi non può ritirarle; del resto io ho fatto così quando me ne sono andato, i militanti si aspettano che Maroni passi la mano».

È l'unica nota stonata di questo "federale" che si limita a certificare quel che da tempo era nell'aria. Per la Lega - pesantemente ridimensionata dal voto politico, epperò ringalluzzita dalla vittoria "lombarda" - non è il momento di avvicendamenti al vertice.

Che potrebbero far esplodere la "polveriera" del Veneto, dove il Carroccio in termini elettorali ha pagato il prezzo più alto. Anzi, Maroni resterà segretario addirittura fino al 2015: quando, come da statuto, saranno passati tre anni dal congresso di Assago, quello che il 1° luglio scorso lo incoronò come successore di Bossi.

UMBERTO BOSSI IN LACRIME CON ROBERTO MARONI SUL PALCO DI BERGAMO

Ma non è detto che il segretario-governatore debba aspettare due anni. Da lunedì, in via Bellerio, tornerà a riunirsi con cadenza settimanale la segreteria politica.
E molti, tra cui lo stesso Maroni, fanno capire, che il segretario delegherà a una sorta di "direttorio" alcune incombenze: «La segreteria - spiega - il neogovernatore valuterà se sarà necessario arrivare a un livello di gestione che coinvolga direttamente i segretari nazionali (regionali, ndr)».

LUCA ZAIA SPEZZA IL PANE

Tra i quali c'è il veneto Flavio Tosi, da settimane ai ferri corti con la figura più rappresentativa del Carroccio: il presidente della Regione Luca Zaia. Che gli imputa di aver fatto fuori dalle liste tutti gli avversari interni, e di avere così contribuito alla débâcle elettorale. Un'eco di questa polemica si è avuta al "federale" di ieri. Dove Bossi ha messo sotto accusa Tosi: «Non puoi cacciare la gente dal movimento, sulle espulsioni decido io».

FLAVIO TOSI DOPO LA RIELEZIONE A SINDACO DI VERONA

L'altro ha proposto, d'accordo con Maroni, una specie di sanatoria sui provvedimenti disciplinari, ma che riguardi gli ultimi due anni, quindi anche gli amici del sindaco di Verona raggiunti da procedimenti disciplinari».

Maroni la mette giù così: «Dopo che sono state respinte le mie dimissioni, ho spiegato di essere disponibile ad anticipare il congresso al 2014, ma anche su questo mi hanno detto di no; mi tocca fare ancora il segretario per un po', e sono contento per la fiducia che mi è stata accordata dal massimo organo decisionale della Lega». Il "federale" ha anche deciso di costituire un «comitato strategico per l'attuazione del progetto di macroregione», che è la nuova frontiera, oltre che l'ultima chance, per la Lega.

Ne faranno parte i tre governatori (Maroni, Zaia, Cota), i capigruppo nei consigli regionali e i presidenti dei gruppi parlamentari. Maroni, dice il tam leghista, «deve restare segretario perché altrimenti il progetto della macroregione si indebolirebbe, bisogna far coincidere la carica politica con quella istituzionale, anche per avere più forza nei confronti del Pdl».

 

ORA SIAMO TRANQUILLI: WALL STREET A PROVA DI URAGANI

$
0
0

Federico Rampini per "La Repubblica"

I computer assumeranno i comandi e "salveranno" Wall Street, al prossimo disastro naturale. Sono gli umani a chiederglielo. È questo il nuovo piano d'emergenza adottato dal New York Stock Exchange per scongiurare la paralisi che seguì all'uragano Sandy nell'ottobre scorso. La prossima volta ci penseranno i computer, prendendo le cose in mano loro.

wallstreet

All'avvicinarsi di un uragano o altra calamità, il New York Stock Exchange (Nyse) diventerà una Borsa automatica, tutta gestita dall'informatica, senza interventi umani. Il piano anti-paralisi è il frutto di una lunga preparazione, resa obbligatoria dallo shock di Sandy. Viene chiamato anche "piano Arca", non per evocare l'Arca di Noè ma perché questo è il nome della piattaforma elettronica che già oggi assicura un "mercato parallelo" affiancando il Nyse.

wallstreet

Il giorno in cui il prossimo uragano colpirà Manhattan, o qualche altro disastro costringerà i dipendenti di Wall Street a restare a casa, l'entrata in vigore del "piano Arca" consentirà di proseguire transazioni di ogni titolo, di fissare valori di chiusura, di stabilire i prezzi dei fondi comuni. E quel giorno, sarà la prima volta che la Borsa antica di 221 anni si affiderà al 100% ai computer, rinunciando a qualsiasi intervento umano.

wallstreet

Già oggi naturalmente l'informatica è regina a Wall Street, basti pensare all'inquietante sviluppo dello high frequency trading - le contrattazioni massicce e ad altissima velocità che vengono gestite da software ad hoc - e tuttavia rimane cruciale la supervisione dei
trader in carne ed ossa. Con il piano d'emergenza, anche la supervisione e il controllo passerebbero nelle mani dei computer. L'effetto - Sandy non perdona.

wall street

A ottobre quell'uragano fu la prima calamità naturale in 120 anni a costringere l'evacuazione e la chiusura degli scambi al Nyse. (In precedenza, il Nyse come tutte le Borse Usa furono chiuse per quattro giorni lavorativi in seguito all'attacco terroristico dell'11 settembre 2001).

Quel disastro mise a nudo l'inadeguatezza dei sistemi di emergenza. Il "piano Arca" si è reso indispensabile in previsione di una frequenza crescente di eventi meteo "estremi", legati al cambiamento climatico. La Borsa più antica di New York, gestita dalla società Nyse Euronext, gestisce ormai solo l'11% delle transazioni di titoli, poiché quote maggiori sono emigrate verso altre piattaforme. Il Nyse resta uno dei mercati a maggiore intensità di manodopera umana, con circa 100 dipendenti la cui presenza è necessaria per assicurare l'operatività del trading.

NASDAQ

In prospettiva il sistema elettronico Arca, che finora assicura funzioni di supporto, potrebbe diventare il mercato primario e rendere superfluo il fattore umano, occupandosi da solo dei prezzi di apertura e chiusura, dell'elaborazione degli indici e dei valori delle quote dei fondi. Altre Borse hanno già provveduto a rendersi meno vulnerabili di fronte alla calamità naturali.

Il Nasdaq oltre ad essere più automatizzato ha allontanato geograficamente i suoi "backup office" destinati a entrare in funzione nelle emergenze: ne ha uno in Virginia (a 400 km da New York) e un altro a Stoccolma in Svezia. Ora il Nyse sta attrezzandosi per aprire un centro "backup" a Chicago. Che si trova a quasi tre ore di volo da New York, ma in quanto a emergenze climatiche è perfino piu` sfortunata.

 


AR-RENZI-TI, CULATELLO! - IL SINDACO DI FIRENZE SI STA PREPARANDO A PRENDERE IL POSTO DI CULATELLO

$
0
0

Claudio Cerasa per "Il Foglio"

"Ragazzi, mi raccomando, non portatevi troppi viveri a Roma: visto come stanno andando le cose secondo me potrebbe bastarvi anche un sacchettino della merenda...".

Ieri mattina, poco prima che i 408 parlamentari del Pd si ritrovassero a Roma al teatro Capranica per discutere con Bersani il futuro di questa complicata legislatura, uno dei democratici più ascoltati da Matteo Renzi, Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e capo dell'Anci, ha cercato di sdramattizare con questo sms inviato ad alcuni renziani il clima surreale vissuto in queste ore dai deputati e dai senatori appena eletti in Parlamento:

MATTEO RENZI CON LA MANO NELL'OCCHIO MATTEO RENZI FA LO STARTER ALLA FIRENZE MARATHON

che mentre ieri firmavano felici le carte per avviare le procedure di registrazione per Montecitorio e Palazzo Madama a poco a poco si rendevano conto - sia ascoltando la relazione di Bersani ("dobbiamo riconoscere che la nostra strada è strettissima") sia registrando l'ennesimo "vaffa" offerto da Grillo al segretario (ieri Grillo ha chiesto al Pd di rinunciare ai rimborsi elettorali) - che la loro permanenza romana rischia di essere più corta del previsto e che le elezioni potrebbero invece essere qualcosa in più di una provocazione politica.

Gli esponenti del Pd più vicini al segretario, che chiedono un governo Bersani o voto subito, lo ammettono da giorni. La novità è che ora iniziano ad ammetterlo anche i sostenitori del sindaco: che dopo la sfida lanciata sabato in tv da Renzi ("Il Pd abolisca il finanziamento pubblico") e dopo la notizia sulla due diligence promossa da Renzi sui costi dell'apparato Pd (che ieri ha fatto infuriare l'apparato Pd) riconoscono anche loro di sentirsi a un passo dalla campagna elettorale.

MATTEO RENZI IN BICI

"Inutile prenderci in giro - dice Delrio al Foglio - l'ipotesi di un governo appoggiato da Grillo non mi sembra solidissima, diciamo, e l'idea di fare un governicchio sostenuto dagli stessi onorevoli del Pdl che hanno occupato il tribunale di Milano mi fa sorridere. L'unica soluzione che vedo è votare a ottobre, lasciando a Palazzo Chigi l'attuale governo e facendolo guidare o da Monti o da un altro ministro dell'esecutivo. Altre soluzioni non ci sono e in fondo credo che anche per Matteo ottobre sia una data ammissibile. Vi spiego perché".

Graziano delrio

Almeno dal punto di vista della forma, nei prossimi giorni il sindaco di Firenze continuerà a non avvicinare direttamente il suo pugnale al corpo del segretario, ma attraverso alcuni interventi, alcune lettere, alcune dichiarazioni e alcune interviste comincerà a sfiorare a poco a poco il fianco di Bersani provando a dettare con largo anticipo i tempi della campagna elettorale e ragionando da subito su quello che il Rottamatore stesso considera lo scenario più plausibile: niente governo Bersani, niente governissimo con il Pdl, un governo di scopo che faccia tre o quattro cose importanti e che scongiuri l'aumento dell'Iva, sblocchi i pagamenti dello stato alle imprese, corregga la rotta scelta da Monti sulla Tares (secondo il sindaco bisogna eliminare il posticipo del pagamento della nuova tassa sulla raccolta dei rifiuti per evitare che nel giro di pochi mesi le grandi città italiane si ritrovino sommerse di immondizia), sospenda la spending review e riformuli urgentemente i tagli alla spesa pubblica.

Dopo di che urne a ottobre: una data perfetta anche per Renzi, sia per avere il tempo di far ripartire la macchina delle primarie (di soldi in cassa comunque ce ne sono ancora un bel po') sia per evitare che il sindaco sia costretto a partecipare al congresso per eleggere non il candidato premier ma il segretario del Pd (il congresso per scegliere il successore di Bersani alla guida del Pd sarebbe a ottobre, ma in caso di elezioni in autunno verrebbe rinviato).

"Matteo - continua Delrio - credo che in caso di elezioni anticipate dovrebbe cambiare leggermente la sua piattaforma politica: il messaggio che la sua leadership sia il simbolo di una società aperta che punta al talento e non si limita a recitare ogni giorno il ‘noi" triste e solitario della vecchia nomenclatura comunista, mi sembra sia passato. Adesso credo sia arrivata l'ora di chinarsi sulla pancia del paese, come si sarebbe detto un tempo, di tarare il progetto più sui bisogni dei ceti deboli e di costruire una narrazione anche più di sinistra - su questo punto sono d'accordo con Matteo Orfini e i Giovani turchi - e più in sintonia con un paese che vive una crisi più drammatica rispetto a quella osservata durante le primarie di sei mesi fa".

Naturalmente, anche Delrio sa che in politica nulla è scontato e che nei prossimi giorni, in caso di fallimento del piano Bersani, Napolitano un tentativo per formare un nuovo governo lo farà. L'operazione non sembra facile ma comunque andranno una volta verificato che il segretario del Pd non ha i numeri per governare in un certo senso le traiettorie del sindaco e del capo dello stato saranno destinate a incrociarsi.

MATTEO ORFINI

Da un lato perché Napolitano non ha ancora depennato il nome "Renzi" dalla lista dei papabili per un governo di larghe intese. Dall'altro lato perché il presidente della Repubblica in questi giorni ha fatto sapere al Rottamatore che dal suo punto di vista, in caso di elezioni, lo scenario ideale per il centrosinistra sarebbe quello di dar vita a una grande coalizione tra Pd e lista Monti.

Un'ipotesi di cui Renzi ha discusso con Monti la scorsa settimana a Palazzo Chigi e che il sindaco potrebbe valutare; nonostante - ricorderete - durante le primarie lo slogan "mai un'alleanza col centro" sia stato un grande cavallo di battaglia del Rottamatore. "In caso di elezioni - conclude Delrio - il messaggio di Matteo sarà sempre legato alla vocazione maggioritaria ma dovrà anche considerare il nuovo contesto in cui si trova l'Italia: un contesto in cui è giusto valutare se sia opportuno aprire una nuova fase e unire le forze per allargare il progetto e salvare il paese".

 

MUOVI IL CULATELLO! - IL MOLLE-AGIATO SCRIVE A “REPUBBLICA” E DÀ CONSIGLI A CULATELLO PER CONQUISTARE IL M5S

$
0
0

Lettera di Adriano Celentano a "La Repubblica"

adriano celentano e beppe grillo

Caro Direttore, in questi giorni non si parla che del confronto Bersani-Grillo, e ogni giorno sembra un anno da quel lontano 24 febbraio 2013, in cui l'uragano-Grillo si è abbattuto come una furia sull'Italia elettorale.

Quell'Italia che non voleva cambiare, sempre con lo stesso abito grigio, ormai sfilacciato e pieno di macchie, piccole e grandi, alcune con dei grossi buchi al centro dove nessun rammendo è possibile. E sono proprio queste le macchie peggiori, che per 'non dimenticare', come si dice per l'Olocausto, vengono catalogate sotto la dicitura di 'FALSO benessere', in nome del quale ci si è potuti accanire e stravolgere, il 'bel sembiante' dell'Italia che fu. Sembrano passati anni e invece siamo a poco più di due settimane dal meteoritico voto. Il pericolo più imminente dello stallo Grillo-Bersani è che tutto possa invecchiare di colpo, compresi i vari 'trionfi'.

CELENTANO E BEPPE GRILLO

I punti sui quali ragionare non sono poi tanti. Ed è forse questo il problema. È come se ad un tratto il Paese fosse imprigionato da due o più alternative contrarie, ed entrambe possibili. Un dilemma dal quale cominciano a spuntare ipotesi di un possibile governo al di fuori dei contendenti, come ad esempio quello lanciato da 'Servizio pubblico': «Si tratta di un governo ideale - annuncia Santoro, ma premette - naturalmente senza Bersani».

Ora, con tutto il rispetto per le persone scelte, impeccabili direi, a partire da Rodotà, che stimo molto, al grande Carlin Petrini, alla Gabanelli, tutte persone validissime certo, ma io continuo a credere che il leader debba essere Bersani con il SUO governo. Se non altro perché, fra quelli che sono arrivati primi e non hanno vinto, lui è quello che è arrivato più PRIMO degli altri.

pier luigi bersani

Però, c'è un però: Grillo non fa che ripetere (e insultare) che lui non darà la fiducia a nessun partito. E sotto un certo profilo può anche essere giusto, come è giusto e sarebbe saggio secondo me che anche tu, 'amico parlante' sarebbe ora che cominciassi a cambiare registro ai tuoi toni: fregatene se gli altri ti insultano e inventano società che non esistono e, anche se fosse, te le saresti guadagnate col tuo lavoro. Chi ti ha votato conosce bene il gioco meschino dei POTERI forti quando vengono disturbati. Ma la cosa che più di tutti preoccupa in questo momento è un'altra.

Pare che Bersani non abbia scelta: «Se Grillo non accetterà il confronto non ci rimane che tornare alle urne, poiché neanche a parlarne accetterei di allearmi con il terzo vincitore, Berlusconi ». E allora? Poche sere fa, l'affascinante Lilli Gruber ha chiesto a Bersani: «Se ci fosse Grillo qui davanti a lei, cosa gli direbbe?». Bersani l'ha guardata, e abbozzando un sorriso ha sentenziato: «Gli direi... dimmi!». Ecco il punto.

CARLIN PETRINI

Caro Pierluigi, è più probabile che Grillo smetta di insultarti piuttosto che dirti quello che tu vorresti sentirti dire. Io, invece, ti dico qualcosa: sono fermamente convinto che nessuno meglio di te, può cavalcare il vento di queste ore. Devi però ammettere che è in atto un forte cambiamento e l'artefice di questo cambiamento è Grillo. Anche tu lo riconosci e dici che a questo punto la priorità assoluta, prima ancora dei partiti, è il bene del Paese e io ci credo.

milena gabanelli

E se è il caso, dici anche che non ci penseresti due volte a cedere il posto a qualcun altro. Ma sarebbe un ERRORE. Perché solo tu puoi fare la MOSSA giusta. La mossa che i tempi di questo grande momento ti chiedono. Che sono poi gli stessi che hanno chiesto al Papa l'urgenza di una SCOSSA per la chiesa degli scandali mentre un METEORITE si abbatteva sulla Russia.

Una mossa la tua, che indurrebbe i 'grillini' a chiedere al loro fondatore per quale motivo non dovrebbero accettare una proposta che non possono rifiutare. Per cui se davvero vuoi evitare agli italiani un altro tormento alle urne, con chissà quali conseguenze, non solo per il tuo partito ma temo anche per lo stesso Grillo, ben lontano secondo me da quel 100% che dovrebbe essere lui il primo a non ambire di ottenere (ma si sa che a volte può succedere di dire cose che non pensiamo).

Stefano Rodota

Mentre questo non sarebbe il caso che ti riguarda, poiché il tuo pensiero, come dici, è rivolto alla soluzione meno peggiore per gli italiani. Ma se è così allora sii tu a dare la FIDUCIA a Grillo. Non nel significato che la parola assume quando per esempio un governo chiede alle camere il voto di fiducia. Ma in un patto tra te e Grillo di fronte agli italiani dove si dice che: «Io, Pierluigi Bersani sarò il PREMIER che accetta tutti i punti del tuo programma che entrambi riteniamo fondamentali per il bene dell'Italia e sono
pronto a discutere anche su quelli che sono in totale contrasto con il mio modo di pensare».

BERLUSCONI IN TRIBUNALE

Sarebbe una 'mossa' STORICA che permetterebbe al Paese di approvare le riforme più urgenti e incamminarsi davvero sulla via del CAMBIAMENTO. Almeno fino a quando l'idillio fra te e Grillo reggerà. Sarebbe un gesto così innovativo, che pur sul nascere di un eventuale disaccordo, potrebbe dar luogo a un vero e proprio dibattito DEMOCRATICO, dove anche nei momenti di maggior contrasto potrebbe non mancare quel punto di 'strana convergenza' che è tipica dell'italiano saggio.

Quando hai presentato il piano A hai detto che non ci sarebbe stato un piano B e francamente anch'io l'ho pensato. Quello che ti ho appena prospettato è certamente fuori da ogni tipo di continuità. Poiché non è neanche un piano C. Ma un piano Z. Poiché è esattamente dalla fine che si ricomincia.

 

SCANDALI E CORVI: IL VATICANO BLINDA LA SUA CAPPELLA

$
0
0

Vittorio Zucconi per "La Repubblica"

Vaticano d


Per salire verso il cielo dei loro terrori e delle loro ambizioni questa volta c'è un piccolo gradino che i cardinali dovranno salire. In un vago aroma di legno e di vernice fresca usati per il contro pavimento provvisorio, la Cappella che racchiude un nome e una risposta alla domanda che un miliardo di cattolici si pongono da un mese ha dovuto proteggere il fondo fragile e consunto dallo scalpiccio delle eminenze. Perché i papi passano, ma la Sistina deve restare.

Chi entra in questa meravigliosa nave immobile che da sei secoli conduce la Chiesa verso l'approdo delle successioni pontificali sente che se il Dio nel quale i cristiani chiedono esiste, qui deve avere sfiorato gli intonaci con le dita.

Vaticano a

Anche nei momenti di incertezza e turbamenti come questo, nello sbigottimento di una Chiesa che deve risorgere senza essere passata dal rito necessario e liberatorio della morte, la Sistina esiste. Entrandoci questo pomeriggio poco dopo le 16.30, facendo attenzione che per ingravescente aetate e gamba un po' malferma i più anziani non incespichino nello scalino e nelle sottane porpora, i 115 cardinali dovranno soltanto alzare lo sguardo per sentirsi rassicurati. Se la Cappella Sistina c'è, la Chiesa Cattolica Romana c'è.

CONCLAVE

Li attendono le sedie di ciliegio. Nell'angolo le stufe, questa volta due, una panciuta per le schede da ardere, l'altra, quella nuova, squadrata per i fumogeni che si alzeranno con qualche fatica nel cielo pesante atteso a Roma fino a venerdì, collegate in un unico tubo a forma di "Y" invertita, che potrebbe non corrispondere esattamente alla norme dell'Unione Europea, della quale comunque lo Stato Vaticano non fa parte.

Lungo le pareti gli scranni, esattamente come otto anni or sono, ora sopra il pavimento rialzato. E in fondo, chiusa e paziente, quella porticina che conduce alla stanza della vestizione e delle lacrime, perché alcuni eletti, ma non tutti, vi piansero. E da questo Papa in poi potrebbe essere la porticina che conduce verso le dimissioni.

CARDINALI PER IL CONCLAVE

Nelle ore di fine inverno 2005, nel marzo del calvario di Wojtyla dietro le ultime due finestre all'angolo della terza Loggia, l'ultimo piano del Palazzo Apostolico, già in questo grembo di bellezza sovrumana, carpentieri, restauratori e tecnici avevano segretamente cominciato a lavorare, con il rispettoso cinismo di un'istituzione che aveva metabolizzato ed esaltato come nessun'altra la propria Pasqua umana, il passaggio da un regno all'altro. Addetti, sovrintendenti e portavoce negavano, ma la Sistina si era preparata per tempo a celebrare quella forma di resurrezione che è la scelta di un nuovo Pontefice, dopo l'addio del predecessore.

LA CAPPELLA SISTINA jpeg

Ma forse è soltanto quell'odore di vernice e legno, che introduce un elemento prosaico da ristrutturazione più che di misticismo sotto lo sguardo della Morte michelangiolesca incredula, a insinuare un sentimento di smarrimento e transitorietà. Il Dio di Abramo, le anime dei giusti, la disperazione degli iniqui o sbattere d'ali degli angeli per salvare o dannare sotto la volta sembrano più agitati, per questo secondo Conclave del Terzo Millennio.

Il gesto del Cristo che consegna le chiavi del Regno di Dio a Pietro nell'affresco
del Perugino sulla parete destra rispetto all'altare maggiore, il dipinto davanti al quale Giovanni Paolo II amava soffermarsi più a lungo, ma che il successore Benedetto ignorava, acquista un sapore diverso, ora che quelle chiavi sono state deposte non per volere della Provvidenza, ma per scelta di un uomo che ha lasciato la tiara per calzare un semplice baseball cap bianco.

CAPPELLA SISTINA jpeg

Come sempre, la Sistina tenterà di ripetere fedelmente il proprio miracolo, di essere l'incubatrice per una rinascita, se non proprio una resurrezione ecclesiale dopo il Golgota autoinflitto degli ultimi mesi, che non spetta agli angeli sopra l'intonaco ma agli essere umani seduti nei loro troni disposti a ferro di cavallo salire.

I tre abiti candidi sono pronti, nelle tre taglie classiche, sperando che non sia uno dei cardinali più massicci, magari uno di quegli americanoni, a doverlo indossare, costringendo sarti e suorine a strappare il finissimo tessuto di lana per poi tenerlo assieme con spille da balia come si dovette fare per Angelo Roncalli. I cantici saranno quelli di sempre, il Veni Creator Spritus, l'intimazione dell'extra omnes, lo scattare dei chiavistelli, che la Chiesa del XIII secolo volle non per favorire la discesa dello Spirito Santo, che non deve attendere catenacci e scranni, ma per costringere i rappresentanti cardinales,
oggi divenuti cardinali più importanti del popolo di Roma a decidersi o a essere ridotti alla fame.

E se il rito, la clausura temporanea, il silenzio non sono più crudeli come nei tempi della cristianità brutale, e neppure la fame spaventa più le eminenza ora che possono tornare in quel residence di Sanctae Martae dove qualche cardinale non italiano già si lamenta della cucina troppo spartana, forse attendendosi le delizie romane, anche rispetto alla Sistina del 2005 esistono cose e prodigi e tentazioni che ai padri eccellentissimi erano sconosciuti.

Gabbie elettroniche circondano la nave mistica voluta da papa Sisto e intitolata alla Vergine Assunta, più arcigne dei vecchi catenacci. Ma nel 2005 i social network erano ancora neonati, come Facebook partita nel 2004 o Twitter, inesistente. Questo sarà il primo Conclave nell'età dei social network. Un gradino e una tentazione molto più rischiosi di quei pochi centrimetri della pedana da salire verso il cielo di una nuova Chiesa.

 

THORNE FOR GRILLO: ENDORSEMENT A 5 STELLE E STRISCE

$
0
0

Da www.Repubblica.it

THORNE LEGGE IL DISCORSO

"Voi giovani siete il futuro dell'Italia. Voi potete prendere in mano il vostro Paese e agire, come il Movimento 5 Stelle, per le riforme e il cambiamento". Lo "sprone" è diretto agli studenti del Liceo Visconti di Roma e viene da un personaggio eccellente, l'ambasciatore americano a Roma David Thorne che ha incontrato questa mattina i ragazzi a scuola.

Beppe Grillo

Thorne era al liceo Visconti per la giornata dell'orientamento professionale e ha dato i suoi consigli ai ragazzi: "Tocca a voi ora agire per vostro Paese - ha detto l'ambasciatore in italiano ai ragazzi -, un Paese importantissimo nel mondo. So che ci sono problemi e sfide in questo momento, problemi con la meritocrazia, ma voi potete prendere in mano il vostro Paese e agire, come il Movimento 5 Stelle, per le riforme e il cambiamento. Spero che molti di voi - ha concluso l'ambasciatore americano - daranno un contributo positivo in questo senso per il vostro Paese".

migliavacca

Un endorsement che non tutti hanno gradito in un momento così delicato per la formazione del governo. Dal Pd interviene il parlamentare Michele Anzaldi, che parla di "gravissima ingerenza nelle vicende italiane" se le parole dell'ambasciatore Thorne fossero confermate.

CARLO GIOVANARDI

"Mi auguro che il ministro degli Esteri Terzi di Santagata chieda immediatamente spiegazioni all'ambasciata americana e chieda al Dipartimento di Stato una correzione e una smentita rispetto a queste dichiarazioni, rese peraltro in una scuola, di fronte ai ragazzi", ha detto Anzaldi. "Proprio perché amici e ammiratori della grande democrazia americana, non è davvero accettabile una simile entrata a gamba tesa, in un momento tanto delicato della nostra vita politica e istituzionale", conclude il parlamentare democratico.

Una richiesta di spiegazioni arriva a stretto giro anche dal Pdl. "Dopo le dichiarazioni irresponsabili di Migliavacca che ritiene normale prevedere una richiesta di arresto per Berlusconi che il capo dello Stato ha definito aberrante da ipotizzare, ci si mette anche l'ambasciatore degli Stati Uniti a trinciare giudizi sulle vicende politiche interne di un Paese da sempre amico ed alleato", dichiara Carlo Giovanardi. "Siamo in attesa che il governo americano chiarisca che cosa ha voluto dire il suo ambasciatore con l'intervento di questa mattina al Liceo Classico Visconti di Roma".

Grillo, dal canto suo, apprezza e riprende sul suo blog l'intervento di Thorne in un post dal titolo "L'ambasciatore usa e il M5s".

 

UN’ECONOMIA AFFONDATA DALLE CHIACCHIERE

$
0
0

1. ALL'ECONOMIA 37 MILIARDI IN MENO - OLTRE A RIDURSI I PRESTITI CRESCONO LE SOFFERENZE (+18%) ORA A QUOTA 96 MILIARDI
Luca Orlando per "Il Sole 24 Ore"

MONTI GRILLI

«Guardi, anche sugli anticipi fatture spesso ci dicono "no", persino quando il cliente è una grande azienda, generalmente affidabile». Paola Snidero, imprenditrice friulana del settore plastico, incontra difficoltà crescenti nell'accesso al credito e la sua storia, sommata a migliaia di altre dello stesso comparto, vale una "stretta" nei prestiti che sfiora in un anno il 10% del totale.

In termini di riduzione dei finanziamenti bancari, quello della gomma-plastica è uno dei settori più penalizzati all'interno della manifattura italiana, che secondo gli ultimi dati di Banca d'Italia si è vista ridurre gli affidamenti di oltre 17 miliardi di euro tra gennaio 2012 e gennaio 2013.

BERSANI E GRILLO

Aggiungendo alle attività manifatturiere il resto dell'economia, dunque agricoltura, costruzioni, commercio e servizi, la "botta" vale oltre 37 miliardi, con una penalizzazione che colpisce sia le aziende minori (famiglie produttrici) che le realtà più strutturate (società non finanziarie). A gennaio del 2012 la consistenza dei prestiti per queste due categorie di clienti bancari valeva 1000 miliardi di euro, scesi a quota 963 miliardi dodici mesi dopo.

Su base annua per le attività manifatturiere, escludendo le cartolarizzazioni, la restrizione vale in media il 7,2% degli affidamenti ma vi sono aree in cui la stretta è ben più ampia. Per chimica-farmaceutica sfiora il 23%, tessile e abbigliamento vedono lo stock ridursi del 7,5%, gli imprenditori di carta e stampa perdono l'8% dei finanziamenti, la gomma-plastica arretra di quasi dieci punti.

suicidi crisi economica

«È una difficoltà che sentiamo, e avviene in una fase in cui invece servirebbe più credito - spiega il presidente della Federazione gomma-plastica Nicola Centonze - perché nel nostro comparto i fornitori internazionali di materie prime pretendono pagamenti in 30 giorni mentre i nostri clienti pagano in media a tre mesi, senza contare i ritardi frequenti che si verificano».

Gli unici comparti a poter contare su prestiti relativamente stabili sono l'alimentare e i macchinari, dove è meno pesante l'impatto della crisi.
Nel primo caso si tratta di un comparto anticiclico, in grado di realizzare nel 2012 il miglior risultato in termini di produzione industriale contenendo il calo all'1,4%; nel secondo ambito operano invece aziende ad altissima vocazione internazionale, con ricavi ancora in tenuta proprio grazie al sostegno dell'export, che in media supera il 70% dei ricavi complessivi

Ma anche qui i problemi legati alle restrizioni bancarie non mancano e il settore si trova indirettamente frenato dalle difficoltà nell'accesso ai finanziamenti.
«La stretta per noi è relativa - spiega il presidente di Ucimu Luigi Galdabini -, ma il danno per il settore è comunque pesante, perché se le banche riducono gli affidamenti dei nostri potenziali clienti è chiaro che vendere beni strumentali in Italia diventa sempre più difficile».

crisi economica

La riduzione dei prestiti si accompagna in Italia ad una forte crescita delle sofferenze, salite a 96 miliardi a fine gennaio, in crescita del 18,3% in 12 mesi. Un aumento non del tutto omogeneo, con le costruzioni che vedono i crediti deteriorati balzare del 26,4% mentre per l'intera manifattura la crescita si attesta all'11,8 per cento.

2- BOOM DI PROTESTI E RITARDI
Luca Orlando per "Il Sole 24 Ore"

«Il cliente mi ha chiamato, spiegandomi che l'alternativa era cestinare la lettera oppure eliminarmi dalla lista dei fornitori. Parliamo di un gruppo non proprio marginale, così mi sono rassegnato». Il pressing sui pagamenti dell'imprenditore lecchese - «non mi citi, per carità» - non è andato a buon fine, ma il suo caso, in realtà, è solo uno dei tanti. Alle cattive abitudini consolidate si aggiungono ora in Italia una lunga fase di recessione e progressive restrizioni al credito, con il risultato di gettare altra sabbia negli ingranaggi del sistema dei pagamenti.

IMU

Gli ultimi dati di Cerved Group rilevano infatti tempi che si dilatano, imprese ritardatarie sempre più numerose, aziende protestate ai nuovi massimi storici. La carenza di liquidità è anzitutto visibile nel monitoraggio effettuato da Cerved Group sui tempi di pagamento delle imprese, con la quota di "ritardatarie" salita al 7,1%, quasi in linea con i picchi raggiunti nel 2009. Così come sul mercato si assiste a una progressiva divaricazione dei risultati tra le aziende che esportano e quelle concentrate sul mercato interno, anche nei pagamenti è visibile una polarizzazione dei comportamenti, con una crescita significativa delle imprese che saldano con ritardi superiori ai due mesi ma anche di quelle che onorano le fatture entro i termini concordati.

Il risultato netto resta tuttavia negativo, anche perché la riduzione dei tempi concordati tra clienti e fornitori (63,7 giorni) è stata più che compensata alla fine del 2012 da un aumento dei ritardi, saliti di quasi tre giorni a quota 21,5. L'industria è mediamente più virtuosa, con una quota di ritardatari che si riduce al 5,8%, ma all'interno di questo ambito vi sono settori come largo consumo, mezzi di trasporto e sistema moda che sfiorano il 7 per cento.

TASSA SULLA CASA jpeg

Ancora più ampia è però la differenziazione su base geografica, dove Nord-Est e Nord-Ovest contengono la quota dei gravi ritardi al di sotto del 6%, mentre nel Sud si arriva a livelli quasi doppi. Analoga situazione si verifica nei protesti, dove le differenze geografiche, già ampie, tendono ad allargarsi.

Tra ottobre e dicembre dello scorso anno la platea delle società protestate in Italia è lievitata del 16% a 22mila unità, portando il totale annuo a quota 47mila: in entrambi i casi si tratta di nuovi record negativi.

tasse

Nei numeri assoluti, aggiungendo al calcolo le ditte individuali, la situazione è ancora peggiore ma il dato preoccupante è proprio quello legato alle realtà più strutturate, dove il livello di protesti è superiore del 47% al periodo pre-crisi. Dal punto di vista settoriale è nelle costruzioni l'area di maggiore difficoltà, con un'incidenza dei protesti che arriva al 3,4%, quasi il doppio rispetto alla media dell'industria.

Su base geografica, come detto, le situazioni sono molto diverse, con Nord-Est e Nord-Ovest a contenere le difficoltà rispettivamente all'1,1% e all'1,5% del totale, mentre per Sud e Isole l'incidenza delle aziende protestate sale al 2,9%, il 50% in più rispetto alla media nazionale.

 

 

Viewing all 340557 articles
Browse latest View live