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IN MEMORIA DI \"CINICO TV\" - ERA IL ’92 QUANDO ALL’ORA DI CENA IL CUBO VIDEALE VOMITAVA Ruderi, immondizia, rottami, mutande, peti e rutti E ’schifezze umane’ - ciprì e maresco, da perfetti situazionisti, grazie alla rai3 di guglielmi, demolirono i confini del trash e dell’estetica del brutto, per svelare, senza filtri né doppiaggi, un paese ad alta produzione di horror post umano - un cofanetto per riscoprire le \"cafonate\"...

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Giuseppe Lo Bianco per "il Fatto quotidiano"

cipri maresco

"Nascere a Palermo è una specie di condanna, ma non sono mai andato via perché mi sarebbe sembrato un tradimento. D'altra parte non immagino ‘Cinico Tv' in nessun altro posto al mondo". Per Franco Maresco, isolato e geniale regista palermitano, la sua città è stata palcoscenico degradato in bianco e nero della comicità surreale proprio mentre attorno il tritolo della mafia ricontrattava le quote di potere e influenza in una Seconda Repubblica allora nascente.

Ruderi, immondizia, rottami, mutande, peti e rutti sono entrati dallo schermo tv all'ora di cena nelle case degli italiani nella primavera del '92, accendendo feroci dibattiti culturali sui confini del trash e dell'estetica del brutto, sul senso del post storico e del post umano. Era il mondo poetico e disperato del ciclista Francesco Tirone, del petomane Giuseppe Paviglianiti, del cantante fallito Giovanni Lo Giudice, delle 'schifezze umane' Carlo e Pietro Giordano, dell'afasico uomo in mutande Miranda, dei frenetici fratelli Abbate.

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Oggi, a quasi vent'anni dall'esordio della serie televisiva andata in onda su Rai 3 e poi replicata in frammenti all'interno di "Fuori Orario" e "Blob", la Cineteca di Bologna ripropone l'intera produzione cinica di Daniele Ciprì e Franco Maresco in due ‘volumi': il primo dvd, in uscita oggi e presentato ieri sera a Palermo dal regista e dal direttore della Cineteca Gianluca Farinelli, contiene i filmati realizzati dal 1989 al 1992; il secondo, la cui uscita è prevista per la fine dell'anno, quelli realizzati dal 1993 al 1996.

Nel video anche alcuni inediti e diverse testimonianze di artisti e uomini di cultura che hanno fatto di "Cinico Tv" il loro programma di culto, tra cui Piero Chiambretti e Bruno Voglino; nel libro, aperto da un'introduzione di Enrico Ghezzi, interviste a Angelo Guglielmi e Goffredo Fofi. Vent'anni fa quel dialetto (quei corpi, quei paesaggi, quei silenzi, quel degrado) era la voce autentica, senza filtri né doppiaggi, di una città diventata il centro di produzione dell'orrore nazionale.

Mentre tv e giornali (e poi un cinema e le fiction seriali da dimenticare) raccontavano l'indignazione civile, la rabbia ai funerali, i centomila in piazza, i lenzuoli, le lacrime, i buoni propositi politici, Ciprì e Maresco sbattevano in faccia agli italiani le immagini in bianco e nero di una Palermo che aveva partorito i mostri mafiosi in azione a Capaci e, poco dopo, a via D'Amelio.

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Accanto all'emozione e allo sgomento che scorrevano a fiumi nella televisione pubblica e privata, sfociando, spesso, nella retorica arrendevole di una classe politica in dissoluzione, con un coraggio oggi impensabile Rai 3 mostrava le radici dell'orrore, in una operazione di realismo televisivo mai più ripetuta.

E che a tutt'oggi resta probabilmente l'azione più forte di smitizzazione della mafia mai compiuta in televisione, nei giorni in cui il mito della potenza di Cosa Nostra si alimentava dei botti di Capaci e via D'Amelio, del sangue dei servitori dello Stato e della confusione istituzionale che ne era seguita.

Immagini dal sapore anche profetico, con l'ode di Tirone a Berlusconi, ancora semplice imprenditore, crudele parodia di un successo elettorale di là da venire ma già perfettamente innestato nell'animo del cittadino, palermitano o italiano, "folle di Dio", come dice Maresco.

Il cofanetto (dvd +volume) segna il ritorno sul mercato di un prodotto del duo palermitano ormai dissolto, dopo il ‘divorzio' di Daniele Ciprì, premiato direttore della fotografia al seguito di registi del calibro di Marco Bellocchio. Una divisione sofferta, che Maresco ha superato con un lavoro durato tre anni, il documentario-biografia di Tony Scott, leggendario clarinettista italoamericano, per sette anni numero uno al mondo, al quale l'Italia non ha riservato neanche un posto nella tomba, al cimitero di Salemi.

ANGELO GUGLIELMI

Un percorso di vita assai simile a quello del regista che ha ammesso: "Con ‘Io sono Tony Scott' ho voluto raccontare un uomo che non solo è stato un genio del jazz, ma che ha anche incarnato ai miei occhi l'idea stessa di Artista - ha detto Maresco - Tony è stato un artista come pochi, scevro da qualunque tipo di compromesso, che per la sua libertà è stato emarginato, soprattutto in Italia.

Goffredo Fofi

Diceva a chiunque in faccia quello che pensava e sosteneva che la musica e i soldi non vanno d'accordo. Dove poteva arrivare uno così? Nel mio piccolo, fin dai tempi di Cinico Tv, ho sempre guardato, come modello, a questo tipo di artista".

Che dice, appunto in faccia a chiunque, quello che pensa, fosse anche il suo ex socio Daniele Ciprì, tornato insieme con lui soltanto nel cofanetto di un dvd: "Ciprì ha vinto un bel po' di premi, tra cui il David di Donatello per la migliore fotografia - ha detto nella conversazione con Fulvio Baglivi -, ma non c'è mai stata una sola volta in cui a una premiazione si sia ricordato delle persone che hanno lavorato con lui per anni. E allora visto che lui quelle ‘persone' (così le definisce) non le nomina mai, lo faccio adesso io: Anna Manzo, Rean Mazzone, Lillo Iacolino, Claudia Uzzo. Se lo ricordi Daniele Ciprì. Male non gli farà".

 


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