Francesca Pierantozzi per "il Messaggero"
SARKOFAGODietro Nicolas Sarkozy, un'armata Brancaleone. E davanti, un precipizio, una discesa ormai inarrestabile nei sondaggi. L'Ump, l'Unione per un movimento popolare, il partito del presidente, la macchina da guerra che dovrebbe aiutarlo a vincere la disperata battaglia per restare all'Eliseo, non ha retto all'onda d'urto della disfatta alle cantonali di domenica scorsa. All'interno del partito e della destra liberal-radical-gollista che nel 2007 ha portato trionfalmente Sarkozy alla presidenza è ormai guerra civile e il rischio di implosione è chiaramente evocato dalla stampa.
SarkozyAd aprire le ostilità - e, fatto senza precedenti, in diretta tv - è stato il segretario dell'Ump, l'ambizioso e indocile Jean-François Copé, che si è scagliato senza ritegno contro il primo ministro François Fillon, reo di avere - prima del secondo turno delle cantonali - sconfessato la strategia del partito nei confronti del Fronte Nazionale di estrema destra, e poi di aver pubblicamente ripudiato anche il dibattito sull'Islam e la laicità sponsorizzato dall'Ump. Apriti cielo: Fillon «non ha perso l'occasione per pontificare» e «non ha fatto gioco di squadra», ha detto Copé.
BERLUSCONI SARKOZYFillon, solitamente pacato e molto zen, ha ribattuto ieri mattina sempre davanti ai microfoni, giudicando «inammissibile» che Copé «abbia espresso in questo modo in televisione il proprio disaccordo con il primo ministro».
Berlusconi Sarko Merkel Nonleggerlo blogE la guerra è esplosa. Il portavoce del governo François Baroin ha a sua volta puntato le armi contro Copé, auspicando la fine «di tutti questi dibattiti» sulla laicità e l'Islam; «bisogna allontanarsi da tutto quello che rischia di stigmatizzare» una categoria di cittadini, come per esempio i musulmani, che in Francia sono oltre sei milioni.
Obama Sarkozy Berlusconi e la hostessCome se non bastasse, la famiglia politica del presidente potrebbe ricevere il colpo di grazia finale dalla secessione dei centristi, guidati dal carismatico ex ministro dell'Ecologia Jean-Louis Borloo, che puntava a palazzo Matignon, a e diventare primo ministro, e adesso potrebbe mirare all'Eliseo, e a fare lo sgambetto finale a Sarkozy.
sarkozy berlusconiIeri, il presidente è dovuto intervenire personalmente per cercare di placare la rissa. Con risultati soltanto apparenti. Copé ha ribadito di aver detto a Fillon «quello che pensava» ma che ormai «l'ascia di guerra è riposta sottoterra». Fillon ha concesso che «tutti possono sbagliare», e Sarkozy ha invitato a non litigare «per motivi inesistenti». Ma il male ormai è fatto. Al palazzo del Lussemburgo svariati senatori dell'Ump hanno apertamente criticato lo «stile» di Sarkozy e la sua politica «a destra tutta» che ha per ora avuto l'unico risultato di rafforzare il Fronte Nazionale di Marine Le Pen.
nicolas sarkozy vincent bollorePer il momento tuttavia la destra allo sbando non sembra avere altro candidato possibile alle presidenziali della primavera del 2012. Se Sarkozy continua ad esibire grande ottimismo sulle sue possibilità di restare all'Eliseo, i sondaggi continuano a sconfessarlo.
L'ultimo, pubblicato ieri, è addirittura apocalittico: Sarkozy è sconfitto al primo turno delle presidenziali da tutti gli sfidanti, siano i socialisti Dominique Strauss-Khan e Martine Aubry, o la leader del Fronte Nazionale Marine Le Pen. Sarkozy perde addirittura otto punti rispetto all'ultimo sondaggio: mai così in basso.
2- L'ASSALTO DI PARIGI AL RISO PARBORIZ
Laura Guardini e Antonia Jacchia per il "Corriere della Sera"
Ai francesi piace sempre più la «tavola» italiana. E dopo il latte di Parmalat vorrebbero anche il riso di Parboriz. I numeri sono diversi ma la scalata del gruppo Marbour di Marsiglia assomiglia a quella di Lactalis per la società di Collecchio: diventare socio di maggioranza dell'azienda di Mortara (Pavia), specializzata nel riso parboiled, il «risone» , acquistando il 30% in mano a Riso Scotti. Operazione che ha fatto fare un salto sulla sedia ai soci italiani (in tutto 15 ) di Parboriz.
«È un tentativo di scalata ostile - dice Mario Preve, presidente di Riso Gallo e dell'Associazione industrie risiere italiane, una quota del 4%in Parboriz -. Se Scotti vuole vendere perchè non si è rivolto agli italiani: noi, insieme con gli altri, siamo pronti a comprare parte di quella quota» . Con i suoi 27 milioni di fatturato, Parboriz è una piccola realtà ma con un business strategico. «Una sorta di consorzio» spiega Previ costituito nel 1988 da varie risiere del Pavese (più qualche socio straniero) che non potevano (o non volevano) produrre in casa il parboiled, il riso parzialmente bollito, poco presente sul mercato italiano ma molto richiesto a livello internazionale.
Sarko e Gheddafi«Non si è mai fatto caso alle quote» , chi aveva il 7%come Riso Principe, chi il 3,7%(Riserva Grazia), un insieme di quote minori dunque (dal 3 al 7%) per i vari soci tra cui il 5%di Van Sillevoldt (di proprietà di Marbour). A fare la differenza è la partecipazione di Scotti, quel 30%che oggi fa gola a Jean Bourdillon, il patron di Marbour. Il colosso francese, oggi tra i primi quattro in Europa per la produzione e la trasformazione del riso, nel 2000 lancia un obiettivo strategico: diventare leader nel Vecchio Continente, un mercato molto frammentato, organizzato intorno a numerosi brand nazionali.
2007(2008)-Nicolas Sarkozy e Carla BruniNel 2003 Bourdillon posa la prima pietra della sua espansione con l'acquisizione di Van Sillevoldt, una delle più importanti realtà olandesi (che gli garantisce un posto nel consiglio di Parboriz, nella persona di Gerard van Arendonk). Poi (nel 2005) è la volta della polacca Rol Ryz. E ora vorrebbe Parboriz. Gli italiani ora si affidano alla mediazione di Intesa Sanpaolo, che sta lavorando a un'offerta alternativa da presentare a Scotti mettendo insieme una «cordata pavese» .
sarko e carlaIntanto cresce la preoccupazione della categoria.
«Non è una questione di campanilismo- spiega Giovanni Roncalli, direttore Coldiretti di Pavia -, né, in tempi di globalizzazione, di paura dello straniero. Il problema è: che tipo di filiera stiamo costruendo con i nostri industriali? Perché l'agroindustria italiana è pronta a sfruttare il valore aggiunto dei prodotti italiani, ma non a restituirlo ai produttori. E ancora: gli stranieri rilevano aziende che fanno utili. Ma per i lavoratori che tipo di garanzie ci sono? Se come è già accaduto, un'azienda legata al territorio della produzione diventa, una volta rilevata, un'azienda di sola trasformazione, cosa succede?»